Giuseppe Verdi: “Dall’infame banchetto…Tu del mio Carlo al seno…Carlo vive?” (“I masnadieri”), “Morrò, ma prima in grazia” (“Un ballo in maschera”), “Ne’ tornei! V’apparve…Tacea la notte placida…Versi di prece, ed umile…Di tale amor” (“Il trovatore); “Arrigo! ah! parli a un core”, “Mercé, dilette amiche” (“I vespri siciliani”), “Egli non riede ancora!… Non so le tetre immagini” (“Il corsaro”), “Santo di patria…Allor che i forti corrono…Da te questo or m’è concesso”, “Liberamente or piangi…Oh! Nel fuggente nuvolo” (“Attila”), “Surta è la notte, e Silva non ritorna…Ernani!… Ernani, involami…Tutto sprezzo, che d’Ernani” (“Ernani”), “Nel dì della vittoria io le incontrai…Vieni! T’affretta! Accendere…Or tutti sorgete ministri infernali”, “Una macchia è qui tuttora” (“Macbeth”), “Tu puniscimi, o signore” (“Luisa Miller”), “È strano!… è strano!.. A quell’amor ch’è palpito…Sempre libera” (“La traviata”). Olga Mykytenko (soprano), Bournemouth Symphony Orchestra, Kirill Karabits (direttore). 1 CD Chandos 20144Cd
Il mondo dei recital lirici è al limite della saturazione e sempre più difficile è riuscire a dire qualcosa di significativo con prodotti di questo tipo, ancora più difficile se si sceglie di affrontare un repertorio popolare come quello verdiano. Una scelta di questo tipo impone una qualità esecutiva e una visione interpretativa veramente non comune. Il CD Chandos con protagonista il soprano ucraino Olga Mykytenko non presenta nessuna di queste caratteristiche e non apporta nulla alla storia interpretativa dei brani proposti.
Un primo aspetto negativo viene anche dalla modestia della direzione di Kirill Karabits alla guida della Bournemouth Sympkony Orchestra. Una direzione metronomica, spesso pesante al limite dell’insostenibile – il brio de “La traviata” ha il passo di una marcia militare nel fango, povera di colori e dinamismo. La registrazione tradisce poi i sistematici tagli degli interventi corali e dei personaggi minori.
La Mykytenko è una solida professionista che ormai da anni sta svolgendo una buona carriera in patria e all’estero e che nel repertorio slavo avevano apprezzato. Qui però si scontra con una storia interpretativa ben diversa e le sue spalle non sembrano in grado di reggerne il peso. La cantane dispone di una voce di buona robustezza, con un settore medio-acuto di notevole presenza mente maggiore sforzo si nota sugli estremi sia acuti sia gravi. Il timbro è metallico e manca di morbidezza, la dizione buona considerando la scarsa presenza della Mykytenko sui palcoscenici italiani ma l’accento è spesso piatto e monocorde. In un contesto più curato avrebbe potuto dare impressione migliore ma qui tende a farsi travolgere dalla complessità dei brani.
L’aria di Amalia da “I masnadieri” posta in apertura di programma è pensata per una voce agile e brillante. La Mykytenko ha avuto un passato da soprano più leggero e questo emerge. Se si nota una certa prudenza nelle colorature e il timbro e un po’ aspro ma la prova è nel complesso superata. La successiva “Morrò ma prima in grazia” da “Un ballo in maschera” manca sia del corpo sia dell’intensità d’accento richiesti dalla parte. Il resto del programma scorre più o meno su questi binari. Tra gli estratti de “I vespri siciliani” – opera scelta per dare il titolo all’album e rappresentata da due arie – rende di certo meglio il lirismo di “Arrigo! Ah parli a un core” rispetto al Bolero dove si notano non poche difficoltà nei passaggi di coloratura e dove i tempi staccati dalla direzione non aiutano.
Molto anonima anche se nel complesso corretto l’aria di Medora da “Il corsaro”, discutibile anche la cavatina di Elvira da “Ernani” con le colorature di forza assai faticose e le discese al grave inutilmente forzate da risultare volgari mentre l’orchestra che stacca la cabaletta con tempi da valzer da operetta.
Vanno meglio per questione di temperamento le arie di “Attila” e “Macbeth”. La cavatina di Odabella non è esente da imprecisioni e forzature. Vi è però uno slancio, una convinzione che riescono a cogliere il carattere del brano nonostante qualche imprecisione vocale. Discorso simile vale per la cavatina di Lady Macbeth dove la Mykytenko sfoggia un temperamento invero notevole che compensa qualche pecca vocale mentre una certa asprezza di timbro qui si presta bene alla caratterizzazione del personaggio. Qualità d’interprete che emergono con ancor maggior forza in una scena del Sonnambulismo di grande intensità e in cui anche la voce sembra più centrata che in altri brani.
Con “Tacea la notte placida” ritroviamo i limiti già esposti: le difficoltà nel settore grave e un taglio espressivo fin troppo superficiale. La grande scena di Violetta di “La traviata” chiude alquanto tristemente l’album. Al netto della pesantezza orchestrale il tutto manca di vitalità, le agilità faticose. Fortunatamente la cantante evita il rischio del mi bemolle acuto. Una chiusura spenta per un prodotto assai deludente.