Novara, Teatro Coccia: “Cavalleria rusticana” – “Pagliacci”

Novara, Teatro Coccia, stagione lirica 2024
“CAVALLERIA RUSTICANA”
Opera in un atto  su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci
Musica di Pietro Mascagni
Turiddu ZIZHAO GUO
Santuzza CRISTINA MELIS
Alfio MARCELLO ROSIELLO
Lola MARIANGELA MARINI
Lucia GIORGIA GAZZOLA
“PAGLIACCI”
Dramma in un prologo e due atti libretto e musica di Ruggero Leoncavallo
Canio GUSTAVO PORTA
Nedda ALESSANDRA ADORNO
Tonio MARCELLO ROSIELLO
Silvio ANDREA PIAZZA
Beppe CHRISTIAN COLLIA
Orchestra Filarmonica Italiana
Schola Cantorum San Gregorio Magno
Coro di voci bianche di Novara
Direttore Fabrizio Maria Carminati
Maestro del Coro Alberto Sala
Maestro del Coro di voci bianche  Paolo Beretta
Regia Matteo Mazzoni
Scene Matteo Capobianco
Costumi Roberta Fratini
Visual Designer Luca Attili
Luci Ivan Pastrovicchio
Novara, 12 maggio 2024
Ultimo spettacolo della stagione lirica novarese prima della pausa estiva – interrotta a luglio dall’”Aida” en plain air a Sordevolo (BI) – il classico dittico verista “Cavalleria rusticana” e “Pagliacci” ha potuto contare su un allestimento veramente ragguardevole almeno per quanto riguarda la parte visiva. Il nuovo spettacolo – firmato da Matteo Mazzoni alla regia con scene di Matteo Capobianco, costumi di Roberta Fratini e Luca Attili in funzione di visual design – conferma dopo la recente “Madama Butterfly” la qualità produttiva e il livello scenotecnico del teatro novarese. Rispetto a una produzione molto tradizionale come la precedente qui ci troviamo di fronte a uno spettacolo che sfrutta al meglio i requisiti tecnici a disposizione – creando con proiezioni digitali veri e propri ambienti scenici – risultando modernissimo come concezione pur nell’assoluto rispetto delle ambientazioni spazio-temporali delle rispettive delle vicende.
L’impianto scenico è semplice, costruito da una serie di scabri blocchi dal sapore roccioso che le proiezioni trasformano nei vari ambienti. “Cavalleria rusticana” si svolge in un mondo sotterraneo, in una latomia all’interno del quale è scavato il villaggio i cui abitanti come schiacciati dalle pareti di roccia che lo circondano non sembrano più in grado di vedere le meraviglie del mondo naturale che lo circondano. Fanno eccezione Turiddu e Lola, gli unici capaci di guardare fuori e a cui la regia concede come nido d’amore una splendida grotta irrorata di acque sorgive dal sapore virgiliano. Non è però il solo momento in cui le proiezioni cambiano le carte in tavola è il caso della messa pasquale in cui il villaggio si trasforma in una chiesa rupestre coperta di pitture di gusto bizantino che ricorda i santuari ipogei della diaspora basiliana.
La stessa struttura diventa in “Pagliacci” un borgo medioevale a picco sul mare che consente alla regia suggestive visioni della costa calabrese – si veda il bellissimo paesaggio aperto tra cielo e mare che accompagna i sogni di Nedda. I saltimbanchi arrivano su una barchetta – l’asinello che Tonio deve nettare è il nome della barca dalla polena a testa d’asino – che servirà anche da palcoscenico per la loro esibizione. L’ultima scena è avvolta in atmosfere di taglio metateatrale assai inquietanti. La recitazione è dura, spesso – e non impropriamente violenta – ma curata con grande attenzione.
Sul piano musicale si apprezza soprattutto la concertazione attenta e scrupolosa di Fabrizio Maria Carminati che guida con mano sicura le eterogenee masse impegnate riuscendo in una non facile quadratura del cerchio. Senza cercare particolari novità offre una lettura rigorosa e molto pulita, attenta al dato musicale senza quelle cadute di stile che ancora affliggono questo repertorio. Carminati riesca a far suonare molto bene l’orchestra che emerge soprattutto nei brani sinfonici soprattutto mascagnani dove la qualità della scrittura orchestrale del livornese è pienamente valorizzata.
I cast nel complesso si pongono a un gradino più in basso. Zizhao Guo (Turiddu) è un giovane tenore cinese dalla voce bella e morbida e da acuti facili e squillanti. Canta nel complesso bene – anche se con una certa tendenza ad aprire i suoni – ma come interprete è ancora troppo immaturo. Il gioco dinamico e il fraseggio sono scolastici ed elementari ma è molto giovane e al debutto nel ruolo. Cristina Melis è una Santuzza dalla voce un po’ affaticata ma che conosce bene il personaggio e compensa con mestiere ed esperienza qualche smagliatura vocale. Ben centrate la Lola di Mariangela Marini e la Mamma Lucia di Giorgia Gazzola.
Alla terza recita consecutiva in entrambe le opere Marcello Rosiello non è solo il trait d’union tra i due titoli ma anche l’elemento migliore di entrambe. Voce forse timbricamente po’ anonima ma di buona presenza e ben controllata, è interprete attento è convince sia come Alfio di fredda brutalità sia ancor più come insinuante e mellifluo Tonio esprimendo anche un bell’abbandono lirico nelle frasi più distese del prologo. Meno convincente il Canio di Gustavo Porta voce di certo ampia e robusta ma emissione faticosa e con una certa tendenza a forzare nel registro acuto. Come interprete è forse un po’ stereotipato ma almeno evita eccessive platealità. Alessandra Adorno è un giovane soprano dotato di mezzi interessanti. Voce ricca e sonora, timbro godibile e buona proiezione ma bisognosa di qualche aggiustamento sugli acuti. Interpretativamente ci è parsa a proprio agio nei momenti più drammatici – dove trova accenti di sincera partecipazione – mentre nella ballatella mancava un po’ di leggerezza. Andrea Piazza ha di Silvio l’avvenenza scenica e la freschezza vocale. Il materiale è interessante e nel complesso ben gestito mentre ancora acerbo è parso sul versante interpretativo. Ha sicuramente tempo e modo di migliore di crescere. Christian Collia canta con voce non grande ma gusto e musicalità impeccabili la parte di Beppe – Arlecchino. Sala quasi completamente esaurita e ottimo successo di pubblico.