Modena, Teatro Comunale Pavarotti-Freni, MODENA BELCANTO FESTIVAL 2024
“I PURITANI”
Melodramma serio in tre parti su libretto di Carlo Pepoli.
Musica di Vincenzo Bellini
Arturo Talbo RUZIL GATIN
Elvira Valton RUTH INIESTA
Sir Riccardo Forth ALESSANDRO LUONGO
Sir Giorgio Valton LUCA TITTOTO
Lord Gualtiero Valton ANDREA PELLEGRINI
Sir Bruno Robertson MATTEO MACCHIONI
Enrichetta di Francia NOZOMI KATO
Orchestra Filarmonica del Teatro Comunale di Modena
Coro Lirico di Modena
Direttore Alessandro d’Agostini
Maestro del Coro Giovanni Farina
Regia e costumi Francesco Esposito
Scene Rinaldo Rinaldi, Maria Grazia Cervetti
Luci Andrea Ricci
Allestimento Fondazione Teatro Comunale di Modena
Produzione “Modena Belcanto Festival”
Modena, 10 maggio 2024
Come si debba eseguire il titolo del belcanto per antonomasia è a Modena una questione di gravità e importanza, che attira fanatismi e integralismi (e così si spiegano pure le sparute e insensate contestazioni): quasi si discutesse di come si debbano preparare i tortellini. Che cosa voglia poi significare l’arcano vocabolo di che si pascono le bocche dei conoisseurs è mistero che scioglie un breve ed efficace programma di sala. Oppure, per scioglierlo, bisogna ricorrere ad un pianista come Horowitz, insospettabile fan di Battistini e Titta Ruffo: d’alto canto, Chopin che fa pendant a Bellini è un vecchio classico. E allora ben vengano indugianti concessioni espressive, perché l’impasto del melodramma, fresco, era ben più malleabile e flessibile di quanto non ci sembri oggi. Lodevole ed intimamente giusto l’approccio del Maestro Alessandro D’Agostini, che asseconda le espansioni del canto con magnanima generosità, concede con liberalità deliziose oscillazioni del tempo e ottiene asciuttezza e nitore dalla Filarmonica del Teatro. Intanto però ha anche da pensare alla complessità di piani sonori sovrapposti che dell’opera è pure importante attrazione, e all’equilibrio con il buon Coro Lirico di Modena, istruito dal Maestro Giovanni Farina, equilibrio non proprio ideale quando in interno. “Primissima donna” è l’ottima Ruth Iniesta: voce gentile e virtuosa, femminile nel timbro e tecnicamente atletica, acuti brillanti e registri centrale e grave pieni, e morbidi. Insomma Elvira ideale, anche per la buona usanza di non emettere gli acuti come farebbe un’arma da fuoco, ma di accompagnarli con sensibilità in un gioco di dinamiche che si potrebbe descrivere graficamente come una parabola prima ascendente e poi discendente. Le sta accanto un Arturo dall’emissione fittamente vibrata, un po’ old-fashioned, chi piace e chi no ma in ogni caso opportuna, e dai temibili acuti che esplodono con svettante sonorità: è Ruzil Gatin. Le pazzie è buona norma farle annunciare da un’aria bellissima (anzi: “bellinissima”) del basso: e qui è un autentico trionfo per Luca Tittoto, cantante di squisita sensibilità dal fraseggio vibrante, significativo, geniale. Alessandro Luongo è un Riccardo che unisce la ricchezza luminosa del timbro alla sapienza espressiva dell’accento. Nella breve parte di Enrichetta la voce voluminosa e gravida di armonici di Nozomi Kato. E a completare il cast il Gualtiero morbido e solido di Andrea Pellegrini e il chiaro e brillante Robertson di Matteo Macchioni. Lo spettacolo è visivamente gratificante: composto di una struttura a semicerchio, iper teatrale perché costruita di telai, da cui si irraggiano pareti dipinte dal mitologico Rinaldo Rinaldi, e dalla compagna di vita e lavoro Maria Grazia Cervetti, depositari della sapienza pittorica di Koki Fregni e voci gridanti nel deserto della scenografia italiana e non. La regia di un’opera il cui ascolto suggerisce all’istinto umano di chiudere gli occhi è una bella sfida: e saggia è, e non, come forse può apparire, rinunciataria, la scelta di Francesco Esposito di seguire la narrazione senza scardinamenti drammaturgici. Foto Rolando Paolo Guerzoni