Milano, MTM – Teatro Litta, Stagione 2023/24
“TU SEI LA BELLEZZA”
di Alberto Milazzo
Leonard GIUSEPPE LANINO
Andrea ALESSANDRO QUATTRO
Regia Alberto Milazzo
Scene Guido Buganza
Costumi MSGM
Luci Luna Mariotti
Produzione Manifatture Teatrali Milanesi
Milano, 03 maggio 2024
Farà piacere ad Alberto Milazzo (drammaturgo in questo caso ma più sovente romanziere di un certo talento) constatare che questo critico non considera il suo “Tu sei la bellezza“ un dramma sull’omosessualità, l’amore gay, annessi e connessi. È peraltro abbastanza evidente che non lo sia dal sostanziale impaccio con cui i protagonisti vivono la loro intimità, ma, in questo caso, ciò può essere anche un bene, onde evitare di spostare l’attenzione dal tema portante della pièce, cioè la relazione con un individuo affetto da sindrome bipolare di tipo due, a prescindere dal suo sesso biologico ed orientamento sessuale. Specifichiamo in apertura della recensione questo aspetto, poiché Milazzo in apertura del suo dramma specifica quanto poco stimi i critici teatrali, specialmente quelli che cercano di appioppargli l’etichetta di “autore gay”: cosa che in effetti Milazzo è, ma non c’entra con gli esiti drammaturgici della sua opera. È la notte di capodanno del 2021, l’Italia è barricata nelle sue quattro mura causa pandemia, ma Andrea e Leonard avrebbero da festeggiare ben altro che l’inizio di un nuovo anno: Andrea ha finalmente raggiunto il successo con un’opera teatrale, ispirata proprio a Leonard e alla sua malattia. Condizionale d’obbligo, tuttavia, giacché Leonard non sembra per nulla felice del successo del compagno, accampando mille scuse per originare un litigio; solo dopo quaranta estenuanti minuti di capricci, veniamo messi a parte del fatto che non si tratta affatto di capricci, ma di una seria condizione patologica, e che Leonard, in questo preciso momento, non può condividere l’euforia di Andrea. “Tu sei la bellezza“ rimane un’opera drammaturgicamente imperfetta, squilibrata, di poca originalità, specialmente nel primo atto; nel secondo, invece, finalmente qualcosa accade, sul piano strutturale, e, in effetti, se non ci fossero dei chiari trait d’union a legarlo al primo, ci chiederemmo se la stessa mente avrebbe potuto partorire entrambi gli atti. In particolar modo, troviamo che il secondo atto avrebbe dovuto aprire l’opera e condurre poi lo spettatore alla scoperta della relazione tra i due personaggi, anzi, tra i tre personaggi (Andrea, Leonard, la malattia); questo hýsteron próteron, invece, frastorna di parole, battute, scenette lo spettatore, che poi arriva già provato, quasi annoiato, al momento effettivamente interessante e profondo dell’opera. In ogni caso, lo spettacolo funziona, nel senso che si segue fino alla fine, e raggiunge il suo scopo di sensibilizzare sulle difficoltà relazionali tra mondo “normale“ e mondo “malato“, anche ricorrendo ad alcune immagini particolarmente forti – soprattutto quella del cane nero di Churchill. Merito di questa riuscita è soprattutto dei due protagonisti, e in special modo di Giuseppe Lanino (Leonard) che tratteggia con molta grazia e intensità il personaggio affetto da sindrome bipolare, delineando chiaramente le direzioni, le mancanze, le fatiche di una vita sempre all’ombra della propria condanna. Accanto a lui Alessandro Quattro (Andrea) non è meno convincente, ma semplicemente incarna un essere umano più generico e ordinario, cui paradossalmente ci si affeziona in maniera meno immediata. La regia, a cura dello stesso autore, invece, latita per la maggior parte del tempo, affidandosi nel secondo atto a qualche trovata interessante non illuminante (il bagno dietro la parete a grate, l’éscamotage del gruppo d’aiuto). L’apporto scenico al testo e decisamente secondario: funzionali ed efficaci le luci di Luna Mariotti, pregevole, ma fin troppo dettagliata, la scena in scala di grigi di Guido Buganza, che avrebbe potuto anche limitarsi a pochi elementi essenziali e significativi (anche se forse in effetti aiuta il testo avere un tavolino, un bancone da bar, degli stucchi alle pareti, finestre, grate di legno eccetera). Insomma, una non indimenticabile ora e mezza che probabilmente riesce a far breccia in cuori più semplici del nostro – e va bene così. Foto Davide Maestri