Genova, Opera Carlo Felice: “Il Corsaro”

Genova, Teatro Carlo Felice, Stagione d’Opera 2023-24.
“IL CORSARO”
Melodramma tragico in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave dal poemetto di George Byron.
Musica di Giuseppe Verdi
Corrado FRANCESCO MELI
Medora IRINA LUNGU
Seid MARIO CASSI
Gulnara OLGA MASLOVA
Selimo SAVERIO FIORE
Giovanni ADRIANO GRAMIGLI
Un eunuco EMILIO CESAR LEONELLI
Uno schiavo MATTEO MICHI
Orchestra e Coro dell’Opera Carlo Felice Genova
Direttore
Renato Palumbo
Maestro del Coro Claudio Marino Moretti
Regia Lamberto Puggelli
Scene
 Marco Capuana
Costumi Vera Marzot
Maestro d’armi Renzo Musumeci Greco
Luci Maurizio Montobbio
Allestimento della Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova in coproduzione con il Teatro Regio di Parma.
Genova 26 maggio 2024.
Per il teatro, gli antichi prescrivevano di attenersi a tre unità: tempo, luogo e azione; nel Corsaro, Francesco Maria Piave le disattende tutte. Se le 180 pagine del poemetto di Byron sono unificate dalla febbre romantica dell’eroe solitario, non altrettanto riesce al nostro librettista che lascia a Verdi di trovare un bandolo unificatore del racconto. Sono “gli anni di galera”, quelli in cui il musicista assomma impegni per soddisfare contratti e rimpinguare la borsa. Il fuoco dell’artista di genio c’è sempre, deve comunque scontrarsi con un soggetto che forse non lo convince appieno e con la routine che lo rimanda ai successi nazional-popolari degli inizi carriera. Non mancano comunque gli esperimenti che traghettano verso Luisa Miller e Macbeth. Le recite genovesi hanno il loro autentico punto di forza e la vera giustificazione della scelta del titolo, nella voce di Francesco Meli, il formidabile tenore “di casa”. Il timbro ha lasciato, almeno in parte, il fascino ammagliatore delle origini e la variegata tavolozza di colori, ma ha decisamente acquistato in forza e baldanza. Il Corrado di Meli è un eroe a tutto tondo, tagliato per duelli e arrembaggi. Lo squillo del forte la vince sui piani, dribblati con cura ed intelligenza. Non stupisce che per lui si parli, sempre con più insistenza, di Otello che è assolutamente alla portata delle sue attuali caratteristiche. Irina Lungu, penalizzata da un personaggio che la relega a due interventi, seppur vocalmente determinanti, negli atti estremi, cerca di ovviare col mestiere ad alcune precarietà vocali. Le intenzioni sono sempre ottime e di sfumature e colori è sempre molto generosa. Peccato che gli anni di carriera e di palcoscenico abbiano inciso sullo smalto e sul velluto del suo generoso fraseggio che pur si mostra sempre attentamente consapevole della temperie del personaggio. Non altrettanto si può affermare della Gulnara di Olga Maslova, grande voce ma, a tratti, maldestra. Si direbbe che i problemi le derivino direttamente dal tipo di impostazione. La sua è una prestazione che, pur con una certa efficacia, appare “rozza”, forzata.  La sua voce riempie il teatro e, come un torrente turbinoso, precarizza gli argini. Contraltare di Gulnara dovrebbe essere il Pascià Seid, qui Mario Cassi, la cui prestazione gode, rispetto alla collega russa, di indubbi vantaggi: un affascinante timbro naturale di vero baritono, l’accurata preparazione tecnica e la naturalezza del fraseggio italiano che gli consente, molto appropriatamente, di accentare e legare. L’ottimo basso Saverio Fiore è il corsaro compagno d’azzardi e d’avventure di Corrado; Selimo, anch’egli un basso, ne è il corrispondente alla corte del bascià, e trova nella voce di Saverio Fiore, il meritevole interprete. Due tenori: Emilio Cesar Leonelli come eunuco e Matteo Michi come schiavo, completano onorevolmente la locandina. Altro personaggio chiave dell’opera è l’ottimo coro del Teatro Carlo Felice: quello maschile nei panni dei corsari e dei guerrieri turchi; quello femminile veste le fastose sete delle ospiti dell’harem. Pur non avendo il coro gli interventi emblematici che hanno segnato altre opere verdiane, sotto la guida di Claudio Marino Moretti si fa comunque apprezzare con un’emozionante ed intensa partecipazione. L’esperienza e la sagacia di Renato Palumbo incendiano l’intera partitura con l’accentuarne il carattere arditamente gagliardo e fiammeggiante, in buona sintonia con la visione baldanzosa del Corrado di Meli. Lo spettacolo è una ripresa di quanto già visto, nel 2018, nei teatri del circuito emiliano. La regia di Lamberto Puggelli mantiene la vivace freschezza originaria e fa guadagnare al Teatro Carlo Felice il merito di non avere, in questi tempi difficili per tutti i teatri, sprecato preziose risorse. Le azzeccatissime scene di Marco Capuana, coadiuvate dalle luci di Maurizio Montobbio, hanno un momento di autentica genialità quando si colorano, nel secondo atto, del rosso fuoco dell’incendio dell’harem. I bei costumi di Vera Marzot sono funzionali allo spettacolo e illustrano con efficace semplicità i due campi avversi, arricchendosi pure di sete sgargianti per rivestire Gulnara e le altre ospiti del serraglio. Da sottolineare con forza l’ottimo lavoro condotto dal Maestro d’armi Renzo Musumeci Greco che, con la spettacolare collaborazione del suo gruppo di mimi, ha realizzato, nel corso del secondo atto, un combattimento all’arma bianca, mai visto così veritiero ed efficace fuori dallo schermo cinematografico. Sempre molto preparato e competente il pubblico genovese! La platea si è colmata anche per i molti rinforzi della provincia e dei fuori regione. Gli applausi non sono mancati e per Meli si sono levate, a buona ragione, ovazioni.