Pauline Viardot: “Hai Luli!” (“Six mélodies et une havanaise” VWV1106), “Aimez-moi ma mignonne” (“Six chansons du XVe siècle” VWV1121), “L’Absence-Caña Española” (“Dix mélodies” VWV1046), “ Madrid” (“Six mélodies” VWV1136), “Lamento La chanson du pêcheur” VWV1139, “ Les filles de Cadix” (“Six mélodies” VWV1135); María Malibrán: “Le retour de la Tyrolienne” (“Les sept romances françaises”), “La voix qui dit: je t’aime”, “ La Bayadère” (“Album lyrique”); Isabella Colbrán: “Quel cor che mi prometti” (“Six petits airs italiens”), “Mi lagnerò tacendo” (“Sei canzoncine ou petits airs italiens -1808”), “Benchè ti sia crudel” (“Sei canzoncine ou petits airs italiens – 1805”); Pauline Duchambge:” Celle qui voudrait m’aimer” (“Meissonnier”), “Guitare” (“Launer”), “Le bouquet de bal” (“Revue de Paris”); Fanny Hensel-Mendelssohn: “Die Nonne” (“Zwölf Lieder” Op.9), “Schwanenlied” (“Sechs Lieder” Op.1); Clara Schumann-Wieck: “Warum willst”, “Liebst du um Schönheit” (“Zwölf Lieder” Op.35). Cristina Bayón (soprano), Jesús Pineda (chitarra). Registrazione: Sputnik Recording Studios, Siviglia. 20-23 dicembre 2021. 1 CD Brilliant Classics
La cultura borghese ottocentesca aveva drasticamente ridotto gli spazi all’attività femminile anche in campo artistico eliminando quelle possibilità che il sistema d’antico regime concedeva ai talenti femminili di esprimersi in contesti anche pubblici. L’unico spazio rimasto al protagonismo femminile restano nel XIX secolo i salotti mondani in cui le donne – nel ruolo di padrone di casa o d’invitate – svolgono un ruolo centrale e trovano occasione di partecipare alla vita civile e culturale del proprio tempo.
Il fenomeno trova riscontri anche in ambito musicale soprattutto francese dove personaggi come Pauline Viardot furono al centro di una vivace rete di rapporti emergendo sia come patrocinatrici sia come compositrici esse stesse.
Il presente CD cerca di offrire un punto di vista alternativo su quella realtà. I protagonisti di questa registrazione – il soprano Cristina Bayón e il chitarrista Jesús Pineda – sono entrambi andalusi e rileggono una selezione di pagine cameristiche di compositrici ottocentesche con un punto di vista decisamente spagnolo. Le composizioni originariamente scritte per pianoforte sono infatti qui trascritte per chitarra con un adattamento particolarmente scrupoloso nella resa della struttura armonica originaria arricchita però da tutta quella serie di effetti tipici dello strumento prescelto. La chitarra non è per altro strumento improprio per quel contesto culturale. Il suo uso fu infatti assai frequente per tutto il XIX secolo ed era usata anche da compositori illustri – si pensi a Berlioz – inoltre più di una delle compositrici scelte ha legami con la Spagna dove la chitarra è quasi strumento nazionale.
Un carattere prettamente spagnolo presentano ad esempio i brani di Pauline Viardot che aprono il programma. Figlia del grande tenore Manuel Garcia, cantante di fama internazionale e signora dei salotti parigini la Viardot fu sempre molto legata alle tradizioni del suo paese di origine. Brani come “L’Absence-Caña Española”, “Madrid” e “Les filles de Cadix” si nutrono di quel mondo e la trasposizione per chitarra esalta ancor di più questa componente mentre in “Hai Luli!” il richiamo è al mondo ispanico d’oltre oceano con il ritmo cullante dall’habanera cubana. Mentre in “Aimez-moi ma mignonne” la chitarra rende bene il tono da cantare trobadorico della composizione.
Sul piano esecutivo si apprezza in primo luogo la ricchezza e la qualità dell’accompagnamento chitarristico mentre il canto della Bayón ci appare funzionale. La voce è piacevole, con un bel colore e nelle limitate tessiture di questi brani si mostra pienamente a suo agio; di contro si nota una pronuncia francese poco curata e con troppo sentore di costruito (per altro nei brani italiani e tedeschi la sensazione non sarà molto diversa).
Un carattere meno folkorico presentano le composizioni della sorella maggiore María Malibrán – altra leggenda della vocalità primo-ottocentesca – in cui decisamente più marcate sono le influenze italiana con un gusto melodico molto vicino a quello delle esperienze cameristiche di Bellini e Donizetti autori di cui la Malibrán fu illustre interprete.
Isabella Colbrán appartiene alla generazione precedente. Destinataria di molti dei maggiori ruoli rossiniani e moglie del compositore pesarese è qui rappresentata da una serie di ariette italiane particolarmente interessanti. Composte tra il 1805 e il 1809 precedono quindi l’affermarsi di Rossini e per certi versi ne anticipano gusto e moduli espressivi. Testimonianza preziosa di un gusto che si stava affermando e che Rossini saprà cogliere come nessun’altro ma che già stava fermentando negli anni sua formazione.
Pauline Duchambge è il nome meno noto ma non per questo meno interessante tra quelli proposti. Anagraficamente la più anziana del lotto essendo nata nel 1778, rampolla di una famiglia aristocratica di Strasburgo apprezzata come pianista e chitarrista – un altro legame con il taglio esecutivo dell’album – da Spontini e Cherubini con il suo stile ancora nobilmente neoclassico rappresenta l’anello di congiunzione tra due mondi con il nuovo universo salottiero che si fa avanti con decisione in un brano come “Le bouquet de bal” del 1829.
I brani di Fanny Hensel-Mendelssohn e Clara Schumann-Wieck ci portano nell’alveo della grande tradizione liederistica tedesca. Qui gli adattamenti – pur ben realizzati – convincono meno scontrandosi con una tradizione troppo ben definita per subire modifiche. Se i brani di carattere ancora un po’ biedermeier di Fanny Mendelssohn si prestano maggiormente a questo taglio interpretativo l’assenza del pianoforte si fa non poco sentire negli intensi estratti dai “Zwölf Lieder” di Clara Schumann testimonianza di un romanticismo maturo e sofferto (sono del 1841) che mal si adatta all’adattamento chitarristico. La pronuncia tedesca della Bayón ci appare ancor più deficitaria di quella francese e l’interprete appare piuttosto superficiale nell’affrontare questo repertorio.