Venezia, Teatro La Fenice, Stagione Sinfonica 2023-2024
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Direttore Nicola Luisotti
Maestro del Coro Alfonso Caiani
Fabio Massimo Capogrosso: “Confini”*; Gustav Mahler: Sinfonia: n. 1 in re maggiore “Titano”
*Nuova commissione Fondazione Teatro La Fenice
in occasione del 700° anniversario della morte di Marco Polo
Venezia, 19 aprile 2024
Una prima assoluta, Confini di Fabio Massimo Capogrosso – una composizione per orchestra e coro femminile, commissionata dalla Fondazione Teatro La Fenice, nel quadro delle celebrazioni per il 700° anniversario della morte di Marco Polo – e la Sinfonia n. 1 in re maggiore di Gustav Mahler costituivano il programma del recente concerto della Stagione Sinfonica 2023-2024, che vedeva sul podio dell’Orchestra del teatro veneziano Nicola Luisotti, contemporaneamente impegnato, sempre alla Fenice, nelle repliche del Mefistofele di Arrigo Boito.
Capogrosso è uno dei compositori più apprezzati della sua generazione. Giovane ma già affermato, si caratterizza per la scrittura densa e potente, ma nel contempo altamente comunicativa. Proprio l’esigenza di comunicare lo porta a scelte stilistiche variabili a seconda delle esigenze espressive, ricorrendo a linguaggi anche distanti tra loro. In questo eclettismo, passaggi più morbidi e tradizionalmente consonanti si alternano ad episodi dall’atmosfera più aspra e dalle tecniche compositive più avanzate. Cifra distintiva del compositore umbro è la sua capacità di strutturare coerentemente il discorso musicale, al di là della pluralità dei linguaggi, per produrre una musica che, pur nella sua complessità, sia nel contempo immediatamente fruibile, anche grazie a un’espressività – si potrebbe dire – teatrale o cinematografica.
Una suggestiva icasticità si coglieva in Confini – un brano ispirato, come si è detto, alla figura di Marco Polo –, nel quale, secondo le intenzioni del compositore, prevale il tema del viaggio inteso, al di là dell’esperienza reale vissuta dal celebre viaggiatore veneziano, come viaggio nel proprio mondo interiore, nel proprio inconscio, compiuto da Fabio Massimo Capogrosso, uomo ed artista, che all’inizio “guarda il pentagramma vuoto come un oceano da esplorare. Un viaggio che puoi pensare di programmare nei dettagli più accurati, ma che alla fine ti porta sempre a percorrere sentieri sconosciuti”.
Un metallofono ha aperto – misterioso – la composizione. È uno dei diversi strumenti a percussione – tra cui un marchingegno riproducente le sonorità marine –, che hanno contribuito, insieme al resto dell’orchestra e al coro femminile, a connotare il succedersi mutevole dei paesaggi sonori, in un alternarsi di climi ora sereni ora minacciosi. Una musica di indubbia presa sul pubblico, che è stato travolto da tutta la sua ridondante espressività. Almeno a considerare gli scroscianti applausi, che hanno salutato con entusiasmo la suggestiva quanto tecnicamente impeccabile esecuzione di questo pezzo, complice il gesto generoso e passionale del maestro Luisotti, validamente coadiuvato, per il Coro, dal maestro Caiani.
La stessa estroversa, emozionata gestualità ha guidato efficacemente l’Orchestra nella Prima Sinfonia di Mahler. Luisotti è un interprete che – pur nel pieno rispetto della partitura – imprime all’esecuzione la propria cifra distintiva, segno di una spiccata personalità artistica. Così anche la sua lettura della Sinfonia “Titano” – con il determinante contributo dell’orchestra – è risultata particolarmente ricca di sfumature delicate come di decisi contrasti, grazie all’utilizzo di un’amplissima gamma dinamica, agogica e timbrica: una lettura, che ha saputo adeguarsi all’eclettismo stilistico della scrittura mahleriana, tra riferimenti a generi musicali “minori” – dalle fanfare militari, che l’autore udiva da bambino, a danze di sapore popolaresco – ed evocazioni, emozionate ed emozionanti, dei suoni della natura.
Lento e misterioso è risuonato l’inizio del primo movimento, Langsam, schleppend, wie ein Naturlaut – Im Anfang sehr gemächlich (“Lento, strascicato, come un suono della natura” – “All’inizio molto tranquillo”). Sul lungo pedale degli archi – solenne evocazione di un sentimento panico – ben presto si stagliava la cellula tematica della sinfonia, l’intervallo di quarta discendente, presentato dai legni. Successivamente, a remoti squilli di tromba e ripetuti versi del cuculo – una quarta discendente degli strumenti a fiato –, ha risposto un tema esultante, che ricorre nel movimento – tratto dal secondo dei Lieder eines fahrenden Gesellen,“Ging heut’ morgen übers Feld” (“Me ne andavo stamane sui prati”) – prima ai violoncelli e poi ripreso a canone da fagotti, violini, trombe, corni, ecc. Dopodiché è tornata l’atmosfera sospesa dell’inizio.
Pieno di allegria si è aperto il rustico Scherzo, Kräftig bewegt, doch nicht zu schnell (“Vigorosamente mosso ma non troppo presto”), dalle ruvide sonorità: un Ländler, animato dal dialogare di varie sezioni orchestrali, mentre al centro si dipanava la graziosa melodia del Trio, in cui hanno brillato archi, legni ed ottoni.
Indicato originalmente come Marcia funebre, il terzo movimento, Feierlich und gemessen, ohne zu schleppen (“Solenne e misurato, senza strascicare”) – basato sul celebre canone “Bruder Martin” (“Fra’ Martino”: ma qui in modo minore) e scandito dalla lenta pulsazione dei timpani – ha visto primeggiare, in successione, contrabbasso, fagotto, violoncello, basso tuba e tutta l’orchestra, tra gli scanzonati interventi dell’oboe, prima che iniziasse una delle sezioni più anticonformiste di questa sinfonia, con piatti, grancassa, oboi, clarinetti e duo di trombe, che hanno ricreato un’orchestrina klezmer. Successivamente il ritorno del canone di apertura ha introdotto un intermezzo melodico intensamente espressivo, tratto dal quarto dei Lieder eines fahrenden Gesellen, “Die zwei blauen Augen” (“Due occhi azzurri”), cui è seguito, dopo varie elaborazioni dei temi precedenti, il sommesso finale, basato sull’onnipresente intervallo di quarta.
Un’esplosione dell’orchestra – un grido disperato accentuato da un dirompente colpo di piatti–ha segnato l’inizio del movimento conclusivo, Stürmisch bewegt (“Tempestosamente agitato”), che è poi sfociato in un motivo eroico degli ottoni, interrotto da violente esclamazioni dei legni, cui è seguito un disteso cantabile dai tempi piuttosto dilatati e dalle morbide sonorità. Nel prosieguo l’espressività si e fatta sempre più febbrile, fino al culmine di un potente climax orchestrale; dopodiché la tensione si è stemperata con ripetizioni di elementi dei movimenti precedenti, prima dell’apoteosi finale – un’irruzione trionfale, forse espressione dell’anelito mahleriano alla totalità –, dove si combinavano contrappuntisticamente vari temi tra fragorosi interventi degli ottoni: come un fulgido tramonto che nondimeno ha il sapore di un addio. Lunghi entusiastici applausi alla fine.