Roma, Teatro dell’Opera: “La Sonnambula”

Teatro dell’Opera di Roma – Stagione Lirica 2023/2024
“LA SONNAMBULA”
Melodramma in due atti

libretto di Felice Romani
Musica di Vincenzo Bellini
Il Conte Rodolfo ROBERTO TAGLIAVINI

Teresa MONICA BACELLI
Amina LISETTE OROPESA
Elvino JOHN OSBORN
Lisa FRANCESCA BENITEZ
Alessio MATTIA ROSSI*
Il Notaro GIORDANO MASSARO
*dal progetto “Fabrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma

Direttore Francesco Lanzillotta
Maestro del Coro Ciro Visco
Regia scene e costumi Jean-Philippe Clarac e Olivier Deloeuil > Le Lab
Collaboratore alle scene e alle luci Christophe Pitoiset
Drammaturgia Luc Borrousse
Video Pascal Boudet e Timothée Buisson
Graphic design Julien Roques
Nuovo allestimento del Teatro dell’Opera di Roma

Roma, 09 aprile 2024
Assente dal palcoscenico del Teatro dell’opera di Roma dal 2018, torna la Sonnambula di Bellini in un nuovo allestimento affidato alla direzione del maestro Francesco Lanzillotta ed alla regia del collettivo Le Lab di Bordeaux guidato da due registi, Jean-Philippe Clarac e Olivier Deloeuil al debutto in Italia. Come loro abitudine l’opera viene ambientata nella città nella quale viene rappresentata e lo spettacolo inizia con un video nel quale la protagonista è una nubenda ospite dell’Hotel Quirinale di callassiana e forse non completamente serena memoria, in ansia perché certa e preoccupata che il promesso sposo giungerà sicuramente tardi il giorno delle nozze. Pare che questi poveri maschi di oggi non abbiano scampo neppure se devono portare un fiore sulla tomba della madre il giorno del matrimonio e siano in torto per principio ancor prima di aver sbagliato. Addormentatasi finalmente con una miscela di alcool e ipnoinducenti per fortuna in pochi minuti, sarà utile averne la ricetta, ha inizio la musica. L’opera è ambientata in una moderna e grigia galleria d’arte nella quale viene organizzata la festa nuziale e nel sogno della sonnambula si svolge la vicenda, con un immenso tavolo al centro che ruota in continuazione funzionando ora proprio da tavolo, ora da letto o da spazio altro e così via e con tre schermi sul fondale sui quali si alternano quadri della classicità esposti nei musei romani in versione originale e modernizzata e video della protagonista che per lo più vaga inquieta girando per Roma. Enorme poi lo sfoggio di particolari alcuni con intenzione simbolica altri francamente indecifrabili e forse solo di “libera” interpretazione. L’idea registica a nostro avviso in questo caso non ha funzionato e non per questioni di gusto personale ma per ragioni tecniche. L’Opera da Monteverdi ad oggi non è affatto un genere multimediale come va di moda dire e fare oggi o almeno non lo è sempre e soprattutto la quantità non fa necessariamente la qualità o quello che aiuta ad esprimere lo spirito di una partitura. Non è che Bellini non sapesse orchestrare o concertare, non vogliamo qui difendere la statura di un simile genio, ma in questa composizione la sua ricerca è stata volta al prosciugamento per sottrazione della scrittura musicale per affidare l’espressione alla sola, purissima linea melodica e dunque tutto ciò già confligge a priori con il concetto di multimedialità. Infine lo schiaffo di Amina nel finale primo, gli spintoni di Elvino e il conte Rodolfo in mutande trasportano la vicenda più a livello di una riunione di condominio della periferia romana, realtà emozionalmente assai lontana e comunque altra senza naturalmente addentrarsi in giudizi di valore rispetto alla infinitamente sfumata e soave poesia del luogo letterario della montagna svizzera. E veniamo alla parte musicale che, tutta di livello più che alto, nonostante le difficoltà pratiche della regia tipo mantenere la purezza della linea di canto stando in piedi su delle sedie traballanti, ha saputo esprimere lo spirito del canto belliniano con la dovuta elegante gentilezza. Il direttore maestro Francesco Lanzillotta ha offerto una concertazione chiara e lineare della partitura con una attenta cura dei particolari senza perder di vista l’architettura dell’insieme e cercando sempre un suono bello e rotondo anche nei fortissimo. Le linee melodiche infine sono state declinate con una infinità di intenzioni, colori ed esitazioni dando l’impressione, mutatis mutandis, di un pianista alle prese con i temi di Chopin. Magnifica la prova del coro diretto dal maestro Ciro Visco per chiarezza di dizione, intenzioni espressive, varietà di colori, precisione musicale e bellezza del suono nonostante alcuni momenti della regia non sempre ne abbiano favorito al meglio l’apprezzamento. Lisette Oropesa nel ruolo della protagonista ha offerto una interpretazione inappuntabile sul piano musicale ed espressivo raccogliendo un meritato successo personale grazie ad una disinvolta presenza scenica e ad una voce omogenea e compatta. Leggermente a disagio ma crediamo forse più per questioni contingenti che per i risultati oggettivi nel complesso molto buoni è apparso il tenore John Osborn. Il timbro non è probabilmente quello di un giovane ma l’eleganza del fraseggio musicale, la sicurezza degli acuti e la simpatia della presenza scenica hanno offerto un ritratto di Elvino credibile e piacevole. Splendido conte Rodolfo è stato il basso Roberto Tagliavini per bellezza del timbro vocale, fraseggio nobile, ampiezza di volume e chiarezza di dizione. Francesca Benitez ha tratteggiato una Lisa infelice e acidula con timbro volutamente adeguato e ottima precisione musicale. Infine Monica Bacelli è stata una Teresa attenta ed affettuosa, vera autorevole madre della protagonista a dispetto della brevità della parte. Bravi pure Alessio Rossi dall’ormai collaudato progetto “Fabbrica” del teatro e Giordano Massaro rispettivamente nelle parti di Alessio e del Notaro. Alla fine sentiti applausi per la parte musicale ma vivaci dissensi all’insegna di una regia tanto confusionaria quanto estranea allo spirito dell’opera.