Roma, Spazio Rossellini
Centro Nazionale di Produzione della Danza ORBITA/SPELLBOUND
Stagione Danza 2024 “Vertigine”
“MONUMENTUM THE SECOND SLEEP/ SECONDA PARTE, IL QUARTETTO”
Concept, coreografia, costumi Cristina Kristal Rizzo
Danza Annamaria Ajmone, Marta Bellu, Jari Boldrini, Violetta Cottini, Sara Sguotti
Elaborazione sonora live Cristina Kristal Rizzo
Riferimento cinematografico Memoria di Apichatpong Weerasethakul (2021)
Disegno luci Gianni Staropoli
Direzione Tecnica per la data di Roma Roberto Cafaggini
Collaborazione teorica Lucia Amara e Laura Pante
Produzione Tir Danza
Roma, 04 aprile 2024
Un titolo insolito, quello di Monumentum the second sleep, scelto dalla coreografa e danzatrice basata a Firenze Cristina Kristal Rizzo per lo spettacolo presentato il 4 aprile scorso allo Spazio Rossellini nell’ambito della stagione danza Vertigine del Centro Nazionale di Produzione della Danza Orbita/Spellbound a cura di Valentina Marini. Come recita il comunicato, “il termine Monumentum vuol dire memoria, documento, segno di riconoscimento, qualcosa che viene dal passato”. A questo desiderio di strutturazione, di costruzione di una peculiare impronta, si contrappone però qui la dimensione onirica dell’inconscio, il piacere di entrare in contatto con la dimensione più intima, naturale, e anche sensuale dell’essere, alla ricerca di una visione che è pertanto vertiginosa, in quanto capace di modificare gli equilibri, di sovvertire gli ordini precostituiti e le relative costrizioni, alla ricerca di una profonda libertà. Ecco, dunque, i singoli danzatori intenti a decostruire i linguaggi di movimento più formali. Il corpo indaga lo spazio quasi come a volervi sciare. I gesti lenti delle mani che si cercano tra loro, anziché compattarsi si traducono fisicamente in polvere. Il corpo si attorciglia su se stesso in frenetiche convulsioni. Su una musica che rimanda agli anni Settanta e Ottanta mescolandosi a sigle pubblicitarie, la danza si propone come penetrante dimensione dell’esistenza, coniugata a una esibita sessualità. Un breve rimando alla nota coreografia di Flashdance segnala un avviato processo di liberazione, che dall’espressione della più pura individualità si spinge adesso alla ricerca di una nuova comunità, di traiettorie che si intersecano, per separarsi e poi riavvicinarsi, di un sentire contemporaneo che pur nell’isolamento di uno sguardo rivolto allo schermo di uno smartphone rende i performers partecipi di una rinnovata emancipazione che passa inizialmente attraverso il disegno di un rossetto sulle labbra. “La performance sarebbe finita”, avvisa uno dei danzatori. Eppure, essa continua, in un omaggio a The Goldberg Variations del recentemente scomparso Steve Paxton, nella cui traccia si vuole inserire il lavoro presentato. Il suo percorso di ricerca fondato su improvvisazione e casualità si unisce in quest’occasione a un manifesto intento politico presentato dalla stessa autrice che si presenta in scena alla fine dello spettacolo per protestare contro il genocidio. Un invito verbale a una estrema liberazione che dal campo del sentire deve spostarsi sul piano delle azioni per trovare una risonante significazione. Foto Giuseppe Follacchio