Milano, MTM – Sala Cavallerizza, Stagione 2023/24
“LE NOTTI BIANCHE”
da Fëdor Dostoevskij
Drammaturgia Elena C. Patacchini
Il Sognatore DIEGO FINAZZI
Nasten’ka ALMA POLI
Ideazione e regia Stefano Cordella
Disegno luci Fulvio Melli
Scene e costumi Francesca Biffi
Produzione Manifatture Teatrali Milanesi
Milano, 04 aprile 2024
Sui palcoscenici italiani girano sempre più o meno i soliti due/trecento titoli, mentre restano ignoti ai più decine di migliaia di testi più o meno importanti della drammaturgia mondiale. Per questa ragione si nutre una certa diffidenza nei confronti dei romanzi trasposti per le scene, poiché pare un’operazione che voglia semplicemente strizzare l’occhio al pubblico, spesso con esiti prevedibilmente piuttosto deludenti. Tuttavia, la drammaturgia composta da Elena C. Patacchini da “Le notti bianche” di Fëdor Dostoevskij riesce con maestria nell’intento di trasformazione, creando un convincente monologo/dialogo dalle dinamiche sia introspettive che serrate, in cui il pubblico viene costanemente urtato, trascinato, ed è praticamente impossibile estraniarsi dalla scena. Il Sognatore, senza nome, come nell’originale, è una creatura perfettamente in equilibrio tra Dostoevskij e Generazione Z, un ragazzo fragile come un bambino e al contempo brutale come un uomo, in grado di incarnare il mal de vivre d’ogni tempo; Nasten’ka, da par suo, è l’adolescente dolce e acuta, cui non manca un’anima selvatica, un’impeto più forte della speranza del Sognatore, poiché di Vita, di voracità emozionale. I giovanissimi interpreti sono parte integrante della riuscita scenica di questo bel testo, in maniera diversa: di Alma Poli apprezziamo la travolgente naturalezza, il non risparmiarsi in nulla, la capacità di costruire con pochissimi appigli fuori dalla sua voce e dal suo corpo una performance palpitante e totalmente credibile; in Diego Finazzi, invece, c’è forse qualcosa in più, c’è il pudore di un interprete terrorizzato e felice, una delicatezza nella voce e una misura nel movimento che ce lo fa immaginare tenero e impacciato, e che quindi ci sorprende quando esplode nella selvaggia dichiarazione d’amore e nell’interpretazione sanguinante di una canzone indie (“Sto impazzendo” del Management). Siamo davanti a due attori “che si faranno”, per citare De Gregori, ma che già dimostrano una sensibile padronanza di sé e della scena. La regia di Stefano Cordella, infine, mette ordine, pone corone, rende il testo carne viva: lo fa soprattutto con le interessantissime luci di Fulvio Melli (che non teme di accostare asettici led ad avvolgenti par démodé, declinando ogni tinta di freddo), e con un geometrico studio delle posizioni e della prossemica; si concede al postdrammatico con delicatezza – l’uso in scena di una tastiera, come di una serie di nastri preregistrati – e tenta di stupirci con effetti speciali – una porta che si apre su una bufera di neve che invade la scena – tutto sommato riuscendoci; soprattutto notiamo una crescita, nel percorso registico di Cordella, che in parte riscopre la pennellata fresca di alcuni suoi lavori passati (ci torna in mente “Vania” del 2016, e forse il regista non dimentica la versione di Alberto Oliva che lui stesso recitò nel 2011) e in parte sembra guardare a un teatro più personale, onesto e meno stereotipato. Si replica alla Sala Cavallerizza fino al 14 aprile, ancora in definizione le date della tournée.