Il baritono georgiano George Gagnidze vanta già una ricca carriera: più di 150 recite al Met in diversi ruoli (Macbeth, Scarpia, Tonio, Amonasro, Rigoletto, Shaklovity, e per ultimo Nabucco, proprio questa stagione ha fatto 14 recite una delle quali è stata anche trasmessa in HD nei cinema di tutto il mondo. È uno dei baritoni più richiesti del mondo in particolare per Verdi e Verismo. La stagione prossima torna al Met per Tosca, a Amburgo per Luisa Miller e ha molte recite di Rigoletto all’Opéra Bastille. È di casa nei maggiori teatri internazionali, dall’ Opéra di Parigi, Liceu, Real di Madrid Vienna, Covent Garden, Staatsoper di Berlino, San Francisco,ecc e anche in Italia è apparso spesso al Teatro alla Scala nei suoi cavalli di battaglia (Rigoletto, Scarpia, Amonasro), e negli ultimi anni è stato spesso invitato dal San Carlo di Napoli (Traviata Tosca Macbeth Cav/Pag). Forse ricorderai un Nabucco all’Arena di Verona di qualche anno fa.
Per quanto riguarda l’Italia, vinse il Concorso Voci Verdiane di Busseto nel 2005. Nei prossimi giorni (il 13 e 18 aprile) sarà Macbeth al Teatro Comunale di Bologna.
Come ha scoperto di avere una voce, e come è nato il suo amore per l’opera?
In Georgia è abitudine cantare durante o dopo le cene con amici, e così da ragazzino facevo anch’io. Un amico di famiglia, che era il capo del coro folkloristico in cui cantava anche mio padre, rimase colpito dalla mia voce, disse che avevo del potenziale e convinse i miei genitori a farmi ascoltare da un maestro di canto, che mi accettò come allievo. Tutti cantano in Georgia, ed infatti abbiamo una ricca ed antichissima tradizione corale. Per quanto riguarda l’opera, il mio primo ricordo è una produzione de L’elisir d’amore del Metropolitan Opera con Luciano Pavarotti trasmesso in TV: me ne innamorai immediatamente, sia dell’opera, sia della voce bellissima del grande tenore. Decisi in quel momento che quella sarebbe stata la mia professione.
Che importanza ha avuto la sua vittoria nel prestigioso concorso Voci Verdiane di Busseto nel 2005?
Un’importanza enorme. Ricordo che in giuria c’erano due dei miei cantanti preferiti, Katia Ricciarelli e José Carreras. Vincere quel concorso ha fatto conoscere il mio nome a molti degli addetti ai lavori, aprendomi molte porte. Anche la mia collaborazione col Maestro Maazel nacque al Festival Verdi, perché parte del premio fu una tournée in Giappone coll’Orchestra Toscanini diretta da Maazel, dove ho appunto conosciuto il Maestro.
L’incontro con Lorin Maazel ha appunto ricoperto un ruolo fondamentale di svolta nella sua carriera.
Sì, il Maestro Maazel ha creduto molto nelle mie possibilità e si può affermare che abbia dato un enorme contributo alla mia carriera internazionale, invitandomi anche per la mia prima apparizione a New York, con un’esecuzione di Tosca con la New York Philharmonic al Lincoln Center, che mi ha permesso di farmi notare da Peter Gelb, che mi ha fatto debuttare al Met un anno dopo in un ruolo davvero fenomenale, Rigoletto. La mia grande carriera parte davvero da questa coincidenza di eventi.
Altrettanto importanti hanno avuto e hanno le sue presenze al Metropolitan di New York…
Il Met è in assoluto il teatro in cui ho cantato di più, e quello con cui ho un legame più stretto, senza nulla togliere agli altri grandi teatri in cui mi esibisco. Ho cantato quasi 150 recite in una grande varietà di ruoli: Rigoletto, in due produzioni diverse (Otto Schenk e Michael Mayer), Macbeth, Scarpia, anche questo in due diversi allestimenti (la trasmissione HD nei cinema della controversa messinscena di Luc Bondy ha dato una grande spinta alla mia carriera), Alfio, Tonio, Michele, Amonasro, Shaklovity in Chovanščina, molti dei quali in nuovi allestimenti. Proprio questa stagione ho cantato ben 14 recite di Nabucco, una delle quali è stata anch’essa trasmessa nei cinema internazionali. A New York mi sento a casa, ho un pubblico che mi segue con attenzione e affetto, e sono sempre felicissimo di ritornarvi.
È considerato uno dei più ricercati e autentici interpreti del repertorio del baritono drammatico: come è arrivato a questo traguardo?
La natura mi ha dato indubbiamente una mano dotandomi di una voce autenticamente baritonale, ma sono anche e soprattutto occorsi anni di studio intenso, perché puoi anche avere una voce straordinaria, ma senza la giusta tecnica non si dura molto. Ho studiato a lungo, uno studio che non finisce mai, perché ogni giorno si scoprono cose nuove della voce, lati diversi di un ruolo che magari hai già cantato decine di volte, ed è giusto così, perché il peccato più grande che un artista possa commettere è adagiarsi nella routine. Ho avuto la fortuna di collaborare con i più grandi direttori d’orchestra del nostro tempo, e ho imparato da ciascuno di loro. Ho saputo scegliermi il repertorio con oculatezza, accettando nuovi ruoli solo quando mi sentivo pronto.
Quali sono i suoi compositori e ruoli preferiti, e perché?
Al primo posto sicuramente c’è Verdi. Mi considero un baritono verdiano, perché penso di mostrare al meglio le mie qualità cantando questo autore: il legato e fraseggio, le dinamiche, l’espressione, un’estensione vocale importante. Verdi richiede tutto questo e ancora di più e sono sempre felice di cantare Verdi: i suoi ruoli che ho in repertorio sono quelli che mi appagano maggiormente. In primis metterei Rigoletto, un personaggio così sfaccettato, variegato, pieno di luci e ombre, villan e vittima al contempo, un monumento della creatività umana; e musicalmente Rigoletto ha tutto, arie, duetti, ariosi, recitativi così ricchi e pregnanti da assomigliare a vere arie. Ma anche Nabucco, Simon Boccanegra, e Miller, che canterò di nuovo a fine anno a Amburgo. Anche alcuni ruoli della Giovane Scuola mi hanno dato enormi soddisfazioni, Gianciotto in Francesca da Rimini, Tonio in Pagliacci, Carlo Gérard e soprattutto Scarpia, che ho davvero cantato in ogni teatro che si rispetti.
In questi giorni torno a interpretare Macbeth. Qui siamo allo stesso livello di Rigoletto, ed è davvero la prima enorme creazione baritonale di Verdi. Invece di un reietto della società come Rigoletto ci troviamo di fronte a un re: Macbeth è un caleidoscopio di emozioni e sentimenti contrastanti. Feroce despota e allo stesso tempo sovrastato e quasi controllato dalla moglie. Alterna momenti di melodia cantilenante, come la struggente aria dell’ultimo atto, a passi concitati di recitativo nervoso e frastagliato, quale la “pazzia” che lo coglie alla visione del fantasma di Banco. Il duetto con Lady del primo atto è forse il momento più alto di un’opera che di momenti sublimi ne contiene moltissimi, ed è ben noto che anche Verdi la pensasse così, costringendo i due interpreti a ripeterlo più di 150 volte durante le prove.
Debutta adesso al Teatro Comunale di Bologna, ma si è esibito in molti teatri e festival di prim’ordine in Italia. Ci può dire qualcosa su alcuni di questi impegni e quali ricorda con maggior affetto?
Direi prima di tutto il debutto al Teatro alla Scala, un traguardo ambitissimo per qualsiasi artista. Avvenne nel 2007 ne La traviata, e fra l’altro era il mio debutto nel ruolo di Germont. Immaginate debuttare un ruolo del genere alla Scala! La ricordo con molto affetto anche perché fu una delle prime collaborazioni col Maestro Maazel. Sono poi tornato con Amonasro, Rigoletto e Scarpia ed ogni volta sono state emozioni indicibili. Il pubblico italiano è particolarmente caloroso ed intenso, oltre che competentissimo. L’artista si accorge che il pubblico italiano conosce queste grandi opere del loro repertorio molto intimamente. Negli ultimi anni ho avuto il piacere di esser spesso invitato dal Teatro San Carlo di Napoli, una città straordinaria che adoro visitare quando non sono impegnato con prove e recite. Ho cantato spesso a Napoli alcuni dei miei cavalli di battaglia, Scarpia, Macbeth, Alfio e Germont. Ho avuto anche l’onore di inaugurare il Festival dell’Arena di Verona nel 2017 con Nabucco, anche quella una serata indimenticabile. Sono sempre felicissimo quando ho l’opportunità di cantare in Italia.
Che sensazioni si provano a esibirsi in una trasmissione Live in HD del Met, cantando per milioni di persone in ogni angolo del mondo? Sicuramente è qualcosa di speciale?
Lo ha appena detto lei! Ti vedono milioni di persone in tutto il mondo, persone che magari non hanno mai messo piede in un teatro d’opera per le più svariate ragioni: magari non hanno un teatro vicino a dove abitano, o forse non possono permettersi il prezzo di un posto a teatro. La popolarità che ne deriva è enorme, ma come per tutte le cose del mondo, c’è anche il rovescio della medaglia: non ci si può permettere di fare il benché minimo sbaglio! Ormai però ho preso parte a diverse di queste trasmissioni e ho una certa familiarità con questo mezzo.
Impegni futuri?
Ho diversi impegni non ancora formalizzati e di cui quindi non posso ancora parlare, anche perché in alcuni casi i teatri non hanno ancora annunciato la stagione, ma sicuramente tornerò al Met con Tosca, ad Amburgo con Luisa Miller e all’Opéra Bastille a Parigi con numerose recite di Rigoletto.