Firenze, Teatro Niccolini, Stagione Concertistica degli Amici della Musica di Firenze 2023/4
Violino Viktoria Mullova
Fortepiano Alasdair Beatson
Ludwig van Beethoven: Sonata n. 2 in la maggiore, op.12 n.2; Johann Sebastian Bach: Chaconne, dalla Partita n. 2 in re minore BWV 1004; Ludwig van Beethoven: Sonata n. 6 in la maggiore, op. 30 n. 1, Sonata n. 8 in sol maggiore, op. 30 n.3
Firenze, 6 aprile 2024
Se ascoltare il violino insieme al pianoforte è abbastanza comune, risulta invece un’esperienza percettiva più raffinata sentire fondersi i due strumenti in maniera significativa come parte di un unico tessuto che resiste al tempo. L’occasione, organizzata dagli Amici della Musica di Firenze all’affollato Teatro Niccolini, era attraente sia per gli interessati a sonorità più ricercate ed equilibrate che per i cultori e appassionati della letteratura cameristica per i due strumenti. A concorrere al raggiungimento di questo risultato erano gli interpreti Viktoria Mullova e Alasdair Beatson alle prese con un violino con corde di budello e il fortepiano Graf 362 messo a disposizione dall’Accademia Bartolomeo Cristofori. Il programma, tutto beethoveniano eccetto la Ciaccona di Bach, celebrava la sonata per questo complesso cameristico che proprio con il compositore di Bonn raggiunge l’apice di un processo evolutivo iniziato attorno alla metà del XVIII secolo e di cui lo stesso programma ne esprimeva sia il modello che i ‘pròdromi’. Nel continuo ‘apparire’ dell’uno rispetto all’altro strumento era la scrittura musicale, soprattutto in episodi in cui il melos poteva presentarsi in una successione alterna in entrambi gli strumenti (contrappunto doppio), a definire di volta in volta la natura del dialogo concepito durante il concerto come ascolto e volontà reciproca nel valorizzare l’altro. La Sonata n. 2 in la maggiore, tra le prime composizioni per tale formazione e parte dell’op. 12, già per il titolo apposto alla prima edizione «Tre Sonate per il Clavicembalo o Forte-Piano con un violino», chiarisce l’impegno virtuosistico del fortepiano sia nel primo che nel terzo movimento (Allegro vivace e Allegro piacevole); infatti Beatson dichiarava nell’immediato la propria natura incline al pensiero musicale e volta ad una precisione che andava ben oltre la restituzione della logica musicale. A far comprendere maggiormente l’essenza dell’incontro dei due interpreti è stato soprattutto il movimento centrale, l’Andante, più tosto Allegretto. Entrambi i musicisti riuscivano ad esprimere un proficuo dialogo tanto che, grazie all’espressiva e musicale reiterazione delle imitazioni tra mano destra del pianista e il violino, era sempre possibile seguire con chiarezza la loro narrazione. Con l’esecuzione della Ciaccona (BWV 1004) vi è stata un’immersione in un capolavoro mediante il quale ancora oggi è possibile avvicinarsi alla mente inquieta del Kantor. Alla violinista non bastava sfoderare una significativa e sicura tecnica per chiarire all’ascoltatore il senso dell’opera ma emergeva una profonda conoscenza del suo alto magistero affinché il monologo dello strumento, recuperando l’aspetto sacrale della musica, potesse diventare continua ricerca del ‘già e non ancora’. Pertanto Mullova, ben inserita nel mondo di Bach, è riuscita ad offrire un’interpretazione in cui si poteva cogliere l’unitarietà del discorso fatto di intrecci polifonici e pura retorica musicale. Per arrivare a percepire ciò bastava ‘chiudersi’ in un intimo silenzio in quanto già le stesse nuances (fino a pianissimi vellutati), espresse dalla violinista, non erano altro che ‘metamorfosi’ poetiche che potevano toccare l’emozione del pubblico predisposto ad un ascolto profondo. Le due sonate tratte dall’op. 30 sono entrambe concepite in tre movimenti. Nella Sonata in la maggiore n. 1 (Allegro–Adagio molto espressivo–Allegretto con variazioni) la percezione è quella di guardare allo stile classico di Haydn e Mozart ma allo stesso tempo, grazie ad una lettura precisa e scrupolosa da parte degli interpreti, risultava abbastanza chiara sia la forma che il continuo dialogo tra le parti. Se nel primo movimento all’ascoltatore bastava l’iniziale figura delle semicrome della mano sinistra del pianista per un approccio ad un percorso formale sonatistico, nel secondo il “molto espressivo” dell’Adagio faceva emergere la cantabilità della melodia già espressa dall’esordio del violino. E proprio questo ‘canto’, contrappuntato alla figura di semicrome con punto dell’altro strumento, nell’alternanza violino/fortepiano (entità paritetiche), faceva cogliere un’apparente quiete dell’animo. Nell’ultimo movimento Beethoven, pur dichiarando l’intenzione di inoltrarsi nel mondo del tema con variazioni, e grazie anche alla chiara restituzione del fraseggio da parte dei due interpreti, proponeva una musica che all’ascolto risultava un insieme di eventi tra divertissement, virtuosismo e pensiero compositivo ormai proiettato verso ricercatezza e diversità, le medesime caratteristiche emerse nei due musicisti sempre volti ad esprimere la ricchezza che apre a nuove prospettive interpretative. Ai ripetuti applausi del pubblico è seguito un fuori programma che poteva assumere le caratteristiche di una nuova stagione musicale che vede Mullova e Beatson sempre più impegnati in progetti artistici. Si è trattato del secondo movimento (Adagio molto espressivo) della Sonata beethoveniana per violino e pianoforte n. 5 in fa maggiore op. 24, meglio conosciuta come «La Primavera», in cui, nel dialogo tra i due artisti, si poteva cogliere ancora una volta una lieta e serena conversazione volta ad esprimere autentica comunanza di intenti.