Venezia, Scuola Grande di San Giovanni Evangelista, Festival “Il filo di Fauré”, 23 marzo-23 maggio 2024
“ALL’ALBA DI UNA NUOVA ERA”
Quartetto Strada
Violino Pierre Fouchenneret, Ayako Tanaka
Viola Lise Berthaud
Violoncello François Salque
Pianoforte Simon Zaoui
Jean Roger-Ducasse: Quatuor avec piano en sol mineur; Gabriel Fauré: Quintette avec piano en ré mineur n° 1
Venezia, 23 marzo 2024
Come avviene ormai da qualche anno, la policroma Sala Capitolare della Scuola Grande di San Giovanni Evangelista – che sorge a pochi metri dal Palazzetto Bru Zane – ha fatto da sontuosa cornice al concerto inaugurale del Festival di primavera, organizzato dal Centre de Musique Romantique Française. Nel corso dell’attuale rassegna si approfondirà la conoscenza di Gabriel Fauré – di cui ricorre il centenario della morte –, indagando anche il “filo” che lo lega – in qualità di docente – a una nutrita schiera di ragguardevoli musicisti, che frequentarono la sua classe di composizione presso il Conservatorio di Parigi: da Nadia Boulanger a Maurice Ravel passando per Florent Schmitt, Georges Enesco e Charles Koechlin. Nel concerto di cui ci occupiamo il compito di rappresentare il passaggio di testimone tra Fauré e la generazione da lui formata era affidato a Roger-Ducasse, suo allievo tra il 1898 e il 1900, che in seguito continuerà l’insegnamento del venerato Maestro, quando diverrà a sua volta docente di composizione presso il Conservatorio parigino. Nella serata il Quartetto con pianoforte (1912) di Roger-Ducasse veniva messo a confronto con il Quintetto con pianoforte n. 1 (1906) di Fauré, complici le abili dita di Pierre Fouchenneret e Ayako Tanaka (violini), Lise Berthaud (viola), François Salquea (violoncello), Simon Zaoui (pianoforte).
La composizione del Quartetto con pianoforte in sol minore di Roger-Ducasse inizia nel 1899 e si protrae per ben tredici anni. Eseguito per la prima volta il 26 marzo 1912, il lavoro è dedicato a Marguerite Long, pianista virtuosa e amica del compositore. Il quintetto – che si articola in quattro movimenti solidamente costruiti e omogenei –, pur rivelando qua e là un tono magniloquente, coniuga un vibrante ardore a una certa ricerca di sensibilità. Nell’esecuzione di questo lavoro – come peraltro si è confermato nel pezzo seguente – ci ha particolarmente colpito la raffinata qualità del suono, nell’insieme come nei singoli interventi, per non parlare della perfetta intesa o dell’adeguatezza stilistica. Sonorità particolarmente vigorose hanno percorso il primo movimento, Allegro, ritmico e imperioso, che ricorda lo stile di Fauré, infondendo energia e vivacità al discorso musicale ora costruito tramite una scrittura verticale, ora fatto di concatenazioni orizzontali “en tuilages”. Colore ed espressività hanno dominato nel secondo movimento, Andantino ma scherzando – a suo tempo descritto dalla stampa come “un’elegante passeggiata nel giardino delle tonalità” –, dove gli archi hanno sfoggiato diverse modalità espressive. Dopo il terzo movimento, Molto adagio – un lamento delicato, dignitoso e puro, che si collega direttamente al finale – un vitalistico ottimismo ha caratterizzato l’ultimo movimento, Allegro, riprendendo alcuni temi dei movimenti precedenti con particolare verve e senso del ritmo. Anche il Quintetto con pianoforte in re minore n. 1, op. 89 di Fauré ebbe una lunga gestazione. Iniziato nel 1890, il lavoro viene interrotto dal compositore, per dedicarsi alle Cinq Mélodies “de Venise” e poi alla Bonne Chanson. Ripreso parzialmente, prima nel 1894 e poi nel 1903, sarà completato due anni dopo e presentato in prima esecuzione assoluta al Cercle Artistique di Bruxelles il 23 marzo 1906 con il Quatuor Ysaÿe. All’ascolto – come ebbe a notare lo stesso compositore, riguardo al primo movimento – non si coglie affatto il travaglio compositivo cui si è fatto cenno, mentre risulta abbastanza evidente che Fauré evita di ottenere l’effetto di un’orchestra in miniatura – frequente con una formazione di questo tipo – e privilegia tessiture ariose, tenendo conto delle caratteristiche acustiche dei vari strumenti. Analogamente apprezzabile è risultata l’esecuzione di questo secondo titolo in programma. Un’atmosfera sognante, introdotta dalla viola, ha dominato nel primo movimento, Molto moderato, in cui le lunghe linee liriche degli archi erano alleggerite dalla scrittura liquida del pianoforte. Una notturna quiete con qualche sussulto di inquietudine si è colta nell’Adagio, dove gli archi si facevano spesso carico della dimensione melodica. Una certa concitazione ha percorso il giocoso finale, Allegretto moderato – che sintetizza diverse combinazioni ascoltate nei movimenti precedenti –, dove l’insieme ha brillato nell’affrontare la scrittura densamente polifonica, mentre il pianoforte si è segnalato per il tocco cristallino. Reiterati applausi interrotti da un dovizioso fuoriprogramma: dal Quintette pour piano et cordes op. 115 di Gabriel Fauré, III. Andante moderato (Un assoluto incanto!…)