Venezia, Palazzetto Bru Zane, Festival “Il filo di Fauré”, 23 marzo-23 maggio 2024
“MAESTRO FAURÉ”
Tenore Cyrille Dubois
Pianoforte Tristan Raës
Mélodies di Gabriel Fauré, Camille Saint-Saëns, Ernest Chausson, Henri Duparc, Nadia Boulanger, Claude Debussy, Florent Schmitt, Roger-Ducasse, Maurice Ravel
Venezia, 24 marzo 2024
Gradito ritorno al Palazzetto Bru Zane del tenore Cyrille Dubois e del pianista Tristan Raës per il secondo concerto del Ciclo “Il filo di Fauré”, dedicato al compositore francese e alla generazione di musicisti che lo ebbero come maestro. I due artisti – che sono considerati interpreti di riferimento nel repertorio afferente alla mélodie francese – hanno proposto un ricco florilegio di liriche intonate da Fauré o da suoi talentuosi allievi – a parte un titolo debussyano –, dando un’ennesima, autorevole prova delle loro indubbie doti. La purezza del timbro, l’attenzione ad ogni particolare della musica e del testo, la chiarezza del fraseggio, dimostrate dal tenore, hanno trovato piena corrispondenza nel raffinato pianismo di Raës, capace di assecondare ogni inflessione della voce con mille sfumature di colore. Così quest’esecuzione, davvero encomiabile per nitore e trasparenza, ha messo pienamente in valore la duplice valenza, letteraria e musicale, delle singole melodie affascinando il pubblico dall’inizio alla fine. Un carattere composito, che è poi la cifra distintiva di ogni mélodie anche secondo Fauré, maestro indiscusso nell’ambito di questo genere – nel cui catalogo troviamo ben 111 titoli –, che assegnava alla musica il compito di “far emergere il sentimento profondo che vive nell’anima del poeta e che le frasi non sono in grado di trasmettere con precisione”.
“La natura istintuale dei sentimenti” emergeva da Lydia – una melodia delicata, semplice e lineare –, Sérénade toscane – cullante e appassionata – e L’Absent – dal carattere patetico – di Gabriel Fauré, nonché da La Solitaire – dal pathos traboccante – di Camille Saint-Saëns. “Il superamento del romanticismo”, in nome di una nuova sensibilità simbolista e decadente, accomunava Les Berceaux, La Fée aux chansons e Clair de lune di Fauré, oltre che Le Colibri di Ernest Chausson e L’Invitation au voyage di Henri Duparc. “L’inizio della modernità” – suggerito musicalmente da un certa instabilità tonale e letterariamente dalla diffusa presenza di ardite analogie – era rappresentato da Arpège, Puisque l’aube grandit e Dans la forêt de septembre di Fauré, come da Heures ternes di Nadia Boulanger e Apparition di Claude Debussy. Concludevano la rassegna Le Don silencieux e Vaisseaux, nous vous aurons aimés di Fauré, Les Barques di Florent SchmSitt, Les Pièces d’eau di Roger-Ducasse e Le Cygne di Maurice Ravel, riunite sotto la categoria “Il retaggio”. Scroscianti applausi con qualche acclamazione a fine serata. Tre fuoriprogramma, tra cui la celebre Après un rêve di Fauré. Foto Jean-Baptiste Millot