Roma: “Vertigine” la stagione danza 2024 di Orbita/Spellbound

Roma, Teatro Biblioteca Quarticciolo
2X2 (da Rifare Bach)
Coreografia Roberto Zappalà
Musica Johann Sebastian Bach
Interpreti: Anna Forzutti, Silvia Rossi
Costumi e luci Roberto Zappalà
SOLO ANDATA
Coreografia Mauro Astolfi
Interpreti: Maria Cossu, Giuliana Mele, Alessandro Piergentili
Luci Marco Policastro
Musiche di Autori Vari
In anteprima
“CULT US” (estratti da Cultus)
Coreografia Roberto Zappalà
Musica  David Lang
Interpreti: Filippo Domini, Anna Forzutti, Silvia Rossi, Erik Zarcone
Costumi e luci Roberto Zappalà
Roma, 3 marzo 2024
La vertigine è una sensazione interiore di oscillazione e sbandamento. Pur stando in realtà fermi, l’ambiente esteriore sembra muoversi. Ed è esattamente questo l’effetto dello spettacolo 2X2/Cult us & Solo andata presentato dalla curatrice Valentina Marini nell’ambito della stagione danza Vertigine del Centro di Produzione Nazionale della Danza Orbita/Spellbound presso il Teatro Biblioteca Quarticciolo. In un contesto piuttosto periferico della capitale, due affermati autori italiani portano una luce di speranza per il futuro, offrendo delle epifanie di mondi umani e naturali che riscoprono nuove possibilità di armonia. È questo il caso del lungo duetto 2X2 di Roberto Zappalà, tratto dal lavoro più ampio Rifare Bach del 2021. Si tratta di un “atto di amore artistico” per il grande compositore tedesco, maestro nell’arte della fuga e nell’espressività legata a temi sacri. Come dichiarato nel sottotitolo, la creazione coreografica a serata intera Rifare Bach si è ispirata alla “naturale bellezza del creato”. Nessun arzigogolare drammaturgico, né tantomeno la volontà di riprodurre scientificamente le complesse architetture musicali di Bach guidano il coreografo siciliano che da oltre 30 anni guida una compagnia di punta nel panorama italiano in sinergia con il drammaturgo Nello Calabrò. Il legame profondo tra danza e musica palesa qui la volontà di ritornare all’essenza del corpo e delle sue possibilità motorie, presentando una danza pura che esalta la bellezza dei danzatori (“Glorificare il culto dell’immagine e dell’estetica è il mio obiettivo, prima ancora che il significato”, Charles Baudelaire). Ecco, dunque, che un cinguettio di sottofondo si accompagna a movimenti delle braccia che ricordano vagamente becchi di volatili, e la dinamica del pezzo si fonda su una continua disarticolazione del corpo, al fine di ritrovare un nuovo asse, un più autentico baricentro, e di impostare su di esso un legame di sincera sintonia tra le due partner. Mauro Astolfi nel suo lavoro Solo andata (presentato in anteprima a Roma, in anticipo del debutto avvenuto il 9 marzo al Teatro Comunale di Vicenza) pare voler ritornare alla dimensione narrativa, che si esplica in una drammaturgia visuale incentrata in un tavolo con sedie destinate ad essere vissute dai tre protagonisti. Si tratta, secondo il coreografo, di un racconto/incontro di persone che tornano da un viaggio, ma che allo stesso tempo anelano nuovamente a ripartire, abitate da un interiore “travel bug”. Non personaggi, dunque, ma anime che vivono con inquietudine la quotidianità, rifiutando le ipocrisie. Nel loro rapporto pare di ravvisare una complicità che nasconde un segreto familiare. Le due donne interagiscono con il partner maschile in giochi di attrazione e repulsione che non conducono a una prevalenza finale. In una peculiare cifra stilistica ritroviamo lo snodarsi dei corpi, la potenza dei gesti e la ricerca dei reciproci sguardi, il crearsi di punti di contatto al pari di momentanee estraneità. I vissuti si intrecciano e convivono in modo vorticoso, aprendo la strada ad altri viaggi e ad altre partenze. Chiude la serata il pezzo Cult us, collage di estratti dall’ultima creazione di Zappalà. Danzatori in tute dai colori pastello si muovono flessuosamente in risposta alla partitura creata dai versi shakespeariani per poi accompagnarsi alle musiche di David Lang tratte dall’opera The Little Match Girl Passion (Premio Pulitzer, 2008). I versi si uniscono, i gesti si fondono, e la danza diventa un canto, oltre che una preghiera, che ci conduce al di fuori di noi stessi. Foto Giuseppe Follacchio