Roma, Teatro Vascello
4 5 6
con Massimo De Lorenzo, Carlo De Ruggieri, Cristina Pellegrino
e con Giordano Agrusta
scritto e diretto da Mattia Torre
disegno luci Luca Barbati
scene Francesco Ghisu
produzione Marche Teatro / Nutrimenti Terrestri / Walsh
Roma, 02 Marzo 2024
4 5 6 è una commedia di Mattia Torre, indimenticato autore teatrale, sceneggiatore e regista scomparso all’età di 47 anni. Sagace, ironico e graffiante, lo spettacolo continuamente giocato sull’equilibrio tra ironia, sarcasmo e su toni di fumetto grottesco, nasce dall’idea che l’Italia non è un paese, ma una convenzione. Che non avendo un’unità culturale, morale, politica, l’Italia rappresenti oggi una comunità di individui che sono semplicemente gli uni contro gli altri: per precarietà, incertezza, diffidenza e paura; per mancanza di comuni aspirazioni. Questo atto unico si distingue così per una drammaturgia magistralmente costruita e profondamente sentita. La scenografia di Francesco Ghisu, suggestiva e quasi caravaggesca nella sua essenza, evoca un’atmosfera irreale, simile infatti per caratteristiche di composizione alla “Vocazione di San Matteo”. La scena si distingue per una struttura essenziale ma ricercata, con attori sempre in primo piano, in una danza costante di presenze. Un tavolo spoglio, sedie disposte con rigore, e sullo sfondo una cucina. L’atmosfera surreale e folle è permeata da un’ossessione per il cibo, visto come via di salvezza in una famiglia sospesa nel limbo del tempo e dello spazio, priva di radici geografiche. Personaggi intrisi di rancore e ignoranza vivono in un perpetuo conflitto, generando un’atmosfera di inquietudine e alienazione. La tavola imbandita nella cucina così diventa una natura morta desolata quasi caravaggiesca , un monito della cupa atmosfera che avvolge la casa isolata in una valle. Il ticchettio costante di un cucù scandisce il trascorrere del tempo, mentre sul fuoco bolle da quattro lunghi anni il “sugo perpetuo” lasciato in eredità dalla nonna defunta. Un inginocchiatoio rivolto al pubblico offre uno sguardo privilegiato su una lotta disperata per la sopravvivenza e sulle confessioni dei bravissimi protagonisti: un padre (interpretato da Massimo De Lorenzo), una madre (Cristina Pellegrino) e un figlio (Carlo De Ruggieri). Questi personaggi, quasi meccanizzati nel loro agire (entrano e escono dalla platea senza mai abbandonare il palcoscenico, come se fossero scongelati ad ogni entrata), narrano la loro storia, un amalgama di buffoneria e crudo realismo. Mattia Torre utilizza la potente arma della parola, inventando un nuovo dialetto che mescola elementi campani, salentini, siciliani e latino maccheronico, per deliziare lo spettatore. Le distorsioni linguistiche generano innumerevoli momenti tragicomici e litigi all’interno di una famiglia ormai logorata, suscitando risate incessanti. È un teatro intriso di comicità vitale, popolato da personaggi sia ironici che tragici, freddi e nevrotici, ciascuno ossessionato dalla propria follia: la madre invoca il ritorno della sua tiella, il figlio insoddisfatto, nonostante i suoi diciannove anni improbabili, sogna ancora pacchetti di sigarette, mentre il padre contempla un futuro intriso di morte. Non c’è amore o altruismo tra di loro, ma solo una lotta disperata per la sopravvivenza e il controllo dei propri spazi. Sono come animali braccati, intrappolati nelle dinamiche familiari più tradizionali, tragicamente rappresentativi di un’umanità alla deriva che sfiora il ridicolo nella sua surreale violenza, E così che il tempo è il protagonista indiscusso di questo dramma: il tempo che scorre immutabile, l’attesa spasmodica dell’ospite, il tempo di una teglia prestata e mai restituita, il lasso di tempo dall’ultima sigaretta fumata. E poi c’è il tempo meteorologico, con i suoi venti impetuosi: la tramontana che sferza, lo scirocco che arde, o ancora il libeccio con il suo caos inarrestabile! Questa famiglia diventa il simbolo dei valori vuoti di un’Italia decadente e precaria, un paese ridotto a un ammasso di tradizioni obsolete e arretratezza culturale. Il loro nido è teatro di autentici folli ostili, impauriti ed esasperati, intrappolati in una realtà claustrofobica, in un limbo emotivo costante, in conflitto perpetuo con se stessi e con gli altri. L’arrivo tanto atteso di un ospite (interpretato da Giordano Agrusta ) sembra placare il clima grottesco di odio, ma l’assenza misteriosa di sua moglie, “la francese”, alimenta ulteriormente il conflitto. Improvvisamente, la commedia sfocia nella tragedia: “in questo paese, l’unica cosa a cui puoi aspirare è la morte”. Nel caos più totale, l’analisi lucida, cinica e pungente di Mattia Torre mette in luce le crepe di una società in disfacimento, lasciando cadere dolorosamente il sipario. PhotoCredit:@GiansalvoCannizzo ed @AlessandroCecchi. Repliche fino al 02 Marzo 2024.