Roma, Teatro India
LA DODICESIMA NOTTE (O QUELLO CHE VOLETE)
di William Shakespeare
traduzione Federico Bellini
adattamento e regia Giovanni Ortoleva
con (in ordine alfabetico) Giuseppe Aceto, Alessandro Bandini, Michelangelo Dalisi, Giovanni Drago, Sebastian Luque Herrera, Anna Manella, Alberto Marcello, Francesca Osso, Aurora Spreafico
scene Paolo Di Benedetto
costumi Margherita Baldoni
luci Fabio Bozzetta
produzione LAC Lugano Arte e Cultura
in coproduzione con Fondazione Luzzati Teatro della Tosse, Centro D’arte Contemporanea Teatro Carcano, Arca Azzurra
partner di produzione Gruppo Ospedaliero Moncucco
Nel panorama teatrale, “La dodicesima notte” di William Shakespeare è comunemente percepita come un’opera di elevato spessore, celebrata come una delle sue commedie più brillanti, eppure, al contempo, è considerata un testo di formidabile complessità e insidiosità. Questa percezione ne fa un vero e proprio banco di prova per chiunque si cimenti nella sua messinscena, tanto che la sua presenza nei programmi delle stagioni teatrali si rivela piuttosto rara. Giovanni Ortoleva, con una scelta audace, porta “La dodicesima notte (o quello che volete)” sul palcoscenico, inserendola nella sua ricerca sulla trilogia dell’amore iniziata con “Lancillotto e Ginevra”. Questa nuova produzione del LAC, debuttata a Lugano e approdata in prima nazionale a Genova presso il Teatro della Tosse – che collabora nella co-produzione con il Teatro Carcano e Arca Azzurra – rappresenta un’ulteriore conferma del forte legame di Ortoleva con questa istituzione teatrale, di cui è stato regista residente fino al 2024 e che ha ospitato gran parte dei suoi lavori precedenti. Ortoleva descrive l’opera come una commedia che trascende la definizione convenzionale del genere, presentandosi come un testo ibrido in cui i personaggi, mosso da un amore idealizzato, si agitano in una continua e ossessiva ricerca dell’affetto, echeggiando la figura di Don Chisciotte e anticipando tematiche care a Cervantes. La trama si snoda attraverso una serie di equivoci e travestimenti, al centro dei quali troviamo la storia dei gemelli Viola e Sebastiano, sopravvissuti a un naufragio e separati dalle onde. Viola, assumendo l’identità di Cesario, si trova invischiata in una rete di affetti e malintesi che coinvolgono i nobili della corte della vedova Olivia. Parallelamente, la figura di Malvolio, il maggiordomo, si eleva a simbolo di un ordine destinato a essere sovvertito dall’irruzione dell’imprevisto e dell’inganno. Le dinamiche di potere e di desiderio si intrecciano, dando vita a un intricato balletto di personaggi che, sotto la guida di forze quasi divine – gli dei ex machina che, con dispettosa allegria, manipolano gli eventi – vanno incontro a svolte inaspettate, alimentando il fuoco di una commedia che si fa specchio dell’umana fragilità. La bravissima Francesca Osso (Feste), il buffone dalla saggezza velata di sarcasmo, emerge come il vero regista di questa follia collettiva. Con la sua presenza scenica e i suoi interventi puntuali, non solo sottolinea il carattere effimero e illusorio delle convenzioni sociali, ma guida lo spettatore attraverso il labirinto degli eventi, rivelando la profonda ironia e la critica sociale sottesa all’apparente leggerezza della trama. La scenografia di Paolo Di Benedetto reinventa lo spettacolo teatrale in un viaggio visivo e narrativo unico. Strutture maestose si elevano nell’ambiente teatrale, affiancate da bassorilievi di putti alati dalle dimensioni imponenti, colorati di un verde che simboleggia la malinconia amorosa al centro della narrazione. Questa visione emerge da un dialogo profondo e continuo con la regia, culminando in un’immagine finale che disorienta e affascina. Con un approccio minimalista ma incisivo, l’allestimento esalta la regia attraverso pochi elementi chiave, creando uno spazio che articolato su vari livelli, enfatizza le dinamiche sociali e personali dei personaggi. Volumi e superfici definiscono un ambiente dove ogni aspetto, dal posizionamento dei personaggi alla scelta dei colori, contribuisce a narrare una storia di amore intenso, torturato, esprimendosi attraverso un’estetica audace che cattura lo sguardo e il cuore. Il design dei costumi di Margerita Baldoni per la produzione si basa su un’interpretazione sofisticata delle corti di Orsino e Olivia, ritratte come enclavi di nobiltà moderna, distaccata e alla moda, dedita a indulgere in capricci erotici e bevute elaborate. In questo contesto di festa perenne, si muovono figure come i servi Malvolio e Maria, intrappolati in giochi di ambizione sociale e vendette giocose. Questo sfondo si tinge di due tonalità dominanti: il nero, simbolo di lutto nella corte di Olivia, e il blu, espressione di malinconia in quella di Orsino. Il giullare Feste diventa il punto di incontro di questi due mondi, incarnando la noia e il desiderio latente di entrambe le corti. Al di fuori di questi schemi cromatici si posizionano i personaggi marginalizzati dal dramma amoroso: Antonio, Andrea e Malvolio. I costumi di Viola/Sebastiano, con i loro dettagli unisex, sottolineano l’ambiguità di genere e l’attualissima riflessione sull’identità, raccontando di una donna che si maschera da uomo, esplorando i confini tra il sé e l’altro. In un allestimento che mescola modernità e decadimento, nove attori vivificano lo spazio scenico incarnando una società stratificata. Questi artisti passano da stati di inerzia a momenti di energia intensa, riflettendo il loro desiderio di cambiamento e accettazione della follia come veicolo di auto-scoperta. L’adattamento del testo da parte di Federico Bellini aggiunge attualità mantenendo la profondità dei personaggi. La decisione di Giovanni Ortoleva di assegnare il doppio ruolo di Viola e Sebastiano a Alessandro Bandini, già noto per il suo ruolo nel “Saul” del 2020, si rivela una scelta affascinante. L’uso scenico di un occhio di bue che illumina il protagonista, insieme ai nomi dei personaggi sussurrati da Feste, introduce una sovrapposizione identitaria che evoca un’interessante fluidità di genere. Questa dinamica si risolve in un finale inaspettato che celebra l’unione dei personaggi in una commistione di identità, suggerendo un’originale interpretazione della trama con un esito liberatorio e sensuale. Parallelamente, il personaggio di Maria, interpretato da una brillante Aurora Spreafico, emerge trionfante nella sua vendetta contro Malvolio, magistralmente rappresentato da Michelangelo Dalisi, conquistando non solo vendetta ma anche l’ammirazione di Sir Tobia attraverso una astuta manipolazione. Ottimo tutto il resto del cast : Giuseppe Aceto, Giovanni Drago, Anna Manella, Alberto Marcello, Edoardo Sorgente. Il pubblico ha accolto con entusiasmo gli interpreti, consacrando lo spettacolo con un successo unanime. photocredit@LucaDelPia