Roma, Teatro dell’Opera: “Salome” ritorna al Costanzi

Teatro dell’Opera di Roma – Stagione Lirica 2023/2024
SALOME
Dramma in un atto dal dramma di Oscar Wilde nella traduzione tedesca di Hedwig Lachmann

Musica di RICHARD STRAUSS
Erode  JOHN DASZAK

Erodiade  KATARINA DALAYMAN
Salome LISE LINDSTROM
Jochanaan NICHOLAS BROWNLEE
Narraboth JOEL PRIETO
Un paggio di Erodiade KARINA KHERUNTS
Primo ebreo MICHAEL J. SCOTT
Secondo ebreo CHRISTOPHER LEMMINGS
Terzo ebreo MARCELLO NARDIS

Quarto ebreo EDUARDO NIAVE*
Quinto ebreo/secondo soldato EDWIN KAYE

Primo nazareno/primo soldato ZACHARY ALTMAN
Secondo nazareno NICOLA STRANIERO*
Un uomo di Cappadocia   ALESSANDRO GUERZONI
Uno schiavo GIUSEPPE RUGGIERO
*dal progetto Fabbrica Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma
Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma

Direttore Marc Albrecht
Regia Barrie Kosky
Scene e Costumi Katrin Lea Tag
Luci Joachim Klein
Drammaturgia Zsolt Horpacsy
regia ripresa da Tamara Heimbrock
Allestimento Oper Frankfurt

Roma, 07 marzo 2024
Assente dalle scene dell’Opera di Roma dal 2007, Salome di Richard Strauss torna con un allestimento del regista Barrie Kosky già presentato con successo a Francoforte nel 2020 e la direzione del maestro Marc Albrecht. L’idea che sembra essere alla base di questa lettura è quella di raccontare l’opera dal punto di vista della protagonista e non da quello maschile o da quello più ampio della vicenda nel suo insieme. Il personaggio diviene una sorta di donna-bambina volitiva, crudele, perversa, distruttiva e capricciosa innamorata della fisicità di Jochanaan e non più una ragazza corrotta dalla dissolutezza dei potenti. Lo spettacolo si svolge in un ambiente buio e totalmente privo di arredi dove in un nero morbido e non riflettente i vari personaggi prendono vita grazie ad un sapiente gioco di fasci di luce che li rende reali nel momento a loro destinato per poi tornare a farli sparire nell’oscurità dell’indefinito. I costumi sono contemporanei ma definiscono adeguatamente le caratteristiche di ciascuno. Nessun riferimento alla ambientazione biblica è percettibile e forse proprio questa atemporalità e questo minor spazio lasciato alla parte visiva rendono più evidente il testo e più inquietante per il pubblico l’elaborazione della vicenda. Un po’ come se ciascuno spettatore fosse invitato a scendere nelle tenebre del ricordo del proprio lato perverso e della propria distruttività in un viaggio nel proprio vissuto. Unico momento affidato alla crudezza delle immagini è quello del monologo finale con la testa di Jochanaan oscillante sul palcoscenico e grondante sangue. Qui però il gioco ordito dal regista è parso un po’ troppo esplicitamente esibito e tale, nell’orrore realistico della visione, da relegare in secondo piano l’espressività della musica e del testo. Ottimo, visto l’impianto dello spettacolo, è stato il lavoro dei tecnici dell’illuminazione del teatro nel seguire i vari personaggi e nel farli vivere o repentinamente scomparire. Splendida è stata la direzione del maestro Marc Albrecht grande conoscitore di questo repertorio ed estimatore della Salome in particolare. Oltre ad avere un evidente e sicuro dominio tecnico della difficile partitura ha mostrato una ampia e raffinata varietà di colori, usando e fondendo al meglio le potenzialità espressive delle varie sezioni dell’orchestra. E veniamo agli interpreti vocali della serata. Nel ruolo eponimo il soprano Lise Lindstrom ha esibito una notevole tenuta scenica e vocale con un registro acuto sicuro, sonoro e mai gridato cogliendo un meritato successo. Ottimi pure sul piano vocale, musicale e scenico John Daszak e Katarina Dalayman rispettivamente Erode ed Erodiade. E così pure ben risolto è stato il Narraboth del tenore Joel Prieto. Infine, assai bravo soprattutto sul piano di una vocalità caratterizzata da un volume notevole unita ad un bel timbro omogeneo e ad una dizione assai ben articolata è stato il baritono Nicholas Brownlee nella parte di Jochanaan. Tutti su un piano di ottima professionalità gli interpreti delle numerose parti minori che hanno mostrato di superare con apparente semplicità le difficoltà musicali delle loro brevi parti. Alla fine qualche contestazione a nostro parere ingiustificata all’indirizzo del regista ed applausi intensi e meritati ma verrebbe da dire meditativi per tutti gli interpreti di quest’opera la cui visione e ascolto sono stati in grado di destare imbarazzi ed inquietudini nel pubblico secondo le intenzioni dell’autore e del regista.