Milano, Teatro Elfo-Puccini: “Edipo re – Una favola nera”

Milano, Teatro Elfo Puccini, Stagione 2023/24
EDIPO RE – UNA FAVOLA NERA”
uno spettacolo di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia
Edipo VINCENZO GRASSI
Giocasta/Voce/Coro MAURO LAMANTIA
Laio/Sfinge/Tiresia/Pastore/Voce/Coro FERDINANDO BRUNI
Creonte/Manto/Messaggero/Voce/Coro EDOARDO BARBONE
costumi di Antonio Marras realizzati da Elena Rossi e Ortensia Mazzei
maschere di Elena Rossi
luci di Nando Frigerio
suono di Giuseppe Marzoli
P
roduzione Teatro dell’Elfo con il contributo di NEXT- laboratorio delle idee per la produzione e la distribuzione dello spettacolo dal vivo, Regione Lombardia e Fondazione Cariplo
Milano, 12 marzo 2024
Si parta da una considerazione chiara: non si fa mai abbastanza teatro antico, nemmeno nelle sue rielaborazioni moderne e contemporanee. Per questo qualunque riproposizione porta in sé un buon proposito che si spera venga mantenuto nella realizzazione dell’opera – e senza alcun dubbio questo “Edipo Re – Una favola nera” non può che assestarsi su una produzione di livello alto, trattandosi di una produzione dell’Elfo di Milano. Lo spettacolo è infatti godibile, con momenti più coinvolgenti di altri, ma comunque un ritmo serrato che probabilmente non ci si aspetterebbe dalla tragedia greca: infatti si ottiene fondamentalmente non portando in scena una tragedia greca, ma frammenti di sue rielaborazioni (da Seneca, Dryden, Cocteau e Berkoff, tra le più riconoscibili) cuciti insieme in un disegno unitario di stampo laboratoriale, con gli interpreti che impersonano vari ruoli, usano maschere, modificano voci e gestualità, il tutto immerso in un generale “arcaico steampunk”, che mescola periodi e stili nel nome dell’originarietà, del graffio, dello strappo, del vagito iniziale della civiltà. Tutto bello, tutti bravi gli interpreti, ma nulla di nuovo, né di sorprendente: la stessa struttura patchwork del testo ne tradisce la difficoltà di approfondimento, del personaggio come del testo; siamo di fronte a una specie di saggio di lusso sul mito di Edipo che, contemporaneamente, diviene un saggio di teatro – dalla tragedia nera romana, fino all’in-yer-face postcoloniale, passando dalla heroic tragedy della Restaurazione e dal dramma borghese esistenzialista. Francamente ci saremmo aspettati qualcosa di più da Bruni e Frongia, che qui sono più dei burattinai che degli effettivi registi; Ferdinando Bruni è poi anche interprete ancora freschissimo, fascinoso e ammaliante: la sua sfinge berkoffiana è più parente del leone de “Il mago di Oz” che un mostro vero e proprio, e per questo sa conquistarci; forse l’unico altro attore che sa mettersi in luce in questo turbinar di scene è Mauro Lamantia, che costruisce una Giocasta lacerata, soffertissima, eppure fermamente convinta a non lasciarsi condizionare da quel pensiero condiviso che chiamano “verità” – per lo più mutuata dalla “Machine Enfernale” di Coteau. Vincenzo Grassi invece è esattamente come ci aspetteremmo un Edipo in un contesto come questo spettacolo – ossia mezzo nudo e poco convincente, poiché tutto preso a recitare, a farci vedere che il suo Edipo di Seneca è diverso da quello di Dryden. La scena è invece parecchio interessante, funzionale ma anche impositrice di un’estetica chiarissima, una specie di parco-giochi dei primordi dell’umanità in cui i personaggi si muovono consapevoli del loro effimero; i costumi di Antonio Marras sono senz’altro un tocco di classe, e sembrano influenzare l’intero impianto scenico – le maschere di Elena Rossi sono del tutto ad essi complementari: non ci sembra possibile immaginare gli uni senza le altre. Belli ed evocativi i giochi di luci e proiezioni curati da Nando Frigerio, un ricamo sonoro efficace e puntuale quello fornito da Giuseppe Marzoli. Si replica a Milano fino al 29/03, a conclusione della seconda tournée. Foto Lorenzo Palmieri e Sara Deidda