Al Teatro Petrarca di Arezzo il recital del pianista Grigory Sokolov

Fondazione Guido d’Arezzo sezione teatri: Stagione Concertistica aretina 2023- 2024
Pianista Grigory Sokolov
Johann Sebastian Bach: Vier Duette, BWV 802-805, Partita II in do minore, BWV 826;  Fryderyk Chopin: 4 Mazurche op. 30 e 3 Mazurcas op. 50; Robert Schumann: (Waldszenen), op. 82: Eintritt, Jäger auf der Lauer, Einsame Blumen, Verrufene Stelle, Freundliche Landschaft, Herberge, Vogel als Prophet, Jagdlied, Abschied
Arezzo, 26 marzo 2024
Vedere il Teatro Petrarca di Arezzo gremito di spettatori oltre che annunciare un grande evento rappresentava il primo e attesissimo recital pianistico di Grigory Sokolov nella città toscana. Si è trattato di un concerto, all’interno della fortunata serie di iniziative promosse dalla Fondazione Guido d’Arezzo e dal Comune che, per le sue caratteristiche, oltre a rimanere nella memoria dei presenti, è destinato a far parlare a lungo di sé. Intanto piace sottolineare la generosità del pianista nell’offrire ben sei fuori programma, tanto che, in sostanza, è come aver assistito a due concerti nella stessa serata. Dopo un breve saluto da parte del direttore della Fondazione Lorenzo Cinatti e del direttore artistico Giovanni Andrea Zanon la ‘parola’ è passata al pubblico osannante che ‘accompagnava’ via via le interpretazioni del maestro con lunghi e calorosi applausi, in alcuni casi anche scanditi omoritmicamente, così da poterli immaginare, in una percezione complessiva, parte integrante dell’esecuzione, assolvendo il compito di refrain. Ascoltare Sokolov nella sua versatilità stilistica è stato come immaginarselo, nella prima parte, indossare l’abito dell’oratore intento a far suscitare all’ascoltatore vari stati d’animo per poi trasformarsi in autentico cantore del Romanticismo. Se con la raccolta dei Vier Duette bachiani, all’interno di una disposizione retorica, veniva presentato l’inizio (exordium) di un viaggio contrappuntistico tra fughe et alia, con la Partita II in do minore si poteva ascoltare una narrazione che per tutto il percorso (excursus) il pianista evidenziava con il rigore nell’inventio, nello stile e in una coerente prassi esecutiva. L’interprete, in ognuno dei sei movimenti della Partita, oltre a sottolineare le peculiarità di ogni singolo brano collocato nella maggior parte nell’alveo della suite (Sinfonia, Allemande, Courante, Sarabande, Rondeaux, Capriccio), sembrava offrire un autentico florilegium di caratteri, tonalità e colori in cui, pensando alla destinazione per Clavierübung, a tratti lo strumento a tastiera rimandava alla varietà dei registri dell’organo ricordando il sommo poeta con le «Diverse voci fanno dolci note». Conclusa la prima parte il solista ha abbandonato il ruolo di ieratico oratore trasformandosi in autentico Wanderer e, più esattamente, in un ‘viandante’ dello spirito pur di avvicinarsi il più possibile alle intenzioni dei compositori. Ecco allora che se con le Mazurche di Chopin (op. 30 e 50) l’ascoltatore poteva accostarsi ad un fugace ed intimo lirismo in cui il melos, spesso sostenuto da una ricca tavolozza armonica, non risparmiava emozioni, con le Waldszenen di Schumann sembrava intraprendere un viaggio insieme all’interprete. Illuminati dalla sua brillante interpretazione si potevano incontrare personaggi, paesaggi, scene di una natura talmente vivifica al punto da poter immaginare il suo stesso cammino interiore alla ricerca della verità nascosta in spartiti colmi di una bellezza indefinibile. Si è potuto ascoltare uno Chopin ispirato dalla sua terra natìa, interpretato con sobrietà e senza troppi rubati, ma con un’attenzione al suono e un rigore che sottolineava l’essenza di ogni brano, mentre per i quadretti schumanniani Sokolov ha mostrato i vari momenti bucolici raggiungendo alte vette interpretative come ad esempio nel Vogel als Prophet o nell’incantevole Abschied. Il silenzio del pubblico era talmente eloquente per ogni serie di brani che lo stesso maestro, consapevole della mutevolezza ed eterogenea percezione dei presenti, non si risparmiava ad effondere una messe di indefiniti sentimenti. Il concerto, come da previsione, si è rivelato un autentico trionfo al quale va aggiunto anche il merito di aver fatto conoscere al grande pubblico, più in particolare, brani come i Vier Duette in genere di raro ascolto nelle proposte concertistiche. Come già dichiarato inizialmente i sei fuori programma hanno tenuto felicemente inchiodato il pubblico di fronte ad una specie di silloge musicale basata sulla varietà stilistica. È bastato l’inizio de Les Sauvages, tratto da Les Indes Galantes di Jean-Philippe Rameau, per rimanere incantati e stregati sia dall’impulso ritmico che dalla stessa melodia ‘infarcita’ da numerosi e rapidi abbellimenti immaginando le mani del pianista simili a quelle di uno scrupoloso cesellatore. Con gli altri brani è stato come ascoltare un iter che includeva l’antico e il romantico con brani di Purcell o con il celeberrimo Preludio n. 15 op. 28 di Chopin più conosciuto come La goccia d’acqua, finché il desiderio di approdare in un porto sicuro ha ricondotto a Bach, con l’etereo Preludio in Si minore rivisto da Alexander Siloti ove, ancora una volta, il grande interprete riusciva a far trattenere il respiro del pubblico che per un attimo trovava appagamento in un unisono di pace con se stessi e con l’universo.  ©fondazioneguidodarezzo_ph:Schinco