Roma, Scuderie del Quirinale: “Napoli Ottocento. Dal sublime alla materia” infiamma Roma

Roma, Scuderie del Quirinale
NAPOLI OTTOCENTO. DAL SUBLIME ALLA MATERIA
“Parto. Non dimenticherò né la via Toledo né tutti gli altri quartieri di Napoli; ai miei occhi è, senza nessun paragone, la città più bella dell’universo” (
Stendhal)
La mostra “Napoli Ottocento”, ospitata presso le Scuderie del Quirinale a Roma, si propone come un tributo alla vibrante città di Napoli, focalizzandosi sulla sua ricca eredità artistica che ha attratto eminenti artisti da tutto il mondo. Questa straordinaria esposizione esplora la diversità e la profondità del panorama artistico napoletano, presentando le opere di celebri artisti come Constantin Hansen, Simon Denis, Ludwig Catel e William Turner, oltre ai rappresentanti del naturalismo di Posillipo, Portici e Resina quali Antonio van Pitloo, Giuseppe De Nittis, e i fratelli Gigante, Teodoro Duclère e Salvatore Fergola. Un ruolo di spicco è attribuito anche a Edgar Degas, il quale, pur essendo strettamente legato al realismo e avendo origini napoletane da parte di padre, declinava l’etichetta di impressionista. L’esibizione si arricchisce di reperti vulcanici dal Real Museo Mineralogico dell’Università di Napoli Federico II e di installazioni multimediali che immergono i visitatori nella sublime bellezza dei paesaggi campani e nella drammatica storia eruttiva del Vesuvio. Nell’ambito dell’estetica classica, il Sublime rappresenta l’indagine sul legame tra fenomeni esterni e i loro effetti sull’essere umano, mirando a evidenziare come l’arte possa evocare intense reazioni emotive. Questo concetto, vivamente rielaborato dal Romanticismo nel XIX secolo, trova nel Vesuvio un emblematico soggetto di rappresentazione: la montagna diviene l’epitome dell’estremizzazione dei sentimenti umani, un crogiolo di terrore, impetuosità, bellezza pittorica, demonicità e eroismo, attraverso le immagini di fuoco, fiamme e la forza distruttiva della natura. Il Vesuvio, con la sua maestosa presenza sopra il golfo di Napoli, ha ispirato generazioni di artisti e scrittori, trasformandosi in un simbolo, seppure stereotipato, di una tradizione che intreccia storie, mitologie e leggende millenarie. L’esposizione “Napoli Ottocento” alle Scuderie del Quirinale rende omaggio a questa tradizione, dove già nelle prime sale si percepisce l’eco del rombo vulcanico. Attraverso un sapiente uso di luci rosse e calde, l’esibizione evoca il movimento del flusso piroclastico e del magma, mentre le tonalità sgargianti di verde e azzurro richiamano la natura selvaggia e il mare che, emergendo dal caos distruttivo, dominano il paesaggio napoletano. Durante il periodo del Grand Tour, Napoli emergeva come una delle destinazioni privilegiate dagli esploratori europei, attratti non solo dalle meraviglie naturali e culturali della città ma anche dal suo particolare clima artistico e dalla vivacità del suo ambiente intellettuale. Fra i viaggiatori, numerosi pittori si recavano a Napoli, attratti dalla ricerca di paesaggi unici, dall’incanto del mare e da una luce eccezionale che trasformava incessantemente la percezione visiva e l’essenza stessa degli elementi da catturare su tela. Nei primi decenni del diciannovesimo secolo, la capitale del Regno delle Due Sicilie esercitava un fascino particolare su intellettuali e artisti, grazie alla straordinaria bellezza del suo golfo e al richiamo di una civiltà antica, recentemente riscoperta attraverso un’impressionante quantità di reperti archeologici. Questo contesto culturale e naturale, arricchito dalla vivacità e dall’esuberanza dello spirito partenopeo, offriva uno scenario unico, che continuava a sorprendere e ispirare giorno dopo giorno. Napoli si confermava una tappa essenziale nel percorso del neoclassicismo e attirava l’attenzione di paesaggisti romantici, da Turner a Corot. Oltre a questi nomi celebri, un’ampia gamma di artisti provenienti da tutta Europa era affascinata dalla potente luminosità del luogo. La città ispirava un paesaggismo che, pur attingendo alla tradizione settecentesca napoletana e alle lezioni di Salvator Rosa e di Micco Spadaro, si arricchiva di nuovi motivi pittoreschi, creando una visione romantica del paesaggio. In questo vivace contesto artistico, spicca la figura di Antonio Sminck van Pitloo, pittore olandese naturalizzato napoletano, che insegnò ai suoi contemporanei l’arte di rappresentare il paesaggio in modo veritiero. Van Pitloo, con la sua eclettica capacità di interpretare il paesaggio, influenzò profondamente la scena artistica napoletana, anticipando alcuni dei principali sviluppi dell’arte europea e contribuendo all’evoluzione del Romanticismo verso forme espressive più libere e suggestive. La scuola di Posillipo, ironicamente denominata così dai contemporanei, e l’influenza esercitata da artisti come Giacinto Gigante, riflettono l’atmosfera stilistica unica che caratterizzava Napoli in quel periodo. Questa corrente artistica continuò a evolversi anche dopo l’Unità d’Italia, quando Napoli, nonostante avesse perso il suo ruolo di capitale europea, rimase un importante centro culturale, capace di influenzare il panorama artistico internazionale. La trasformazione della città in un centro provinciale sotto i Savoia non diminuì il suo dinamismo culturale. Artisti come Morelli, Michetti, Migliaro e Dalbono, con i loro imitatori, crearono opere che combinavano realismo e una rappresentazione vivace e colorata della vita popolare, contribuendo alla creazione di un’immagine di Napoli sia affascinante che contraddittoria, oscillante tra l’idilliaco e il critico. A Napoli, una città di contrasti e bellezza senza tempo, si è assistito a un fenomeno culturale  unico: una vivace pittura, ricca di colori brillanti, ha trovato terreno fertile sia nelle dimore aristocratiche che nelle umili abitazioni del popolino. Questo linguaggio visivo, capace di unire classi sociali diverse con la stessa intensità emotiva con cui la canzone napoletana, tra pathos e retorica, ha conquistato cuori oltre i confini nazionali, riflette un’epoca in cui il mito di un’armonia perduta permeava l’immaginario collettivo. L’allestimento della mostra alle Scuderie del Quirinale rivela un’armonia che distingue l’esposizione, con un primo piano denso di opere che spiccano sia per fama che per la loro capacità di catturare l’attenzione, e un secondo piano caratterizzato da un’atmosfera più sobria e raffinata. Qui, l’approccio è meno celebrativo, invitando a una lettura più intima e di nicchia delle opere, con un occhio attento alla contemporaneità. Il percorso espositivo si distingue per la sua ricchezza e per l’uso intelligente di supporti mediatici, offrendo un dialogo tra diverse forme d’arte come pittura, bronzi e ceramiche. Il secondo piano, in particolare, propone un’esperienza armonica e meno intricata, introducendo tematiche contemporanee in modo sottile e ponderato. Le luci danzano, avvolgendo l’ambiente in un abbraccio luminoso, mentre i colori scelti con cura si mescolano armoniosamente, creando un’atmosfera vibrante e accattivante. Una mostra da non perdere.