Venezia, Teato La Fenice, Stagione Sinfonica 2023-2024
Orchestra del Teatro La Fenice
Direttore Hartmut Haenchen
Anton Bruckner:Sinfonia n. 4 in mi bemolle maggiore “Romantica” (Seconda versione 1878-1880, revisione Korstvedt)
In occasione del 200° anniversario della nascita di Anton Bruckner
Venezia, 17 febbraio 2024
Un rilievo particolare viene assegnato, nell’ambito della presente Stagione Sinfonica del Teatro La Fenice ad Anton Bruckner, in occasione del 200° anniversario della nascita: all’esecuzione della Quarta Sinfonia, in programma nel concerto di cui ci occupiamo, farà seguito, nel concerto successivo, quella della monumentale Ottava. Giusto riconoscimento a un compositore – insopprimibile tramite tra Wagner e Mahler, oltre che personalità di spicco, insieme al coevo Brahms, nella fase conclusiva del tardo-romanticismo musicale –, che per molti anni – almeno in Italia – è stato valutato con scetticismo, nonché tacciato di intellettualismo, e che solo da qualche decennio sta conoscendo l’apprezzamento di un pubblico sempre più vasto. Ma un’élite di intellettuali come Luchino Visconti – che utilizzò la Settima Sinfonia come colonna sonora in Senso (1954) – , Sergio Martinotti – cui si deve un saggio sul compositore austriaco, con prefazione di Luigi Rognoni (1973) – e pochi altri ne compresero la grandezza fin dagli anni Cinquanta del Novecento.
La Quarta sinfonia, che l’autore stesso volle indicare come “Romantica”, costituisce uno dei titoli più famosi di Bruckner, un compositore passato alla storia anche per il suo incessante sforzo di perfezionare le proprie partiture, sottoponendole – con una frequenza che rasenta il parossismo – a un numero “esagerato” revisioni, così da rendere piuttosto arduo individuare per molte di esse una versione di riferimento: un destino cui non sfuggì neanche la Sinfonia n. 4. Fortunatamente la nuova edizione critica della seconda versione, realizzata da Benjamin Korstvedt, mettendo a confronto tutte le fonti manoscritte disponibili, rappresenta un contributo fondamentale a fare chiarezza su un capolavoro ben noto agli appassionati di musica, ma che per gli studiosi ha costituito per anni una “vexata quaestio”. Tale edizione ripristina, tra l’altro, il Finale – più volte riscritto, in quanto ritenuto da Bruckner debole sul piano costruttivo –, così come fu proposto, nella prima esecuzione assoluta della sinfonia, il 20 febbraio 1881, con Hans Richter sul podio dei Wiener Philarmoniker.
Nonostante la sua travagliata genesi, la Quarta Sinfonia incontrò subito il favore del pubblico, se non altro per l’innegabile fascino che emana il carattere romantico della partitura. Un carattere che l’autore stesso esplicitò, grazie ad alcune indicazioni programmatiche, con cui intendeva aiutare l’ascoltatore a immergersi totalmente in questa musica, che è anche un vasto affresco sonoro. In questo la rappresentazione di una città medievale all’alba – tra segnali di sveglia delle trombe e il galoppare di un gruppo di cavalieri, che si precipitano fuori dalle mura – si coniuga alla magica evocazione della natura incontaminata, così cara alla sensibilità ottocentesca; il tutto introdotto, nelle prime battute, dal richiamo del corno, strumento boschivo per eccellenza, che intona un motivo – modellato sull’intervallo di quinta e quello di sesta minore –, dal quale germina gran parte del materiale tematico dell’intera sinfonia.
Una grande esecuzione del capolavoro bruckneriano è stata offerta da Hartmut Haenchen, che ha guidato con mano sicura e chiarezza di intenti l’Orchestra del Teatro La Fenice, confermatasi ancora una volta una compagine che nulla ha da invidiare ad analoghe formazioni a livello internazionale, anche quando si cimenta in un repertorio, un tempo ritenuto prerogativa pressoché esclusiva delle maggiori orchestre d’oltralpe. Tutte le sezioni orchestrali hanno brillato nel movimento iniziale, che rivela tre gruppi tematici: il primo aperto con eleganza di suono e d’accento, sul tremolo in pianissimo degli archi, dall’appena citato assolo del corno; il secondo corrispondente a un episodio naturalistico, in cui si soni imposti i violini nell’imitare il verso della cinciallegra e le viole nell’esprimere la felicità che nasce dall’ascoltare le voci della natura; il terzo caratterizzato da un motivo discendente di fanfara, basato sul tipico schema ritmico bruckneriano, che unisce un metro binario a uno ternario (2+3 o 3+2). Dopo il breve sviluppo, la coda si è degnamente conclusa con la riproposizione del tema d’esordio. Gli interventi degli archi – in particolare la scansione ritmica di violini e viole sul lamento dei violoncelli; un corale dell’intera sezione con armonie modali; un lungo tema delle viole, derivato da quello dei violoncelli – hanno primeggiato nell’Andante, che è una sorta di marcia funebre, la cui ripresa è, nel tempo lento, un passaggio che accumula la tensione verso il punto culminante, un trionfale accordo di do maggiore. Nello Scherzo suggestivi richiami dei corni e incalzanti fanfare – sempre più insistenti e in crescendo ad esprimere l’avvicinarsi dei cacciatori – hanno ceduto al ritmo danzante del Trio con la sua melodia popolare austriaca, per poi riprendere con vigore. Imponente il Finale che si basa su reminiscenze tematiche del primo tempo. Immerso inizialmente in un’atmosfera sospesa, il movimento è cresciuto d’intensità sfociando, in un fortissimo dell’intera orchestra all’unisono. È seguito un richiamo al motivo iniziale del primo movimento, prima che uno sviluppo di proporzioni vastissime, ripresentasse le singole cellule motiviche nelle fogge più varie in un alternarsi di esplosioni sonore, suadenti figurazioni dei violini e ardite sospensioni della tonalità. Dopo la ricomparsa del tema dell’Andante, al quale si intrecciavano un poderoso corale e un grazioso motivo di carattere popolare, si è giunti alla coda conclusiva, in cui tutti gli ottoni hanno ripreso il motivo di quinta discendente, affidato in origine al corno solo, unendo così i due estremi dell’intera sinfonia. Applausi ed ovazioni, a fine serata, per il Direttore e l’Orchestra.