Torino, Teatro Regio, Stagione d’Opera 2023-24.
“DON PASQUALE”
Dramma buffo in tre atti. Libretto di Giovanni Ruffini e Gaetano Donizetti.
Musica di Gaetano Donizetti
Don Pasquale LUCIO GALLO
Norina FRANCESCA PIA VITALE
Ernesto MATTEO FALCIER
Dottor Malatesta VINCENZO NIZZARDO
Un Notaro FRANCO RIZZO
Orchestra e Coro del Teatro Regio di Torino
Direttore d’orchestra Alessandro De Marchi
Maestro del Coro Ulisse Trabacchin
Regia Ugo Gregoretti ripresa della regia Riccardino Massa
Scene e Costumi Eugenio Guglielminetti
Movimenti Mimici Anna Maria Bruzzese
Luci Vladi Spigarolo
Allestimento Teatro Regio Torino.
Torino, 28 gennaio 2024
Lo spettacolo di Gregoretti, creato nel febbraio del 1988, fortunatamente conservato nei magazzini di Settimo Torinese, si affaccia per la quinta volta in una stagione del Teatro Regio e ottiene ancora successo e apprezzamento dal pubblico. Non si mostra datato, seppur l’idea originaria sia comunque non corretto trattandosi di uno svolgimento domestico, da salotto, viene impropriamente trasferito all’aperto, in strade e piazze di Roma, sulla riva di un canale sormontato da un ponte e navigato da un’elegante zattera a remi, come fosse una gondola, a Venezia. La scena in bianco-nero, di Eugenio Guglielminetti, ispirata al Piranesi. Sempre di Guglielminetti i variegati e colorati costumi. Le luci di Vladi Spigarolo illuminano e rendono ben omogeneo e distinto quanto si vede; i Movimenti Mimici a cura di Anna Maria Bruzzese paiono, a tutti gli effetti, armonici e ben distribuiti; altrettanto ben eseguita la ripresa registica di Riccardino Massa che non fa rimpiangere la forzata assenza di Ugo Gregoretti. Sul palco Lucio Gallo è un punto di forza indiscutibile. Gli anni di pratica di palcoscenico ne hanno fatto un attore smaliziato e carismatico. I suoi recitativi sono sempre precisi e coinvolgenti. Conosce trucchi e astuzie per rendere il sillabato impressionante e divertente. Il canto ha buona fermezza e regge in modo convincente anche il fraseggio disteso. Si sente e si vede che Falstaff è nelle sue corde, la lettura della lista delle spese di Norina fa il paro con quella di Falstaff alla Giarrettiera. Così come al Falstaff, post bagno nel Tamigi, riporta l’abbandono quasi immediato del piagnucolio patetico conseguente allo schiaffo di Norina. Nessun patetismo, e qui ci si mette anche De Marchi, non c’è tempo per piangersi addosso, il ricupero dell’innata arroganza condita da una buona dose di protervia è, con Lucio Gallo, immediato. Pare dirsi: se con Norina non è andata, un’altra occasione, meno impegnativa e soprattutto meno dispendiosa, si ripresenterà di certo al più presto. Degno contraltare Don Pasquale è l’elettrizzante Norina di Francesca Pia Vitale che gioca al meglio il suo ruolo con la figura e col canto. Adeguato il timbro di soprano brillante ma non querulo. Si destreggia bene sia con le agilità in zona acuta che con il fraseggio disteso, esibisce infatti centri rotondi e ben sostenuti che possono far prevedere imminenti ruoli di eroine del belcanto. La cavatina d’entrata risulta frizzante e gustosa. Nei duetti e nei concertati è sempre sonoramente presente e svettante. Sul palco si muove ed agisce con la sicurezza di una protagonista, le è di aiuto una bella figura, adattissima al ruolo. Matteo Falcier, è un Ernesto accorato e amoroso al punto giusto. Sicuramente non ha l’esperienza di palcoscenico di Gallo ma non per questo è meno efficace: il bel timbro e la buona tecnica sono apprezzati dal pubblico. La parte, che lo costringe a cantare nella zona di passaggio e in acuto, è sicuramente una delle palestre più ardue da affrontare per il tenore. Sovente canta è sollecitato in acuto più Norina (“Tornami a dir che m’ami”), e Falcier ne esce ottimamente grazie a una emissione controllata che coniuga lirismo alla grazia. I si bemolle acuti di cui è disseminato la sua scrittura suonano facili e naturali, per cui non si vede la necessità di introdurre un forzato RE sovracuto, peraltro fuori ordinanza seppur di tradizione, al termine della cabaletta del secondo atto. Vincenzo Nizzardo è un Dottor Malatesta robusto e sonoro. Il timbro e il piglio non propriamente raffinati ne fanno più un simpatico compagnone di bevute che un furbastro tessitore di intrighi matrimoniali. Nella sua aria “Bella siccome un angelo …” pare un po’ un rozzo Dulcamara che, in luogo della magica pozione, debba piazzare e sistemare una sorella. È un approccio che, per volontà o per necessità, porta al bando di finezze e sfumature. Le vesti del Notaio, a cui la parte riserva poche battute, pur essenziali alla vicenda, sono state eccellentemente indossate da un efficace . Al Coro la partitura riserva due parentesi di grande vivacità, l’interpretazione del Coro del Teatro Regio di Torino, che ha come nuova guida il giovane Maestro Ulisse Trabacchin, è stata efficace e brillante. La Regia ha poi affidato al coro gran parte del tramestio e della voluta confusione in scena e ha trasformato così i coristi in smaliziate comparse. Fondamentale per il successo dello spettacolo è stata la straordinaria Orchestra del Teatro Regio di Torino, sotto la folgorante direzione di Alessandro De Marchi. La buca non solo ha accompagnato l’azione ma ne è stato sempre il fulcro e il propulsore. Scattante, attenta, nervosa e coinvolgente. De Marchi, già leader della prestigiosa Accademia Montis Regalis e del Festival di Musica Antica di Innsbruck, non sale sovente sul podio del Regio ma, ogni volta che ciò avviene, ci offre esecuzioni memorabili. Incanta il gran senso del teatro di cui traboccano le sue recite, qui vale citare un esempio concreto della serata: il finale del duetto dello scilinguagnolo tra Malatesta e Pasquale è normalmente un successo, con un assoluto tempismo musicale e teatrale, De Marchi ne ha imposto una breve ripresa delle ultime battute, a guisa di bis, la platea ha reagito sommergendo il teatro con una valanga di applausi e di sonore approvazioni. Lo spettacolo pomeridiano, di domenica, è per tradizione, da sempre, l’occasione per l’opera dei frequentatori provenienti in pullman da fuori città, da cui è scontato un reale tutto esaurito che, per l’occasione, è stato pure sigillato con un grande entusiasmo e conseguente felice e pieno successo. Foto Andrea Macchia