Roma, Teatro Vascello
PINOCCHIO di Collodi
Adattamento e regia Maria Grazia Cipriani
Scene e costumi Graziano Gregori
Attori Giandomenico Cupaiuolo, Elsa Bossi, Giacomo Pecchia, Giacomo Vezzani, Nicolò Belliti, Carlo Gambaro, Ian Gualdani, Filippo Beltrami
Suoni Hubert Westkemper
Luci Angelo Linzalata
Foto di scena Filippo Brancoli Pantera
produzione compagnia Teatro Del Carretto
Roma, 08 Febbraio 2024
“Le Avventure di Pinocchio” vede la luce come racconto seriale sul giornale per ragazzi nel 1881, con una conclusione drammatica al quindicesimo capitolo, con l’impiccagione del burattino da parte della losca coppia di truffatori, il Gatto e la Volpe. Tuttavia, la richiesta fervente dei giovani lettori affinché Pinocchio tornasse in vita ha condotto alla ripresa della pubblicazione, portando alla forma finale nota nel gennaio 1883 con il trentacinquesimo capitolo. Quest’opera, nata in Toscana in un periodo di povertà post-unitaria, si distingue per essere un testo educativo e formativo per i bambini, ma sorprendentemente anche un’opera apprezzata dagli adulti. Scritta in un linguaggio quotidiano e distante dall’eloquenza poetica, rappresenta una critica partecipe e libertaria della società circostante da parte dell’autore. Pinocchio, il burattino o ragazzo burattino protagonista, incarna l’irrequietezza e l’eterna fame, riflesso delle condizioni di vita dell’epoca, in cui la fame era una realtà pervasiva. Come molti personaggi letterari, Pinocchio ha tratti vagamente autobiografici per l’autore, che come Flaubert con “Madame Bovary”, potrebbe aver pensato “Pinocchio sono io”. Carlo Collodi, nato in una famiglia modesta e primogenito di una numerosa prole, con un padre cuoco e una madre sarta, può aver tratto ispirazione dalla nostalgia per la figura materna nella scelta del cognome Collodi, derivato dal villaggio della madre anziché dal paterno Lorenzini. Partendo dall’esperienza personale di ascolto di “O mio babbino caro” dal Gianni Schicchi di Puccini, interpretata magistralmente da Maria Callas, la regia di Maria Grazia Cipriani ha trovato l’ispirazione per il suo adattamento di Pinocchio. Questo brano, il leitmotiv all’interno dello spettacolo, si rivela la chiave narrativa, poiché rappresenta la ricerca di un’assenza. L’unica traccia tangibile di Geppetto sul palco è una giacca, toccata e sfiorata dal burattino. Pinocchio, desideroso di affetto e nutrimento, si impegna in un lavoro instancabile, sentendo l’urgente necessità di farlo per il suo “babbino“. Così, Geppetto diviene una figura paterna proiettata, sia immaginata che celeste, assumendo un ruolo archetipico. Per la regista, il cuore del lavoro teatrale risiede infatti nell’approcciare il testo con una sensibilità contemporanea, evidenziando così la pertinenza e l’attualità della storia di Pinocchio all’interno delle dinamiche familiari e relazionali più che l’approccio letterario in senso stretto conducendo lo spettatore nei recessi oscuri della mente, nei più profondi incubi, trasformando il burattino da eroe a vittima dei propri sogni e tentazioni. Pinocchio, interpretato dal sorprendente Giandomenico Cupaiolo, nel suggestivo allestimento del Teatro del Carretto, diviene per quanto detto l’emblema di un viaggio attraverso la memoria e le ansie del celebre burattino di Carlo Collodi. Nell’arena scenografica, ideata da Graziano Gregori, si svolge un perpetuo racconto delle avventure di Pinocchio, quasi una necessità di mantenere viva la memoria per sconfiggere la tendenza a mentire e ingannare se stesso e gli altri. Attraverso un suono amplificato curato da Hubert Westkemper (straordinario!) e la presenza evocativa di tutti i personaggi della favola interpretati da un cast di talento, tra cui Elsa Bossi, Giacomo Pecchia, e altri, lo spettacolo si snoda interamente nella psiche di Pinocchio. Eccetto i dialoghi con la Fatina, il racconto si svela tramite l’intensità e il talento di Giandomenico Cupaiolo, che incarna un Pinocchio vibrante di emozioni, un omaggio rispettoso al lavoro pregresso di Carmelo Bene. Il suo personaggio è un turbine in movimento perpetuo, come se cercasse disperatamente di strapparsi via da fili invisibili che lo costringono a danze prefissate. Cupaiolo dona vita a un personaggio di ampio respiro emotivo: affabile, spiritoso, ma altresì capace di mostrare tratti odiosi e crudeli, proprie della purezza infantile. L’attore si immerge completamente nell’interpretazione, varcando talvolta i confini del personaggio stesso e sacrificandosi fisicamente. La sua ossessione, la gestualità sempre impeccabile e vigorosa, sono incredibili, così come il suo sguardo e la sua eloquenza espressiva. Questo processo di catarsi supera di gran lunga la mera interpretazione, permettendo all’attore di raggiungere una dimensione in cui non è né sé stesso né il personaggio, bensì una terza entità che si materializza sulla scena. Straordinari e incredibilmente allineati sono tutti gli interpreti e mimi coinvolti. Il Teatro del Carretto, noto per la sua rigorosa ricerca estetica sui grandi testi epici e fiabeschi, dimostra una maturità invidiabile in questa rappresentazione di Pinocchio. Oltre alla consueta intensità scenica e alla gestione dell’ambiguità delle maschere, il gruppo toscano ha affinato e reso convincente il lavoro sugli attori, offrendo al pubblico una serata di teatro intelligente e maturo, una lettura contemporanea e creativa del classico di Collodi. Da non perdere. PhotoCredit@Filippo Brancoli Pantera Qui per tutte le altre date.