Roma, Teatro Palladium, Orbita/Spellbound Centro Nazionale di Produzione della Danza in collaborazione con Fondazione Musica per Roma/Festival Equilibrio 2024
“WHITE OUT”
Creazione, direzione, coreografia, scene e soundtrack Piergiorgio Milano
Performers Javier Varela Carrera, Luca Torrenzieri, Piergiorgio Milano
Design luci Bruno Teusch
Sound design Federico Dal Pozzo
Costumi Raphaël Lamy, Simona Randazzo, Piergiorgio Milano
Consulenti artistici Florent Hamon, Claudio Stellato
Roma, 21 febbraio 2024
Luci bianche rivolte verso la sala che disorientano lo spettatore, in scena tre performers sfiniti dal freddo e dalla fatica del secondo giorno di scalata. È questo l’inizio di White Out, spettacolo ideato da Piergiorgio Milano e presentato al Teatro Palladium lo scorso 21 febbraio all’interno della stagione danza di Orbita/Spellbound curata da Valentina Marini in collaborazione con Equilibrio Festival diretto da Emanuele Masi. Il coreografo e performer Piergiorgio Milano possiede un articolato background che spazia dalla danza, al circo, dal teatro alle arti marziali. I suoi progetti artistici dislocati in tutta Europa ricongiungono i diversi linguaggi usati in spettacoli dal forte impatto teatrale. Il titolo del lavoro White Out si riferisce alla sensazione di smarrimento provata dagli alpinisti quando la neve riflette a tal punto la luce del cielo da impedire l’orientamento nello spazio. Ma c’è di più. L’immagine di una tenda da montagna e le parole che da qui provengono suggeriscono un clima di sospensione, abitato da sogni e fantasmi. Le pose acrobatiche create da un interprete attraverso il movimento degli sci e gli sketch comici realizzati dai tre performers con l’aiuto di una radio trasmettono un atteggiamento di positiva spensieratezza che si contrappone ai disagi presagiti e quasi ricercati. L’esporsi di Piergiorgio Milano in canotta bianca al più penetrante gelo è in realtà simbolo di un volersi mettere a nudo di fronte a se stesso, alle proprie aspirazioni e agli scogli che ne ostacolano il compimento. Un flashback ci riporta al primo giorno di scalata, alla preparazione di imbracature e ibuprofene. Le corde avvicinano e allontanano i compagni di viaggio nella loro ricerca di estrema libertà. Per arrivare in alto si parte da semplici passi. Occorre trovare i punti più deboli della parete rocciosa, delle fessure per le mani e degli appoggi per i piedi, ma soprattutto bisogna sperare di non ritrovarsi a combattere con la forza di gravità, rischiando di morire. Scalare una montagna non è altro che abbandonarsi pienamente alla vita, spinti da un impeto di passione che non resiste ad obblighi e convenzioni sociali. Le montagne mettono paura ai più piccoli, che temono possano cadere loro addosso, ma allo stesso tempo ispirano un forte desiderio di vedere cime sempre più alte. Perché quindi scegliere una vita così pericolosa? Semplicemente per trovare se stessi. E se ci si chiede perché non sia possibile farlo nel caldo della propria casa, è solo per poter vivere la bellezza di un percorso che alla cruda realtà affianca il divertimento, l’incanto e la magia. Dopo una suggestiva danza aerea, lo rivela per ultimo il fulgore di una sfera argentata rimasta sospesa nel vuoto. Foto Giuseppe Follacchio