Teatro dell’Opera di Roma – Stagione Lirica 2023/2024
SECONDA PARTE DEL PROGETTO TRIENNALE “TRITTICO RICOMPOSTO”
GIANNI SCHICCHI
Opera in un atto
Libretto di Giovacchino Forzano
ispirato a un episodio del canto XXX della Commedia di Dante Alighieri
Musica di Giacomo Puccini
Gianni Schicchi CARLO LEPORE
Lauretta VUVU MPOFU
Zita detta la vecchia SONIA GANASSI
Rinuccio GIOVANNI SALA
Gherardo YA-CHUNG HUANG
Nella VALENTINA GARGANO
Gherardino LEONORADO GRAZIANI
Betto di Signa ROBERTO ACCURSO
Simone NICOLA ULIVIERI
Marco DANIELE TERENZI
La Ciesca EKATERINA BUACHIDZE*
Maestro Spinelloccio DOMENICO COLAIANNI
Ser Amantio di Nicolao MATTIA ROSSI*
Pinellino ALESSANDRO GUERZONI
Guccio DANIELE MASSIMI
*dal progetto Fabbrica Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma
L’HEURE ESPAGNOLE
Comédie musicale in un atto
Libretto di Franc-Nohain
Dalla propria omonima commedia
Musica di Maurice Ravel
Torquemada YA-CHUNG HUANG
Concepciòn KARINE DESHAYES
Gonzalve GIOVANNI SALA
Ramiro MARKUS WERBA
Don Inigo Gomez NICOLA ULIVIERI
Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma con la partecipazione della Scuola Corale del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Michele Mariotti
Regia e scene Ersan Mondtag
Regista collaboratore Ariane Kareev
Costumi Johanna Stenzel
Luci Sascha Zauner
Video Luis August Krawen
Drammaturgia Till Brieglab
Nuovo allestimento del Teatro dell’Opera di Roma
Roma, 07 febbraio 2024
La seconda parte del trittico pucciniano ricomposto andata in scena al Teatro dell’Opera di Roma nell’ambito di un progetto triennale era costituita dal Gianni Schicchi seguito da L’Heure Espagnole di Ravel, affidate alla direzione del maestro Michele Mariotti ed alla regia e alle scene di Ersan Mondtag acclamato regista tedesco di origini turche al suo atteso debutto in Italia. Molto attento ai temi ambientalisti e sulle discriminazioni, colloca i due atti unici in un edificio un tempo molto ricco ma ora dèlabrè sullo sfondo del quale un continuo gioco di proiezioni nella commedia di Ravel sottolinea il passare del tempo con una grafica che simpaticamente ricorda le enciclopedie per ragazzi in uso in Italia negli anni sessanta. Il tema della famiglia dovrebbe essere il filo conduttore che unisce i due atti, come era avvenuto per la prima parte del trittico vista nella scorsa stagione. In questo caso da un lato infatti c’è una folla di parenti cinici e rapaci alle prese con l‘eredità di Buoso Donati e dall’altra una moglie insoddisfatta a voler porre l’accento sulla crisi e la disgregazione della famiglia borghese. Inoltre per restare sempre fedeli alle tematiche irrinunciabili di oggi, la “gente nova” in Gianni Schicchi è probabilmente più caratterizzata dalla scelta di una Lauretta di colore che non dai modi o dal vestire del protagonista. Fin qui tutto bene o quasi, qualsiasi percorso di lettura anche se non proprio originale può presentare aspetti di interesse. Dove lo spettacolo viceversa funziona meno e soprattutto in Puccini, ma va detto sempre senza scendere mai al di sotto del livello della sufficienza, è nell’assoluta scarsa importanza data al testo di Forzano al quale è invece affidata una intensa forza espressiva tutta toscana. Gli interpreti sembrano più preoccupati di come muoversi che non di che cosa stiano dicendo. Il libretto è apparso spesso detto in modo meccanico e stereotipato con la principale preoccupazione di andare musicalmente a tempo e senza lasciare troppo spazio a quella creatività che contribuisce a rendere vivo il teatro. Se può esser vero che il risultato finale è dato da un lavoro di insieme nel quale i protagonisti devono passare in secondo piano è altrettanto certo che la storia esecutiva dello Schicchi, restando al solo Costanzi, è stata fatta da nomi che hanno lasciato una impronta non lieve nella storia del teatro e dell’interpretazione. Inoltre in diversi momenti di Gianni Schicchi il volume dell’orchestra era troppo alto e tale da impedire la comprensione delle numerose e brevi battute che vivificano la vicenda e caratterizzano i vari personaggi. Meglio è andata sotto questo profilo nell’ Heure Espagnole probabilmente favorito anche per una differente scrittura orchestrale. E veniamo brevemente ai numerosi interpreti vocali della serata. Autorevole protagonista è stato Carlo Lepore nei panni di Gianni Schicchi per ampiezza vocale e chiarezza di dizione come pure ottimi sono apparsi Nicola Ulivieri e Domenico Colaianni rispettivamente Simone e Maestro Spinelloccio. Il tenore Giovanni Sala è parso più a suo agio nei panni di Gonzalve che non in quelli di Rinuccio in diversi momenti coperto dall’orchestra. Splendido per presenza scenica e musicalità il Ramiro interpretato da Markus Werba e assolutamente efficace la Concepciòn creata da Karine Deshayes. Tutti gli altri comunque erano su un piano di più che corretta professionalità e si sono mostrati funzionali alle scelte della regia. Alla fine il pubblico ha applaudito con convinzione ma con la sensazione di essersi divertito probabilmente meno di quanto non avrebbe immaginato. Qui per le altre date.