Roma, Teatro Brancaccio: “La Divina Commedia Opera Musical”

Roma, Teatro Brancaccio
LA DIVINA COMMEDIA Opera Musical
Regia di Andrea Ortis
Dante ANTONELLO ANGIOLILLO

Virgilio ANDREA ORTIS
Beatrice MYRIAM SOMMA
Caronte, Ugolino, Cesare, San Bernardo GIPETO
Francesca, Matelda VALENTINA GULLACE
Pier delle Vigne, Arnaut Daniel ANTONIO SORRENTINO
Ulisse, Catone, Guido Guinizzelli LEONARDO DI MIMMO
Pia de’ Tolomei, La Donna SOFIA CASELLI
Voce Narrante GIANCARLO GIANNINI
Musiche Marco Frisina
Prodotto da MIC International Company
Roma,13 Febbraio 2024
Il Teatro Brancaccio di Roma ospita  uno spettacolo assai coinvolgente: “La Divina Commedia Opera Musical”, tratto dal capolavoro di Dante Alighieri e prodotto dalla Mic International Company. La regia è firmata da Andrea Ortis, che porta sul palco un cast preparato ed abbastanza eterogeneo per talento vocale e scenico. La storia ci catapulta nell’animo smarrito di Dante, che, dopo un incontro traumatico con le belve del peccato, si ritrova guidato dal suo mentore, il poeta Virgilio, in un viaggio attraverso Inferno, Purgatorio e Paradiso. Lungo il cammino, Dante affronta le sue paure e le sue incertezze, mentre Virgilio lo incita a essere coraggioso. Nel Inferno, incontriamo Paolo e Francesca, condannati per la loro passione peccaminosa, e Pier Delle Vigne, che ha rinunciato al futuro suicidandosi. Nel Purgatorio, le anime si dedicano alla preghiera e alla penitenza, tra cui spiccano Pia de’ Tolomei e i poeti Guinizzelli e Daniel. Ma il vero obiettivo del viaggio è il Paradiso, dove Dante spera di incontrare Beatrice, l’amore mai confessato. Sarà l’abbraccio con lei a dare finalmente pace al suo tormentato animo. Lo spettacolo si snoda attraverso una serie di ambientazioni sceniche curate da Gabriele Moreschi altamente suggestive, trasportando il pubblico da scenari di tormento e fuoco nella Città di Dite, alle tempeste emotive che avvolgono Francesca, fino a mari impetuosi come quello che inghiotte Ulisse, e foreste pietrificate o laghi ghiacciati che fungono da sfondo per gli incontri di Dante con Pier delle Vigne e Ugolino. Ma le scenografie da sole non bastano. Sulla scena, il dinamismo è alimentato anche dalle coreografie eseguite da un corpo di ballo di discreto livello. Le sofisticate elaborazioni grafiche multimediali e in 3D, integrate con maestria nell’opera, hanno innegabilmente contribuito a elevare il  valore estetico dello spettacolo , conferendo una dimensione suggestiva particolarmente pronunciata nei momenti più impegnativi da portare in scena, come la resa del paradiso tramite la rappresentazione di un cielo stellato. Tuttavia, è opportuno sottolineare che, sebbene costituiscano elementi di notevole impatto, l’eccessivo ricorso a tali risorse può talvolta prevalere sulla narrativa teatrale, trasformando l’esperienza complessiva in una predominante performance visiva. È pertanto auspicabile un miglioramento delle proiezioni attraverso un attento studio dell’illuminazione, al fine di mitigare il fenomeno della “proiezione sul personaggio”. Troppo spesso, ci si è accorti che Dante e Virgilio vengono oscurati dalla luce proiettata, con conseguente appiattimento della resa scenica.  Le coreografie curate da Massimiliano Volpini, predominantemente moderne e contemporanee, mantengono un legame con le radici del balletto classico, sebbene la qualità tecnica non risulti uniforme in tutti i ballerini, manifestando talvolta delle disomogeneità che possono risultare evidenti agli occhi più attenti. L’adattamento della Divina Commedia ha richiesto una raffinata sensibilità nel bilanciare i toni e le atmosfere dei diversi regni ultraterreni. Questo complesso incarico è stato affidato al talento di Monsignor Marco Frisina per il libretto musicale. Nel primo atto, il cui fulcro è l’inferno, fatta eccezione per l’intensa vicenda di Paolo e Francesca, si è assistito a un graduale crescendo musicale caratterizzato da percussioni incisive e penetranti, veicolando il messaggio struggente delle anime dannate e la disperazione di Dante che si aggira tra i vari gironi. Nel passaggio al purgatorio, si è notata una significativa attenuazione dell’intensità, con una transizione fluida resa possibile anche dal racconto di Catone che fungeva da raccordo. Purgatorio e Paradiso, uniti nel secondo atto, sono stati concepiti come una progressione coesa, con un rapido crescendo che spinge verso l’epilogo finale in Paradiso. Tuttavia, è un peccato che, per esigenze di sintesi, le due dimensioni siano state amalgamate, con il monologo di Virgilio e l’arrivo di Beatrice a fungere da connettivo, nonostante la loro distinta natura. Nella messa in scena di Dante, curata da Andrea Ortis, emerge una varietà di linguaggi comunicativi che arricchiscono il percorso del protagonista. Il Dante Viaggiatore, interpretato con maestria dalla voce fuori campo di  Giancarlo Giannini, diventa la materializzazione scenica della voce interiore del poeta, incarnando la sua maturità artistica e spirituale. Giannini offre un’interpretazione magistrale della narrativa, dando vita a un Dante che, nel bel mezzo della sua esistenza, trova nella scrittura una via di fuga creativa dalla profonda depressione. L’interpretazione vocale del personaggio di Dante da parte di Antonello Angiolillo attraversa una trasformazione che va dall’inizio incerto e stentato a una sicurezza progressivamente crescente, tuttavia non del tutto soddisfacente. Nonostante mantenga una presenza costante sul palco, Angiolillo sembra lottare per sostenere le lunghe ore di spettacolo, affrontando una parte ricca di sfide con una certa mancanza di tranquillità e determinazione instabile. La sua voce mostra incertezze, la tecnica vacilla e spesso si nota un calo nel rendimento. D’altra parte, Andrea Ortis nel ruolo di Virgilio e Myriam Somma nel ruolo di Beatrice incarnano i rispettivi personaggi con fervore, anche se talvolta sembrano trattenersi, lasciando il pubblico in attesa di un crescendo vocale e interpretativo che raramente si materializza.  Al contrario, Valentina Gullace e Sofia Caselli  riescono a emozionare e coinvolgere grazie alla loro timbrica e alla profondità della loro interpretazione. I ruoli di Caronte (Gipeto) e Conte Ugolino (Antonio Sorrentino) soffrono di una mancanza di profondità timbrica e vocale, impoverendo spesso la fortezza dei loro personaggi e appiattendoli rispetto alla ricchezza che la scrittura richiede. Lo spettacolo promette molto sopratutto grazie ad  una scrittura corale intensa, ma manca ancora di una direzione compiutamente soddisfacente e l’uso del termine “opera” accanto a “musical” sembra attualmente un’accostamento troppo ambizioso per questo spettacolo. La reazione del pubblico, poco convinto, si manifesta con un applauso tiepido e un rapido abbandono della sala, come se volesse tornare a cercare ispirazione altrove, “a riveder le stelle”. Qui per tutte le date.