Padova, Auditorium C. Pollini, Stagione Amici della Musica di Padova 2023/24
Pianoforte Fazil Say
Johann Sebastian Bach: Chaconne da Partita n. 2 in re minore” BWV 1004 (arr. F. Busoni); Ludwig van Beethoven: Sonata in re minore op. 31 n. 2 “La tempesta”; Claude Debussy: da Préludes – Premier livre VIII: La fille aux cheveux de lin (Très calme et doucement expressif) – X: La Cathédrale engloutie (Profondément calme, dans une brume doucement sonore) – XI: La danse de Puck (Capricieux et léger) – XII: Minstrels (Modéré, nerveux et avec humour), Clair de lune (da “Suite bergamasque”) Andante très expressif; Fazil Say: À la carte
Padova, 20 febbraio 2024
Auditorium gremito per il concerto del pianista Fazil Say, un evento imperdibile e tanto atteso all’interno della 67° stagione concertistica degli Amici della Musica di Padova. Nel corso degli anni il talentuoso pianista turco ha conquistato sempre più spazio all’interno di una attività concertistica sia come solista sia a fianco delle più importanti orchestre, e numerosi sono stati i riconoscimenti sia della critica che del pubblico. Il maestro si distingue per la sua ampiezza del repertorio, che spazia dalla musica barocca alla musica contemporanea, come si può anche notare anche dalla sua ampia discografia, che comprende sia Bach che Gershwin; e il concerto del 20 febbraio è stata una grande dimostrazione di versatilità e ampiezza di vedute. Il linguaggio della sua interpretazione è universale, e dà credibilità all’affermazione dello stesso pianista che recita: “l’arte e la musica formano un ponte tra le culture dell’est e dell’ovest, mescolandole e trasformandole”. Un approccio alla tastiera alquanto singolare il suo, quasi da direttore d’orchestra: lo si vede impegnato nel dirigere il suono con le sue stesse mani, quasi a catturare gli armonici e direzionarli verso il pubblico e alla sua anima; un’esperienza visiva che cattura e commuove. Esordio del programma in grande stile. Say dimostra il suo grande talento suonando una delle più impegnative composizioni di Bach, rivisitata o meglio ricomposta su nuove e autonome basi dal genio di Busoni: la ciaccona nr. 2 in re minore. Esecuzione accattivante, che esalta il sentimento dell’abbandono (come recita il pezzo al quale è stato attribuito il titolo “sei solo”) con un’ampia, se non esagerata, alternanza tra il forte e il piano, ma che Say riesce a trasformare in maestoso e delicatissimo. Ottima la sua padronanza tecnica e la dinamica interpretativa permette a questo pezzo di evocare una grande gamma di emozioni. Si prosegue con la Sonata op.32 nr. 2 di Beethoven, compositore del quale il pianista ha inciso l’integrale delle sonate. Quest’opera, sotto la sua interpretazione, sembra assumere una forma più eterea e l’esecuzione è ben lontana da quelle classiche che questa sonata ci ha abituato a sentire. Forse un’eccessiva velocità metronomica può aver leggermente penalizzato il fraseggio e la rotondità del suono che in questa sonata meritano di emergere. La tensione continua dell’armonia e l’idea del timbro puro che avevano permeato l’idea musicale e culturale di Beethoven, si trasformano con Debussy in un esatto opposto. E questo improvviso cambio di atmosfera è subito percepibile nell’ascolto della selezione di preludi dal primo libro di Debussy. Suonati con un grandissimo rispetto della partitura, il pianista è stato in grado di catturare tutte le sonorità richieste da questo compositore, così difficile da interpretare; ma non solo: il ritmo sospeso e gli accordi spesso evanescenti, che creano quella tensione voluta dal maestro dell’impressionismo, sono stati rielaborati dall’interprete che ne ha estratto dei quadri finemente colorati. Molto delicata e poetica pure l’esecuzione de Clair de Lune (dalla Suite bergamasque). L’ultima parte del programma ha permesso di conoscere Fazil Say interprete di Fazil Say compositore. Ha suonato quattro sue composizioni, molto diverse tra loro, mettendo ancora di più in luce la sua indole eclettica. Nella prima, Black Earth, il pianista si diverte a creare un gioco di echi e di rimandi tematici chiaramente di origine orientale, intervenendo anche fisicamente sulle corde del pianoforte, creando una sonorità che potrebbe richiamare l’Oud turco. Il secondo pezzo è molto melodico, con un raffinato crescendo che esplode nel finale. A seguire un altro brano molto sostenibile, fruibile e leggero. In conclusione un pezzo virtuosistico che trasporta il classico dei classici alla temperatura jazz: un divertente arrangiamento del Capriccio n. 24 in la minore di Niccolò Paganini, esecuzione geniale. Ovazione finale, meritatissima. Il pianista regala un solo bis, una sua improvvisazione in stile jazzistico della Marcia alla turca di Mozart, esecuzione che ha divertito e allo stesso tempo commosso l’incredulo pubblico. Pensiamo che per molti, compreso lo scrivente, l’ascoltare dal vivo questo artista sia stata non solo una grande opportunità, ma anche una rivelazione: la scoperta di un grande interprete capace di giocare con i sentimenti e arrivare diritto all’anima. Photo Marco Borggreve