Milano, Teatro Elfo Puccini: “I corpi di Elizabeth”

Milano, Teatro Elfo Puccini, Stagione 2023/24
I CORPI DI ELIZABETH”
di Ella Hickson traduzione Monica Capuani
Catherine Parr, Mary Tudor, Elizabeth Regina ELENA RUSSO ARMAN
Elizabeth Principessa, Katherine Gray, Lavandaia MARIA CAGGIANELLI VILLANI Seymour, Dudley ENZO CURCURÙ
Cecil CRISTIAN GIAMMARINI
Regia Cristina Crippa e Elio De Capitani
Scene Carlo Sala
Costumi Ferdinando Bruni
Luci Giacomo Marettelli Priorelli
Suono Gianfranco Turco
Nuovo Allestimento in coproduzione Teatro dell’Elfo, Teatro Stabile del Veneto con il contributo di Next – Laboratorio delle idee per la produzione e distribuzione dello spettacolo dal vivo
Milano, 11 febbraio 2024
È molto apprezzabile l’iniziativa del Teatro dell’Elfo di Milano di dare ampio risalto anche a giovani drammaturghi internazionali, novero cui Ella Hickson appartiene: fellow della Royal Society of Literature a soli trentatré anni, la drammaturga britannica ha saputo imporsi in Inghilterra e negli Stati Uniti con una serie di opere piuttosto diversificate per tematiche e genere (dalla riscrittura dei classici a drammi di natura più sperimentale). Sorprende, inoltre, che il teatro milanese abbia scelto uno dei testi meno frequentati della Hickson, nonché dei più recenti, “Swive [Elizabeth]” (saggiamente tradotto da Monica Capuani come “I corpi di Elizabeth” piuttosto che letteralmente in “Scopa [Elizabeth]”), che si propone, oltre alla sfida drammaturgica, anche il necessario confronto con l’ingombrante realtà storica della figura di Elisabetta I Tudor e del suo entourage. Sia l’una che l’altro vedono il testo uscire vincitore, grazie a dialoghi ben congegnati, quasi mai banali, credibili nel contesto storico che li vorrebbe vedere accadere, oltre che nel momento presente; la caratterizzazione dei personaggi, tutta volta a svelarne gli aspetti più umani e meno istituzionali, funziona soprattutto coi caratteri femminili: forse avrebbe meritato un’indagine maggiore il personaggio di Lord Cecil, mentre soprattutto Dudley sembra un po’ appiattirsi sul triste fuco di corte che la storia ci ha consegnato. La regia di Cristina Crippa e Elio De Capitani, senza avere nulla di particolarmente impressionante, sa però ben mettere in luce i punti di forza di questa drammaturgia, coadiuvata puntualmente dalle suggestive scene di Carlo Sala e dagli opulenti costumi di Ferdinando Bruni. Vera anima del cast è Elena Russo Arman, in ognuno dei ruoli che interpreta: è una Catherine Parr giudiziosa e distaccata, una Mary Tudor nevrotica e attaccata al potere, un’adulta Elizabeth consapevole, tormentata, vittima e carnefice di se stessa. Proprio l’immagine della celebre sovrana britannica emerge nella maniera più originale – e la Russo Arman questa originalità sa coglierla in pieno: non è né l’algida vergine votata alla ragion di Stato, né l’appassionata eroina scespiriana che tanta cinematografia ha inteso mostrarci, ma una donna tutto sommato comune, con le sue piccole ossessioni, i suoi dubbi sull’amore, i suoi drammi da niente; molto interessante, quindi, l’idea drammaturgica di anteporle la se stessa adolescente, ancora speranzosa, ma già dotata di quello sguardo tagliente sulla vita che sfiorerà il cinismo nell’età adulta: Maria Caggianelli Villani, in questo ruolo, comunica soprattutto lo straniamento della ragazzina sradicata al suo naturale contesto per venir santificata (o martirizzata, a seconda dei punti di vista) sul trono inglese. Tuttavia, il confronto che c’è parso più riuscito è quello tra la matura Elisabetta e Katherine Grey, sua dama personale sedotta dallo stesso Dudley favorito della regina: Katherine è giovane, carina, spigliata, sebbene abbia visto sua sorella nel giro di sei giorni incoronata e decapitata; ella è lo spirito vitale che in Elizabeth forse già in giovane età cominciava a rarefarsi (e anche l’interpretazione della Caggianelli Villani in questo ruolo si impreziosisce di qualche nota in più, di un realismo più vibrante). Bravi e ben in parte anche gli interpreti maschili, Enzo Curcurù e Cristian Giammarini: tra le loro prove abbiamo apprezzato soprattutto il Simone di Enzo Curcurù, giustamente tutto giocato tra madido erotismo virile e l’ambiguità dei giochi di potere dell’aristocratico. Bel coronamento di questa produzione è anche l’attento commento sonoro curata da Gianfranco Turco, che gioca con suggestioni rinascimentali, suoni d’ambiente ed elettronica. Il pubblico meneghino ha mostrato di apprezzare particolarmente la produzione, che ha registrato sold out praticamente per tutte le venti repliche; ci auguriamo anche per la tournée lo stesso successo (link qui). Foto Laila Pozzo