Milano, Teatro alla Scala: “Alcina”

Milano, Teatro alla Scala, stagione 2023/2024
“ALCINA”
Dramma per musica in tre atti su libretto anonimo da “L’isola di Alcina”
musicata da Riccardo Broschi (1728)
Musica di Georg Friedrich Handel
Alcina MAGDALENA KOŽENÁ
Ruggiero ANNA BONITATIBUS
Morgana ERIN MORLEY
Bradamante ELISABETH DESHONG
Oronte VALERIO CONTALDO
Melisso ALEX ROSEN
Oberto ALOIS MÜHLBACHER
Les Musiciens du Louvre
Direttore Marc Minkowski
esecuzione in forma di concerto
Milano, 8 febbraio 2024
Scala gremitissima, pochissimi buchi in platea, i last minute, particolarmente invoglianti, dimostrano così la loro efficacia. Le gallerie, come al solito, sono stipatissime, esauriti da settimane tutti i posti. Tutto ciò grazie a Handel e ad Alcina, pur se in esecuzione concertante e senza nomi clamorosi in locandina. Les Musiciens du Louvre, col loro fondatore e leader Marc Minkowski, sono sempre al vertice tra gli artefici odierni del Barocco, nonostante ciò, dubitiamo che sia bastata la loro fama a stipare il Piermarini. Handel e l’Opera Barocca si confermano, se ce ne fosse ancora il bisogno, la vera attrattiva e stupisce quindi che rimangano al margine delle attuali programmazioni dei nostri teatri. Passa con qualche frequenza Giulio Cesare in Egitto soprattutto ove si trovi positivo sfruttare l’odierna abbondanza e qualità di sopranisti e contraltisti. Gli altri 41 titoli della produzione handeliana vengono ancora sostanzialmente ignorati. La stessa Scala, in questa circostanza, ha usufruito, non prodotto, di una recita isolata, in forma concertante, che Les Musiciens du Louvre e Marc Minkowski periodicamente ripropongono in tour. Il cast per l’occasione ha, come punta di forza e di richiamo, nel ruolo del titolo, un’intensa e appassionata Magdalena Koženà; la cui voce, dal timbro umbratile e vellutato, ben abita i centri e si sfoga convincendo nel patetismo di “Ah mio cor!”, pagina emblematica dell’opera, esaltata poi, in questa recita bipartita, con una forte collocazione a chiusura della prima parte. Le pagine d’ira, le invettive e i recitativi sono affrontati di slancio e con carattere; l’irruenza e la nettezza dell’accento mascherano le difficoltà linguistiche e delle incertezze vocali. Anna Bonitatibus è Ruggiero; la cantante gode del favore del pubblico che la omaggia, dopo ogni intervento, con nutriti applausi. La voce ha un bellissimo timbro e colora magnificamente i centri, cauta nelle agilità, soffre delle dimensioni della sala e di una certa sonorità esuberante dell’orchestra. Bella svettante e finalmente divertente, Morgana, la disinibita sorellina. Ha la voce e il timbro brillante di Erin Morley. L’aria “Tornami a vagheggiar”, per molti aspetti, contraltare del “Ah mio cor!” della sorella e come questa, grazie alla Sutherland (che se ne era appropriata come Alcina), altrettanto conosciuta, è risultata penetrante e sicura, siglando, a ragiona, il successo dell’esecutrice. Più in ombra la Bradamante di Elizabeth DeShong che, come Ruggiero, pur vantando un timbro fascinoso e tecnica del pari agguerrita, si è trovata a competere con le dimensioni della sala e l’esuberanza orchestrale. Gli interventi di Valerio Contaldo, il tenore che interpreta il generale Oronte, unico del cast, oltre alla Bonitatibus, italiano di madrelingua, sono stati efficaci. Ha cantato le sue tre arie con buona fluidità e proprietà stilistica, tanto da ricavarne applausi spontanei. La voce del basso americano Alex Rosen (Melisso),  si è mostrata di natura meno generosa, pur destreggiandosi sempre dignitosamente nei recitativi e nell’aria “Pensa a chi geme”, sfrutta abilmente la valida copertura e il buon sostegno dell’orchestra. Il giovane controtenore Alois Mühlbacher, applauditissimo dopo ogni intervento, indossa i panni di Oberto, il figlio dell’introvabile Paladino Astolfo, vittima delle magie di Alcina. Le sue due bellissime arie che, benché cantate con una voce piccola e piuttosto povera di armonici, riescono ugualmente corrono e superare l’arduo muro eretto dall’accompagnamento orchestrale. Tutti i solisti, uniti ad una manciata di titolari, compartecipano ai due brevi interventi corali che, come sempre nelle opere di Handel, sfiorano il sublime nella finale meditazione “Dopo tante amare pene”. Les Musiciens du Louvre e Marc Minkowski sono stati, a tutti gli effetti, i grandi protagonisti della serata. Forse la collocazione “in buca”, in luogo dello schieramento sul prolungamento del palco verso la platea, avrebbe attenuato l’effetto travolgente che lo strumentale ha assunto, conferendo così più equilibrio all’intera esecuzione e agevolando gli sforzi dei cantanti. Minkovski ha promosso, con più di 200 minuti di musica, una versione completamente integrale dell’opera: non ha tralasciato né un da-capo né un recitativo. Sono stati pure eseguiti degli interventi solistici del violino di spalla Alice Piérot e del violoncello di Gauthier Broutin, quest’ultimo, oltre ad essere concertante in alcune arie, unito a due clavicembali e alla tiorba, ha sostenuto ineccepibilmente il Basso Continuo nei molti recitativi. Il successo è stato prolungato ed unanime. Sono state premiate sia le voci che gli strumentisti, con particolare calore ed affetto il pubblico ha gratificato Minkowski, grande e geniale artefice della lunga serata.