Firenze, Teatro Maggio Musicale Fiorentino: Calendario Gennaio -Marzo 2024
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Min Chung
Maestro del Coro Lorenzo Fratini
Contralto Danbi Lee
Johannes Brahms: Rapsodia per contralto, coro maschile e orchestra op. 53; Gesang der Parzen (Canto delle Parche) op. 89; Felix Mendelssohn Bartholdy: Sinfonia n. 3 in la minore “Scozzese”, op. 56
Firenze, 24 febbraio 2024
Ascoltare le musiche in programma di Brahms e Mendelssohn è stata un’immersione nella musica tedesca del XIX secolo in cui, per la presenza del testo letterario e secondo il pensiero romantico, sembra si superi il concetto di “musica pura” attribuito alla musica strumentale. La Rapsodia per contralto, coro maschile e orchestra, definita dallo stesso compositore «musica piuttosto intima» ha costituito un autentico ‘itinerario’ in cui il ‘rapsodo’ (Brahms) ‘canta’ toni drammatici approdando al desiderio di speranza, espresso dalla preghiera, pur di far percepire il palpitante spirito romantico. Ricordiamo la destinazione (dono di nozze) per Julie, figlia di Robert e Clara Schumann. Costruita intorno a tre strofe (5-7) dell’inno goethiano Harzreise im Winter (Viaggio invernale nello Harz, inverno 1777) al tema del viaggio (inclusa la figura del Wanderer come autentico ‘viandante’ dello spirito) non rimane indifferente nemmeno Johann Friedrich Reichardt che ne realizza una versione nel 1792, come risulta da una lettera di Brahms a Deiters in cui dimostra attenzione ed interesse.
L’inizio dell’Adagio, nella tonalità di do minore, con il cupo melos (fagotti, violoncelli e contrabbassi) accompagnato dal tremolo con sordina degli altri archi e il ‘bagliore’ dei corni, faceva entrare in medias res in una ‘narrazione’ in cui la gestualità essenziale e composta di Min Chung ha reso vivido ogni dettaglio della partitura. L’ingresso del contralto Danbi Lee, dalla voce perentoria e calda, poneva la domanda Aber abseits wer ist’s? (Ma chi è là in disparte?) e sul pedale di tonica della stessa tonalità della I parte iniziava il Poco andante. La solista intonava Ach, wer heilet die Schmerzen dess, dem Balsam zu Gift ward? e l’orchestra contribuiva a rendere più suggestivo il canto lamentoso sulla domanda di cui sopra finché il melos patetico, insieme ai corni, si stagliava sulla parola Menschenhaß. L’Adagio concludeva l’opera con la luminosa tonalità in do maggiore ove il canto ed il sostegno del coro (bellissimo il colore e l’omogeneità delle voci), si affidava al Padre d’amore fino ad approdare ad una conclusione celestiale suggellata dall’accordo di tonica (sein Herz!), autentico conforto.
Il Gesang der Parzen (Canto delle Parche) restava nell’alveo poetico di Goethe (fine del IV atto di Ifigenia in Tauride) con il coro (diviso in soprani, contralti I e II, tenori e bassi I e II) dall’orientamento omofonico, esplicitando meglio il testo sulla beatitudine riservata agli dèi e la misera condizione umana, insieme all’orchestra dall’organico più corposo. Partitura bellissima con interventi a blocchi delle voci lasciando all’orchestra il compito di ‘sfondo’ per poi ammirare le diverse ‘figure’ (motivi dell’orchestra) in una sorta di alternatim tra i due complessi. Si è potuta percepire una grande intesa in cui emergeva sia l’ottima concertazione di Chung che di Fratini, guida imprescindibile del coro. Corre l’obbligo ricordare che nel suo debutto fiorentino Min Chung, figlio del celebre Myung-whun Chung, ha diretto a memoria e con una gestualità impeccabile.
Con la Sinfonia n. 3 in la minore “Scozzese”, ultimo brano della serata, il direttore era in simbiosi con l’orchestra. In particolare la sua sinistra invitava ad una maggiore cantabilità, chiarezza del fraseggio e un ‘dosaggio’ del colore che in molti punti ricordava la tavolozza schubertiana. È bastato il suo levare colmo di respiro musicale per ‘annunciare’, già nell’intervento dei legni, corni e viole, la nitidezza del melos del solenne Andante con moto (3/4), rievocando stati d’animo del viaggio mendelssohniano in Scozia. Sia la gestualità orizzontale che la grande comunicatività di Chung hanno fatto il resto. Ecco apparire l’iniziale struttura corale e simmetrica dei periodi, la chiarezza formale congiuntamente alla bellezza e luminosità dei colori come all’inizio con il raddoppio del canto (oboi-viole, reiterato con la partecipazione all’ottava dei flauti). Nell’Allegro un poco agitato in 6/8 i violini, insieme al primo clarinetto, portavano avanti il primo tema mentre Chung sembrava preparare il sempre più crescendo sfociando all’Assai animato o la cantabilità del tenue secondo tema. Il Vivace non troppo dall’iniziale pentatonicità (fa, sol, la, sib, do) dava vita alla musica folcloristica scozzese in cui bastava il canto del clarinetto e il pulsare dei tremoli degli archi a fare il resto. Qui la concertazione del maestro e il virtuosismo dell’orchestra sembravano guardare alla musica da camera ovvero a quella «raffinata conversazione tra amici attraverso i suoni» (Goethe). Poi nell’Adagio con il I tema ai primi violini ed il II affidato alla grande fanfara il lirismo trovava alternanza in una dolce tristezza. L’Allegro vivacissimo ha visto una partecipazione travolgente e grande energia del direttore il quale, oltre alla caratterizzazione dei temi, evidenziava, soprattutto nella sezione dello sviluppo, la ricca elaborazione contrappuntistica. Tanti i momenti interessanti definiti da differenziazioni di scrittura, colori orchestrali, sfumature e l’Allegro maestoso assai in la maggiore, oltre che sottolineare la bellezza di questa partitura, diventava occasione per il pubblico a manifestare grandi ovazioni all’orchestra e a Min Chung.