Verona, Teatro Filarmonico, Stagione Lirica 2024
“DIE ZAUBERFLÖTE”
Opera tedesca in due atti su libretto di Emanuel Schikaneder
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Sarastro ALEXANDER VINOGRADOV
Tamino MATTEO MEZZARO
Regina della Notte ANNA SIMINSKA
Pamina GILDA FIUME
Prima dama MARIANNA MAPPA
Seconda dama FRANCESCA MAIONCHI
Terza dama MARTA PLUDA
Papagena GIULIA BOLCATO
Papageno MICHELE PATTI Monostatos MATTEO MACCHIONI Primo sacerdote / Secondo armigero VIKTOR SHEVCHENKO Secondo sacerdote / Primo armigero GIANLUCA MORO Oratore ALBERTO COMES Tre fanciulli M. VITTORIA CAPUTO, CARLOTTA CARUSO, ANNA RUSSO
Primo e secondo schiavo di Monostatos MAURO BARBIERO, MICHELANGELO BRUNELLI
Mimi VITTORIO BENTIVOGLIO, LUCA CONDELLO, FEDERICO VAZZOLA Orchestra e Coro della Fondazione Arena di Verona
Direttore Gianna Fratta
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Regia, Scene e Costumi Ivan Stefanutti Assistente a regia e scene Filippo Tadolini Assistente ai costumi Stefano Nicolao Luci Emanuele Agliati Allestimento in coproduzione tra i teatri di OperaLombardia, Fondazione Teatro Verdi di Trieste e Opera Carolina Verona, 21 gennaio 2024
La Fondazione Arena di Verona riparte da Mozart e dal suo Die Zauberflöte, a pochi giorni dal suo compleanno e nel ricordo, celebrato tradizionalmente, della visita del fanciullo salisburghese nella città scaligera nel gennaio 1770 allorquando sbalordì i veronesi all’organo Bonatti della chiesa di San Tommaso. La vicenda del principe Tamino e dell’uccellatore Papageno, metafora dell’eterna lotta tra luce ed oscurantismo, tra il bene e il male che si conclude con il trionfo dell’amore, chiude la carriera operistica di Mozart a poco più di due mesi dalla sua scomparsa prematura. Opera dalle forti simbologie, con il numero tre che torna ricorrente, densa di riferimenti alla massoneria, si regge su di un libretto debole e di poche pretese approntato dal cantante ed impresario Emanuel Schikaneder, direttore del Theater auf der Wieden che intendeva con questo lavoro risollevare il genere del Singspiel dall’insidia dell’opera italiana e restituire ai tedeschi uno spettacolo tedesco. Mozart lavorò alacremente alla partitura, nonostante l’aggravarsi delle sue condizioni di salute, e Die Zauberflöte andò in scena con un successo inizialmente tiepido ma poi via via consolidato nei favori del pubblico. Vicenda, come già detto, carica di significati esoterici e massonici, è stata presentata al Filarmonico con un allestimento coprodotto tra i teatri di OperaLombardia, il Verdi di Trieste e la statunitense Opera Carolina. Ivan Stefanutti, che firma la regia, le scene e i costumi ci restituisce un antico mondo fiabesco, sospeso tra la visione onirica di un Egitto immaginario e un oriente magico quanto indefinito e ricco di suggestioni e fenomeni inaspettati dove tutto è possibile e può sorprendere seppure nella sua normalità. In questa direzione si muovono anche le luci di Emanuele Agliati, efficaci nel rendere le suggestioni notturne quanto il trionfo finale del bene simboleggiato dalla luce ristoratrice del Sole. In scena si alternano voci giovani ed interessanti, alternate a debutti importanti: il basso Alexander Vinogradov, già applaudito in Arena e nei maggiori teatri del mondo, è un Sarastro nobile, ieratico che trova pienezza vocale nelle due celebri arie affrontate con eleganza e fraseggio disteso. Nel ruolo di Tamino, il tenore Matteo Mezzaro convince per linea vocale in sottile equilibrio tra canto trasognato e passione amorosa, ben coadiuvato da Gilda Fiume, Pamina, in ottima forma vocale e in grado di dare al suo personaggio quella nota di trasognato affetto che concorre al lieto fine. Nel difficile ed iconico ruolo di Astrifiammante, la perfida Regina della Notte, il soprano Anna Siminska al suo esordio veronese piace ed entusiasma il pubblico per quanto non risulti in tutta la pienezza fiammeggiante del personaggio; ha comunque risolto bene le sue due arie, O zittre nicht e la celebre Der Hölle Rache quest’ultima staccata insolitamente ad un tempo più largo rispetto alla tradizione. Debutto più che positivo per la coppia Papageno/Papagena, qui con le voci dei giovani Michele Patti e Giulia Bolcato i quali, seppur non gratificati da grandi pagine musicali incarnano l’emblema dell’amore puro velato da una sottile ed ironica comicità; in particolare Patti nella buffa ostentazione di un coraggio che l’uccellatore Papageno non possiede affatto. A completare il cast Matteo Macchioni nel perfido ruolo di Monostatos, le tre dame Marianna Mappa, Francesca Maionchi e Marta Pluda, i sacerdoti/armigeri Viktor Shevchenko e Gianluca Moro e l’oratore Alberto Comes. Una nota di particolare rilievo la meritano le voci bianche (i tre fanciulli) Vittoria Caputo, Carlotta Caruso e Anna Russo. L’Orchestra e il Coro della Fondazione Arena, sotto la guida sicura di Gianna Fratta che a Verona ha sempre trovato la chiave di interpretazioni convincenti, hanno assolto al meglio il loro compito; dobbiamo però registrare la solita nota dolente, il suono dell’orchestra spesso ridondante e che penalizza ripetutamente le voci sul palcoscenico, tanto dei solisti che dello stesso coro. La lettura di Fratta si distingue perciò per pulizia di suono e precisione ma vanno studiate soluzioni idonee al conseguimento di un maggiore rapporto fonico tra buca e palcoscenico. Bene il coro guidato da Roberto Gabbiani, seppur limitato negli interventi scritti in partitura. Trattandosi della forma del Singspiel, con dialoghi intervallati ai numeri musicali, la scelta è caduta sulla dicotomia linguistica con l’originale musicale in tedesco e le parti recitate in italiano per facilitare la comprensione e rendere fluida e scorrevole la vicenda narrata. A tale proposito segnaliamo anche gli interventi degli attori Mauro Barbiero e Michelangelo Brunelli che hanno impersonato due schiavi di Monostatos. Pubblico numeroso, con molti giovanissimi in platea; in fondo Die Zauberflöte è un’opera per tutti, grandi e piccini, alla quale si possono tranquillamente accostare anche i neofiti. Foto Ennevi per Fondazione Arena.