Venezia, Teatro Malibran: “Pinocchio” di Pierangelo Valtinoni

Venezia, Teatro Malibran, Lirica e Balletto, Stagione 2023-2024
PINOCCHIO”
Fiaba musicale in due atti su libretto di Paolo Madron liberamente tratta da “Le avventure di Pinocchio” di Carlo Collodi.
Musica di Pierangelo Valtinoni
Pinocchio MICHELA ANTENUCCI
Geppetto MATTEO FERRARA
La fata GIOVANNA DONADINI
Il gatto/Dottor Gufo CHIARA BRUNELLO
La volpe/Dottor Corvo CHRISTIAN COLLIA
Mangiafuoco/L’oste ROCCO CAVALLUZZI
Tonno/Lumaca/Pulcinella ROSA BOVE
Lucignolo/Arlecchino LARA LAGNI
Gendarmi, il grillo parlante, conigli, coro, coro di burattini, coro di bambini, coro di pesci Piccoli Cantori Veneziani
Orchestra del Teatro La Fenice,
Piccoli Cantori Veneziani
Direttore Marco Paladin
Maestro del Coro Diana D’Alessio
Altro maestro del Coro
Elena Rossi
Regia
Gianmaria Aliverta
Scene
Alessia Colosso
Costumi
Sara Marcucci
Light designer Elisabetta Campanelli
Movimenti coreografici Silvia Giordano
Ballerini: Antonino Montalbano, Matilde Cortivo, Eva Scarpa Dabalà, Ilario Marco Russo, Nik Simonetti e Emanuele Frutti.
Allestimento Fondazione Teatro La Fenice – Spettacolo risevato alle scuole
Venezia, 20 gennaio 2024
C’era una volta un pezzo di legno”. L’incipit del più celebre tra i classici della letteratura infantile sta scritto, in bella calligrafia su una delle due quinte, che delimitano la scena, mentre La fata introduce la storia del burattino più famoso del mondo e Il grillo parlante – cui presta la voce il Coro di voci bianche – esordisce con un allegro “Cri. Cri. Cri.”, spronando il buon Geppetto a dar forma al suo Pinocchio. Intanto già si presentano – oltre ad Arlecchino e Pulcinella, che offrono, qui come altrove, il loro smaliziato punto di vista – Il gatto e La volpe, nonché Lucignolo, che confessano le loro poco nobili inclinazioni. Tutto questo accade nel Prologo del Pinocchio di Pierangelo Valtinoni, su libretto di Paolo Madron, in base alla concezione del regista Gianmaria Aliverta, coadiuvato da Alessia Colosso (scene), Sara Marcucci (costumi), Elisabetta Campanelli (luci), Silvia Giordano (movimenti coreografici). L’opera – nella sua prima versione, destinata ad essere suonata e cantata, in larga parte, da bambini e ragazzi – debuttò trionfalmente al Teatro Olimpico di Vicenza nel 2001. Una nuova versione in due atti, con esecutori prevalentemente professionisti, venne rappresentata – con analogo successo – alla Komische Oper di Berlino per tre stagioni consecutive, dal 2006 al 2008 e poi in tante altre prestigiose sedi, quali Amburgo, Lipsia, Monaco, Torino,Venezia (Fenice, 2019). La versione realizzata per Berlino – che mantiene intatte la freschezza di quella originale – è tornata a Venezia dopo cinque anniIl suo organico strumentale – un ensemble ricco di strumenti a percussione – è finalizzato a un raffinato utilizzo dei colori orchestrali: ad esempio il timbro del pianoforte indica La fata, quello dei fiati Il grillo parlante. La partitura, contenente chiari riferimenti al sistema tonale, si caratterizza per un raffinato eclettismo di ritmi e di stili: dal classico al pop, al rock, a certi ritmi ricorrenti nel repertorio del Novecento, come la marcia di Mangiafuoco o il ragtime del Gatto e la Volpe o ancora il samba nella seconda scena del primo atto, con Pinocchio, Geppetto e Il grillo parlante. Già Croce riteneva che il romanzo di Collodi piacesse non solo ai piccoli, ma anche agli adulti. Un’opinione evidentemente condivisa anche dal compositore vicentino che, insieme al librettista, vi individua la presenza, tipica nelle fiabe, di due livelli di lettura: il primo è alla portata di ogni bambino, l’altro, più complesso, riguarda una tematica – esistenziale e letteraria – particolarmente importante come quella riguardante il rapporto con la figura paterna. Il principale movente dell’azione, nel Pinocchio valtinoniano, è infatti la ricerca del padre da parte dello scapestrato burattino: una tematica, che è alla base anche di due opere successive di ValtinoniLa Regina delle nevi e Il Mago di Oz –, cosicché si parla di una “Trilogia della ricerca”. Quanto alla messinscena, Gianmaria Aliverta ambienta l’azione negli Anni Quaranta del Novecento – un’epoca in cui i nonni raccontavano ancora le fiabe ai nipotini –, aggiungendo, peraltro, alcuni elementi riferibili alla contemporaneità, come a suggerire che la storia tratta dal romanzo di Collodi è senza tempo. La narrazione, al pari della musica, procede spesso per scene tra loro isolate come le puntate di una miniserie di Netflix. Affinché tutto risulti chiaro, il palcoscenico è diviso in due. In alto sta il mondo reale – un’aula scuolastica, dove La fata/maestra fa leggere ai suoi alunni Le avventure di Pinocchio –, in basso domina il regno della fantasia, dove si materializza l’immaginazione di quegli scolari, che peraltro, in alcuni momenti, scendono nel mondo fantastico, incarnando alcuni personaggi: gli aiutanti della fata, gli asinelli, i pesci. Ne risulta uno spettacolo di semplice fruizione, ma nel contempo intrigante e divertente anche per quegli adulti che – come direbbe Pascoli – sappiano ascoltare il “Fanciullino”, nascosto in ognuno di loro. Fantasiosi e colorati i costumi e le scene, eleganti le movenze coreografiche, bravissimi i bambini impegnati in palcoscenico, tra cui – ineccepibili nelle loro prestazioni canore, a delineare uno stuolo di personaggi animaleschi ed umani – i Piccoli Cantori Veneziani, che guidati da Diana D’Alessio ed Elena Rossi – hanno saputo tener testa ai cantanti professionisti. Quanto a questi ultimi, tutti si sono fatti apprezzare per una vocalità garbata e nel contempo espressiva. In particolare, Michela Antenucci ha offerto un Pinocchio spigliato nel fraseggio come nel gesto scenico. Improntata a dolcezza, ma anche a una pacata fermezza è apparsa la Fata di Giovanna Donadini, mentre Matteo Ferrara (Geppetto) ha reso efficacemente la disarmante rassegnazione dell’umile falegname. Molto validi anche Rocco Cavalluzzi (Mangiafuoco/L’oste), Chiara Brunello (Il gatto/dottor Gufo), Christian Collia (La volpe/dottor Corvo), Lara Lagni (Lucignolo/Arlecchino), Rosa Bove (Il tonno/La lumaca/Pulcinella). Il direttore Marco Paladin ha saputo utilizzare – con la complicità degli encomiabili strumentisti dell’Orchestra della Fenice – un’ampia tavolozza orchestrale: così a diffusi passaggi dai colori brillanti e vivaci – scanditi dai molteplici ritmi ricorrenti in partitura – si contrapponevano squarci dalle sfumature più delicate. Successo pieno e caloroso, tra l’entusiasmo dei piccoli spettatori.