Teatro dell’Opera di Roma – Stagione Lirica 2023/2024
“DIE ZAUBERFLOTE”
Singspiel in due attti su libretto di Emanuel Schikaneder
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Pamina EMOKE BARATH
Tamino JUAN FRANCISCO GATELL
La Regina della Notte ALEKSANDRA OLCZYK
Sarastro JOHN RELYEA
Monostatos MARCELLO NARDIS
Papageno MARKUS WERBA
Papagena CATERINA DI TONNO
Prima Dama ANIA JERUC
Seconda Dama VALENTINA GARGANO*
Terza Dama ADRIANA DI PAOLA
L’Oratore ZACHARY ALTMAN
Primo Armigero/secondo sacerdote NICOLA STRANIERO*
Secondo Armigero/primo sacerdote ARTURO ESPINOSA**
Primo fanciullo DOROTEA MARZULLO
Secondo fanciullo MIRIAM NOCE
Terzo fanciullo LAETITIA DE PAOLA
*dal progetto “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma
**diplomato progetto “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma con la partecipazione della Scuola di Canto Corale del Teatro del’Opera di Roma
Direttore Michele Spotti
Maestro del Coro Ciro Visco
Regia Damiano Michieletto ripresa da Andrea Bernard
Scene Paolo Fantin
Costumi Carla Teti
Luci Alessandro Carletti
Video Rocafilm/Roland Horvath
Allestimento del Teatro la Fenice di Venezia in coproduzione con il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino
Roma, 13 gennaio 2024
Giunge al Teatro dell’Opera di Roma questo allestimento del Flauto Magico di Mozart curato dal regista Damiano Michieletto per il Teatro la Fenice di Venezia, per il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino e per l’occasione ripreso da Andrea Bernard con la direzione del maestro Michele Spotti. L’opera viene immaginata in una scuola italiana degli anni ’60 nella quale la coppia dei due protagonisti e Monostatos, rigorosamente di razza caucasica e curiosamente somigliante alla signora Merkel sono allievi, Papageno è un bidello o meglio un operatore scolastico secondo la dicitura in voga attualmente, Sarastro è il preside, la Regina della Notte una poco regale signora e le tre dame sono delle vivaci suore che pure non parrebbero disprezzare la bellezza di Tamino. La scena di Paolo Fantin è sostanzialmente fissa nei due atti e rappresenta un’aula priva di crocifisso che in quegli anni era rigorosamente presente, dominata da una grande lavagna di ardesia come quelle dei vecchi tempi. All’inizio compare il drago in forma di serpente e successivamente si proiettano immagini e frasi anche in latino non per tutti facili da tradurre, vista la scellerata decisione di escluderlo dal programma di studio della scuola dell’obbligo. Priva dell’esplicita esibizione di simboli massonici l’idea della chiave di lettura di quest’opera complessa, ricca di sfumature e che dovrebbe lasciare lo spettatore libero di addentrarsi nelle più diverse interpretazioni individuali, parrebbe essere quella di una contrapposizione tra l’oscurantismo incarnato dal mondo religioso cristiano/cattolico e la luce del razionalismo illuminista di impronta liberal massonica. L’idea può esser valida sebbene non nuova, lo spettacolo teatralmente funziona molto bene e nel complesso è assai ben curato. Lo caratterizzano tuttavia un eccessivo didascalismo non sempre di immediata decifrazione, tale da risultare alla fine distraente e soprattutto il tono dominante del grigio di scene luci e costumi tale da appiattire i diversi momenti dell’opera. Difficile passare dal furbesco, semplice e popolare mondo di un Papageno che spazza le aule, alla mestizia acutamente dolente dell’aria di Pamina o dalle tenebre della Regina della Notte, alla luce del mondo di Sarastro. Il tutto è apparso un po’ troppo livellato su una sorta di grigiore sovietico questo si autenticamente anni 60, sia stato esso reale o così dipinto dall’occidente, sostanzialmente estraneo però alla varietà della musica. Curata e rigorosa la direzione di Michele Spotti per nitore e chiarezza nella concertazione anche se con qualche lentezza di troppo che in alcuni momenti ne hanno ridotto la tensione emotiva. Ottima la prova del coro diretto dal maestro Ciro Visco. E veniamo agli interpreti vocali. Juan Francisco Gatell ha ripetuto il suo splendido Tamino, cantato con raffinata musicalità e interpretato con bella presenza scenica. Markus Werba ha anche lui ripetuto il suo irresistibile Papageno tratteggiato con umana simpatia e linea vocale ineccepibile. Il basso John Relyea con la sua voce ampia ed omogena ha interpretato un Sarastro nobile ed autorevole. Splendida Pamina è stato il soprano Emoke Barath che nella sua aria ha toccato con sensibilità il vertice emotivo della serata. Piuttosto incolore a dispetto di una voce importante e di un fa sopracuto notevole la Regina della Notte del soprano Aleksandra Olczyk limitata però dall’intonazione a tratti imprecisa, dalle colorature arruffate e dalla recitazione poco regale impostale. Funzionali allo spettacolo e nell’insieme tutti di alto livello sono apparsi gli interpreti dei numerosi ruoli minori. Alla fine della serata lunghi ma educati applausi e qualche contestazione per la regia per un allestimento che visto il valore della parte musicale avrebbe meritato un successo più deciso. Foto Fabrizio Sansoni. Repliche fino al 21 gennaio