Novara, Teatro Coccia, stagione lirica 2023/24
“MADAMA BUTTERFLY”
Tragedia giapponese in tre atti su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacona racconto di John Luther Long e dal dramma di David Belasco.
Musica di Giacomo Puccini
Madama Butterfly FRANCESCA SASSU
Suzuki ANNA MALAVASI
Kate Pinkerton ELEONORA FILIPPONI
F.B. Pinkerton VALERIO BORGIONI
Sharpless ANGELO VECCIA
Goro MARCO MIGLIETTA
Il principe Yamadori – Il commissario imperiale XIOSEN SU
Lo zio Bonzo EMIL ABDULLAIEV
L’ufficia del registro RENZO CURONE
Dolore ROMEO LUNEDEI
Orchestra Filarmonica Italiana
Schola Cantorum San Gregorio Magno
Direttore José Miguel Pérez Sierra
Maestro de Coro Alberto Sala
Regia Renato Bonajuto
Scene Laura Marocchino
Costumi Artemio Cabassi
Luci Ivan Pastrovicchio
Novara, 21 gennaio 2024
La stagione del Teatro Coccia si apre nel segno di Puccini come si era chiusa la stagione precedente. Ad aprire il cartellone 2024 è, infatti “Madama Butterfly” titolo sempre amato dal pubblico che segue a poco più di un mese “La bohème” conclusiva della scorsa stagione.
La parte musicale è stata affidata per l’occasione all’Orchestra Filarmonica Italiana guidata da José Miguel Pérez Sierra. La direzione mostra un sicuro passo drammatico e rende con efficacia l’incedere drammatico della vicenda affrontata in modo rigoroso e senza indulgere in facili sentimentalismi. A tratti si ritrova forse un volume quasi eccessivo, un sinfonismo di marca verrebbe da dire wagneriana che poteva risultare fin soverchiante in una sala d’ottima acustica come quella novarese. L’orchestra si comporta ottimamente così come buona è la prova del coro. La compagnia di canto contava di molti debuttanti nei rispettivi ruoli a cominciare dalla protagonista. Francesca Sassu affronta il complesso ruolo in condizioni di salute non ottimali che di certo hanno influito sulla prestazione. La voce non ha mostrato difficoltà nel registro acuto, le difficoltà sono emerse nelle zone medio-basse dell’emissione. La Sassu ha comunque offerto una prova più che soddisfacente grazie alle innegabili doti di musicalità ed esperienza riuscendo a superare con intelligenza la situazione non ottimale. L’interpretazione è sobria e rigorosa, priva delle leziosaggini del primo atto e degli eccessivi patetismi dei successivi per dare al personaggio un carattere sincero ma forte, non eccessivamente ingenuo e capace di affrontare la tragedia con atteggiamento rigoroso degno della figlia di un samurai. Una lettura pulita e moderna che rappresenta un buon punto di partenza su cui lavorare per approfondire ulteriormente.
Valerio Borgioni ha una bella voce di tenore lirico schietta e luminosa è, ci appare però un po’ “leggero” per la parte e ancora non perfettamente padrone nelle finezze del canto di conversazione. Debuttante anche lui nel ruolo risulta nel complesso un po’ superficiale anche se piacevole nel canto. Angelo Veccia è uno Sharpless di rude bonomia, molto yankee nella sua schietta franchezza e vocalmente regge molto bene la parta sfruttando a fini espressivi una certa spigolosità timbrica. Pienamente padrone del ruolo sul piano espressivo evita l’errore di un’eccessiva partecipazione emotiva rendendoci giustamente un personaggio più avveduto ma culturalmente non così distante da Pinkerton. Anna Malavasi è una solida Suzuki, forse fin troppo scura come colore vocale e con una certa tendenza a indulgere in sonorità di petto. Interpretativamente ci è parsa quasi distaccata dal dramma della padrona. Veramente molto bravo il Goro insinuante e vocalmente ragguardevole di Marco Miglietta, anche lui debuttante nel ruolo. Sicuro lo zio Bonzo di Emil Abdullaiev e nel complesso ben centrati i personaggi di fianco. Una nota particolare per Romeo Lunedei (Dolore) cinque anni e una capacità di stare sul palcoscenico da attore consumato unita a una travolgente simpatia. La regia di Renato Bonajuto, abituale presenza del palcoscenico novarese, si distingue per delicatezza di tocca ed eleganza dell’impianto visivo. Tradizionalissima ma non polverosa, anzi capace con tocchi precisi e delicati di dare giusto risalto alla tragedia. La regia di Bonajuto porta lo spettatore a vivere il dramma di Butterfly con immediatezza e semplicità ma senza inutili zuccherosità. Si nota uno studio attento sulla cultura giapponese e sui simboli a cominciare dall’uso dei colori – si veda l’abito nuziale di Butterfly in bianco con disegni di gru in rosso simbolo di fedeltà femminili – fino al suicidio finale solenne e sacrale nella forma prettamente femminile dello Jigai. Bonajuto non nasconde i momenti più forti dell’opera ma li vela con un sipario di tulle quasi a renderne meno brutale e più astratta la natura con un senso del pudore molto nipponico. Una sensibilità al dettaglio, alle piccole cose per citare le parole di Butterfly, che è la cifra più autentica ed emozionante dello spettacolo. La scena Laura Marocchino è d’impianto assolutamente tradizionale ma arricchita da piccoli tocchi che accompagnano emotivamente la vicenda siano essi i giocattoli di Dolore abbandonati ai lati della scena già nel primo atto, presagio del prossimo dramma, o il ripiano ben in vista dove campeggiano le spade che uniscono in un comune destino il padre e la figlia. Sontuosi i costumi di Artemio Cabassi comprensivi di autentici kimono storici giapponesi che contribuiscono non poco alla magia visiva complessiva. Sala gremita e convinti applausi per tutti gli interpreti.