Venezia, Teatro La Fenice, Stagione Sinfonica 2023-2024
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Piccoli Cantori Veneziani
Direttore Robert Treviño
Mestri dei Cori Alfonso Caiani, Diana D’Alessio
Contralto Sara Mingardo
Gustav Mahler Sinfonia n. 3 in re minore per contralto, coro femminile, coro di bambini.
Venezia, 9 dicembre 2023
Viva emozione ha suscitato in chi scrive (ma verosimilmente anche nel resto del pubblico) l’inaugurazione della Stagione Sinfonica 2023-2024 del Teatro La Fenice con la Terza Sinfonia di Gustav Mahler, l’opera forse più monumentale del compositore boemo, cantore del tramonto di un’epoca: un momento di passaggio, in cui le certezze d’un tempo cedevano il posto al relativismo, coinvolgendo anche i valori estetici. Il che si tradusse musicalmente nel far convivere la tragedia con l’ironia, lo stile elevato con quello dimesso, la tradizione colta con materiali eterogenei come inni, marce, voci della società e della natura.La Terza Sinfonia è detta – con la Seconda e la Quarta – “del Wunderhorn”, per rimarcarne i legami, con le poesie popolari che Ludwig Achim von Arnim e Clemens Maria Brentano riunirono, tra il 1806 e il 1808, nella raccolta Des Knaben Wunderhorn. Inizialmente contrassegnata da una serie di titoli e sottotitoli esplicativi – tutti, peraltro, ripudiati dallo stesso Mahler nel momento di pubblicarla – questa partitura si fonda innegabilmente su un programma connaturato alla musica. Articolata in sei movimenti, essa è un grande affresco che illustra gli stadi di sviluppo della realtà da quella naturale a quella soprannaturale: la materia inorganica, le piante, gli animali, l’uomo, fino alla dimensione metafisica (gli angeli, Dio). Uomo, fenomeni naturali e mondo animale perpetuano il ciclo vita-morte-rinascita, secondo la visione metamorfica di Nietzsche, di cui il contralto, nel quarto movimento, intona un brano, tratto da Also spracht Zarathustra.Equilibrata, ma intensa la lettura proposta dal maestro Robert Treviño, validamente supportato dal contralto Sara Mingardo, dall’Orchestra e dal Coro del Teatro La Fenice, nonché dal Coro dei Piccoli Cantori Veneziani. Una magmatica energia ha percorso il primo movimento, che rappresenta – con il continuo mutarsi di temi, ritmi e melodie – il “Divenire”, la genesi della vita dalla materia inorganica. In esso hanno primeggiato gli otto corni nel perentorio tema d’apertura, che gradatamente si è spento nel pianissimo di una cupa sequenza, che riappare ai violoncelli e contrabbassi all’inizio del citato Lied di Zarathustra. Seguivano pesanti passi di marcia, a scandire un proliferare di motivi (richiami dei legni, lacerazioni della tromba, scale ascendenti dei bassi): era la grottesca marcia di Pan, espressione dell’energia primigenia, che crea gli esseri viventi. Ad essa si è opposta una forza passiva – oscura resistenza alla vita –, espressa da una musica senza una connotazione melodica o strutturale, composta da una quantità di spunti melodici, affidati, ai diversi strumenti. Fondamentale è stato anche il contributo del trombone, che nel suo lungo recitativo ha rielaborato precedenti idee. Il movimento si è concluso con il prevalere della forza vitale: una vittoria tutt’altro che definitiva, giacché la morte è funzionale alla rigenerazione della vita. Il direttore americano ha brillato anche nel caratterizzare i movimenti successivi, che contengono la narrazione dell’“Essere” nelle sue varie manifestazioni: un lungo cammino che parte dalle piante e arriva, nell’ultimo movimento, fino a Dio. Nel secondo movimento, Tempo di menuetto, l’oboe ha proposto con grazia la melodia di canzone popolare d’apertura, che si ripresenta ogni volta variata, grazie al raffinatissimo manierismo mahleriano, di cui si è apprezzata la straordinaria sensibilità timbrica, oltre ai toni crepuscolari e nostalgici. Anche se ufficialmente non è definito uno Scherzo, il terzo movimento ne ha tuttavia il carattere. Si tratta di una versione sinfonica del Lied “Ablösung in Sommer” (“Cambio della guardia in estate”) – da Des Knaben Wunderhorn –, dove si narra di come, alla morte del cuculo, gli animali del bosco eleggano suo successore l’animale meno indicato: l’usignolo. Nel movimento si sono positivamente messi in luce i legni nell’imitazione di versi di animali, mentre nella parentesi del Trio, ha incantato il suono, lontano, della cornetta da postiglione, che ha intonato una melodia popolare, su un sommesso accompagnamento. Nel primo dei due movimenti cantati, l’affidabile Sara Mingardo ha intonato con elegante controllo della voce e levità di accenti – su un accompagnamento di violoncelli e contrabbassi – il cosiddetto Mitternacht-Lied dal penultimo capitolo di Also sprach Zarathustra di Friedrich Nietzsche. A rendere ancor più suggestivo questo canto hanno contribuito il lungo pedale con la quinta vuota nei bassi, gli armonici degli archi e delle arpe, la ricorrenza ossessiva dell’intervallo discendente di seconda nella variante maggiore-minore, i “Naturlaute”, i “suoni della natura” affidati all’oboe. Dall’aura piena di mistero del movimento precedente si è passati a un clima gioioso nel quinto movimento – dai motivi semplici con il tono arcaico della ballata popolare – basato sul Lied “Es sungen drei Engel” – di nuovo dal Wunderhorn –, in cui l’apostolo Pietro, durante l’ultima cena, piange i suoi peccati e viene invitato da Gesù a pregare e amare Dio, per meritarsi la gioia celeste. Impeccabile il coro di bambini, che imitano con il loro “Bimm-Bamm” i rintocchi delle campane; analogamente ineccepibile il coro femminile nell’intonare assieme al contralto le strofe del Lied. Nell’Adagio finale – come del resto in altri momenti della Sinfonia – si sono imposti gli archi nell’insieme e il primo violino nei suoi interventi solistici. Il più mistico dei movimenti mahleriani – costituito da un flusso continuo di temi, che si susseguono e si sovrappongono – ha coinvolto il pubblico per l’intimo, sommesso fervore con cui celebrava l’annullamento dell’Uno nel Tutto, ovvero – secondo una concezione panteistica – in un Dio immanente rispetto alla realtà sensibile. Il tema del “Weckruf”, che nel primo movimento simboleggiava lo “svegliarsi” alla vita degli esseri, ha assunto in questo movimento un carattere ambivalente: la luminosità del modo maggiore si coniugava ad una languida atmosfera di abbandono, esprimendo – in maniera indicibile a parole – la tensione dialettica tra morte e vita. Grande successo coon numerose chiamate.