Torino, Auditorium RAI: Il premio Chopin Alexander Gadjiev torna a suonare con l’orchestra RAI

Auditorium RAI “Arturo Toscanini”, di Torino. Stagione Sinfonica 2023-24.
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Direttore 
Hannu Lintu
Pianoforte Alexander Gadjiev
Aleksandr Skrjabin: Concerto in fa diesis minore per pianoforte e orchestra op.20; Sergej Prokof’ev: Suite scita op.20;  Luca Francesconi (1958): Wanderer (1998-1999) Aleksandr Skrjabin: Sinfonia n.4, op.54 Le poème de l’extase.
Torino, 7 dicembre 2023
Più di due ore di musica, con pezzi  di rarissimo ascolto, esecutori anch’essi non particolarmente noti, vigilia di un ponte festivo, ci si attendeva quindi un Auditorium RAI disertato in massa, al contrario la platea è fortunatamente quasi al completo. Si inizia con il Concerto per pianoforte, il solo scritto da Skrjabin, la sala non lo ospitava da un trentennio, marzo 1995 la precedente ultima esecuzione. Un’ulteriore particolarità è che gli esecutori non siano russi, come normalmente avviene con questo genere di composizioni che, diversamente da noi, sia in URSS nel passato che nella Russia odierna riforniscono stabilmente il repertorio concertistico. È un bellissimo concerto che, secondo tradizione classica, tra un primo movimento in forma sonata, un terzo assimilabile ad un rondò, racchiude al centro, in seconda posizione, in un piacevolissimo Andante, un tema con variazioni. Lo sguardo verso i due concerti di Chopin è nettissimo, anche se qui la parte sinfonico-orchestrale è molto più strutturata e solida che non nei modelli del polacco. Skrjabin, ventiquattrenne all’epoca della composizione, era un solista alla tastiera pur se sofferente per malanni della mano destra. L’indisposizione era stata causata, come già per Schumann, da pratiche di studio demenziali. Le difficoltà della destra lo spinsero a relegare, in partitura, il virtuosismo alla sinistra, lasciando che la mano sofferente vivacizzasse e desse brillantezza al pezzo con ripetute escursioni agli acuti. Sul podio il finlandese Hannu Lintu, al debutto con l’OSN RAI, con estrema razionalità e precisione accompagna e supporta il giovane pianista goriziano Alexander Gadjiev, già secondo premio allo Chopin di Varsavia. Il pianista, evitando con cura l’attacco pesante e violento del tasto, si gioca magnificamente il concerto sul filo di un morbido legato e con la mobilità del fraseggio. Nell’ultimo tempo, l’alternanza di muscolarità e di delicatezza, certifica comunque la completezza, a tutto tondo, dell’esecutore. Il successo e gli applausi sono la fortunata conseguenza di una prestazione eccezionale. Altrettanto eccezionali i risultati ottenuti con la qualità dei due fuori programma pianistici offerti: il notturno in FA Maggiore di Chopin e il Preludio in si minore di Bach nella rielaborazione di Siloti.
Segue, con l’Orchestra Sinfonica Nazionale RAI in smagliante sfoggio di colori e di potenza di suono, la possente Suite Scita di  Prokofiev, agli antipodi dallo Skrjabin, romantico e sognatore. Nel 1915, due anni dopo il Sacre di Stravinskij, Djagilev avrebbe voluto replicarne i successi, nella nuova stagione dei Ballets Russes, con una nuova commissione a Prokofiev. La musica fu composta, non piacque al committente e non se ne fece nulla coi balletti ma rimase il titolo di uno straordinario pezzo sinfonico. Hannu Lintu, dai gesti contenuti ma efficaci, con una direzione risoluta e precisa più da ingegnere che da pittore di sfumati paesaggi, blocco dopo blocco, assembla un edificio di inaudita solidità. L’OSN RAI, a ranghi completi e compatti, fornisce una prestazione di potenza allucinante. La sala risuona e vibra come raramente accade. Gli stessi criteri di assemblaggio vengono pure adottati per quel che pare il corpo estraneo della serata: Wanderer, una commissione del Teatro alla Scala a Luca Francesconi, con dedica a Riccardo Muti, che la tenne a battesimo nel gennaio del 2000. Circa mezz’ora di “vagabondaggio” senza meta e soprattutto, come vorrebbe far intendere l’autore, senza punti determinati, né spaziali né temporali, di partenza e di arrivo. L’ascoltatore medio non ci si raccapezza. L’ispezione visiva certifica un’orchestra ipertrofica, suddivisa quasi a specchio in parte destra e parte sinistra, ci sono poi due trombe sul proscenio che si fronteggiano agli opposti estremi. C’è sicuramente la ricerca di un suono diffuso, forse una forzata stereofonia che all’ascolto è comunque difficile da trovare. Alcuni minuti di suoni suggestivi e poi una spinta incontrastabile a consultare l’orologio, sperando in una rapida conclusione. Gli applausi ci sono, ormai è l’unica merce che anche inopportunamente non manca mai in auditorium. L’autore sale sul palco, si ripetono gli scontati ringraziamenti reciproci con gli eroici esecutori e il pubblico li sottolinea applaudendo. Si passa finalmente al pezzo conclusivo della serata: ancora di Skrjabin la Sinfonia n.4 Il poema dell’estasi. Sono passati circa dieci anni dal Concerto e, con essi, un po’ più di una trentina di numeri d’opus, associati a 3 sinfonie e a molti pezzi per pianoforte. Sono soprattutto sopravvenuti lutti e trambusti famigliari che hanno portato l’autore a riaccasarsi con una allieva. Anche se le condizioni economiche non son floride, la lettura di Nietzsche e la frequentazione di ambienti teosofici lo esalta e gli fa immaginare musiche fuori dal consueto che coniughino colori suoni e possibilmente profumi. Il poema dell’estasi vorrebbe lasciare gli schemi tradizionali classici e lanciarsi in libertà, declinando e accostando temi che si intrecciano quasi casualmente fino a raggiungere la pace o la completezza dell’estasi. Ci si scorge la follia di Schumann e le progressioni delle fanfare wagneriane, ma c’è molto altro. Il finale a noi ricorda, con l’antenna che scorre verso il cielo infinito della sigla di chiusura della TV, l’associata conclusione del Tell di Rossini. L’impassibile laboriosità ed efficienza finnica di Hannu Lintu, unite alle altrettanto preziose qualità torinesi dell’OSN RAI, fanno il quasi miracolo di farci apprezzare queste musiche, in passato, sempre accuratamente evitate. Successo meritato e sonoro.