Roma, Teatro Parioli: “A che servono questi Quattrini”

Roma, Teatro Parioli Stagione 2023 2024
“A CHE SERVONO QUESTI QUATTRINI”

di Armando Curcio 
regia Andrea Renzi 
con Nello Mascia, Valerio Santoro 
e con Salvatore Caruso, Loredana Giordano, Fabrizio La Marca, Ivano Schiavi
scene Luigi Ferrigno 
costumi Ortensia De Francesco 
luci Antonio Molinaro 
produzione La Pirandelliana
Roma,13 Dicembre 2023

“Fare piangere è meno difficile che far ridere. Per questo, teatralmente parlando, preferisco il genere farsesco. Sono sicuro che il dramma della nostra vita, di solito, si nasconde nel convulso di una risata, provocata da un’azione qualsiasi che a noi è parsa comica. Sono convinto che spesso nelle lacrime di una gioia si celino quelle del dolore. Allora la tragedia nasce e la farsa, la bella farsa, si compie”. (Peppino De Filippo)
Nel sempre accogliente Teatro Parioli di Roma, l’opera teatrale “A Che Servono Questi Quattrini” di Armando Curcio prende vita sotto la sapiente direzione di Andrea Renzi. Questo spettacolo, prodotto in collaborazione tra il Teatro Nazionale di Napoli e La Pirandelliana, vanta un cast d’eccezione composto da Nello Mascia, Valerio Santorio e Salvatore Caruso. Siamo alla fine degli anni 30, l’Italia di lì a poco sarebbe entrata nel conflitto della Seconda Guerra Mondiale e il mondo post-capitalistico dell’alta finanza era di là da venire ma l’argomento suscitò la curiosità del pubblico. Nel 1942 la commedia venne trasposta sugli schermi cinematografici per la regia di Esodo Pratelli con Eduardo, Peppino De Filippo, Clelia Matania e Paolo Stoppa; drammaturgia di Armando Curcio. Lo spettacolo ebbe grande successo di pubblico. 
Le vicende narrate riguardano un anziano marchese, Eduardo Parascandalo (interpretato da Nello Mascia), che, trovandosi in una situazione di povertà causata dalla dilapidazione del patrimonio di famiglia, dedica il suo tempo alla diffusione di una filosofia di vita. Secondo questa prospettiva, il denaro è considerato inutile e dannoso, mentre gli uomini dovrebbero evitare il lavoro e dedicarsi alla contemplazione e al riposo. Uno dei seguaci del marchese è Vincenzo Esposito (Valerio Santoro), un tornitore povero che vive con sua zia Carmela (Salvatore Caruso). Vincenzo aspira a sposare Rachelina (Loredana Giordano), sorella di Ferdinando De Rosa (Ivano Schiavi), proprietario di un noto pastificio. Tuttavia, il marchese e il suo fedele servitore Marchetiello (Fabrizio La Marca) escogitano un piano per far credere che Vincenzo abbia ereditato una cospicua somma di denaro da un parente lontano. La trama si interroga sulla validità della teoria del marchese, ovvero se sia più importante apparire ricchi che esserlo veramente, con l’obiettivo di scalare la piramide sociale e guadagnare rispetto e fiducia. Lo spettacolo, ben recitato e diretto, trasmette un messaggio che sostiene che la ricchezza materiale non contribuisce alla felicità e, al contrario, può degradare la persona, sottolineando l’importanza del lavoro e della fatica. In un’epoca segnata dal culto del denaro, dove le persone cambiano atteggiamento in base alla percezione della ricchezza altrui, la commedia si rivela vincente nel comunicare questa critica alla società contemporanea. Le scene, curate con maestria da Luigi Ferrigno, nonostante l’utilizzo di pochi elementi, delineano con precisione le diverse ambientazioni. Il palcoscenico si presenta con una semplicità e un minimalismo che amplificano l’essenza della storia, con una parete di fondo grigia che si trasforma con l’alternarsi delle luci, mentre un drappo dall’alto introduce il pubblico nell’interno di una sontuosa casa borghese. In un’epoca in cui le complessità finanziarie permeano la vita quotidiana, “A Che Servono Questi Quattrini” offre una riflessione intelligente, sottolineando come, anche nel contesto teatrale, si possa relativizzare il potere simbolico dei “quattrini“. Nello Mascia, nel ruolo del Marchese Parascandolo, noto come il Professore, si distingue come figura centrale attraverso un’esibizione di notevole talento. L’attore, con una profonda comprensione del personaggio, riesce ad attirare immediatamente l’attenzione degli spettatori in sala, non soltanto per la singolarità del ruolo che interpreta, ma soprattutto grazie alla sua agilità scenica e alla chiarezza con cui comunica le intenzioni del personaggio. L’attore utilizza con maestria piccole espressioni corporee, come gesti sottili, cenno o sollevamento di sopracciglio, per comunicare in modo efficace sul palco. Sebbene il suo marchese evochi suggestioni del personaggio di Eduardo De Filippo, lo fa con autenticità, distinguendosi per movimenti e gestualità uniche, accompagnate da un carisma che non eclissa gli altri attori, bensì li valorizza ulteriormente. Unica pecca riscontrata è la limitata proiezione e incisività del tono vocale di Mascia, che si è rivelato debole e spesso difficilmente udibile, anche per gli spettatori nelle prime file.  Ogni membro del cast brilla con una luce propria: Valerio Santoro e Salvatore Caruso danno vita con maestria a scambi verbali accattivanti e a rincorse divertenti tra Vincenzino e zia Carmela. Nel contempo, Ivano Schiavi interpreta con successo e tanta energia il ruolo complesso di un Ferdinando De Rosa arricchito, passando agilmente da antagonista temibile a amico affettuoso di Vincenzino. Alla farsa orchestrata dal professore contribuisce in maniera significativa Fabrizio La Marca, il fedele discepolo Michele, operando nell’ombra con il suo apporto, aggiungendo ulteriore profondità e complessità alla trama complessiva. Funzionale allo svolgimento dello spettacolo Loredana Giordano nel ruolo di Rachelina. Lo spettacolo si distingue dunque per una drammaturgia sempre dinamica e la presenza di attori di talento. Tuttavia, nonostante la sua piacevolezza complessiva, sembra mancare dell’energia e dell’ardore tipici del teatro napoletano. Questa singola debolezza rappresenta un elemento gestibile e migliorabile nelle future recite. Quando Armando Curcio concepì questa commedia, non avrebbe mai immaginato che, a oltre 80 anni dalla sua creazione, conservasse una sorprendente attualità. Tuttavia, in un contesto contemporaneo, risulta imprescindibile riportare in scena, attraverso il teatro, le intense emozioni e i profondi pensieri suscitati da questa commedia dolce-amara, al fine di esorcizzarli. La pièce si configura come un’analisi critica della società contemporanea, offrendo uno sguardo acuto e attuale sulle dinamiche sociali e psicologiche legate al potere economico. Pubblico divertito e caloroso come sempre al Teatro Parioli. Qui per le prossime recite.