Roma, Teatro Argentina
L’INTERPRETAZIONE DEI SOGNI
liberamente ispirato e tratto dagli scritti di Sigmund Freud
di e con Stefano Massini
musiche Enrico Fink
eseguite da
Saverio Zacchei – trombone e tastiere
Damiano Terzoni – chitarre
Rachele Innocenti – violino
contributo in voce e video Luisa Cattaneo
scene Marco Rossi
luci Alfredo Piras
immagini Walter Sardonini
foto di scena Filippo Manzini
produzione Teatro Stabile di Bolzano, Fondazione Teatro della Toscana, Teatro di Roma – Teatro Nazionale
in collaborazione con Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
Roma, 05 Dicembre 2023
«Niente di ciò che abbiamo posseduto nella mente una volta può andare completamente perduto» Sigmund Freud
Platone, affascinato dalla complessa interazione tra mente e corpo, ha avviato un’indagine che ha stimolato il pensiero filosofico per secoli. In tempi moderni, questo binomio si ripresenta nell’ambito della relazione tra mente e cervello. Mentre il cervello è identificabile come l’organo fisico situato nella scatola cranica, la mente è comunemente considerata come la totalità delle attività psichiche. Lo spettacolo “L’interpretazione dei sogni” di e con Stefano Massini, liberamente ispirato e tratto dagli scritti di Sigmund Freud, suscita una riflessione limitata, ma significativa, sul tema. L’autore guida il pubblico attraverso la costruzione graduale di un sistema interpretativo del mondo, non limitandosi solo ai sogni. Il “Teatro della Psiche” si configura come un palcoscenico emozionante, dove Freud, simile a un archeologo nelle sue scoperte, rivela strati profondi e nascosti. Nel tentativo di dare significato all’analisi dei sogni, Freud copre gradualmente parti di sé stesso. Le persone incontrate durante l’analisi rappresentano i vari personaggi della sua interiorità, riflettendo la diversità della mente umana. In questo intricato intreccio, tutto si muove attorno e dentro Freud, così come accade per ciascuno di noi, immersi in un costante dialogo tra il nostro teatro interiore e quello della vita esterna. Stefano Massini conclude la sua ricerca decennale su “L’interpretazione dei sogni” di Sigmund Freud, avviata nel 2008 e arricchita da prestigiose occasioni pubbliche, compresa la tappa intermedia del suo romanzo di grande successo pubblicato da Mondadori nel 2017 e tradotto in molte lingue. Ritornando nel mondo di Freud, Massini presenta un testo completamente nuovo, abbinando il suo talento narrativo a uno spettacolo liberamente ispirato e tratto dagli scritti del celebre psicoanalista. Nella scena, accompagnata dalle note musicali di Enrico Fink, si sviluppa un impressionante catalogo umano. Un vivace mosaico di personaggi emerge, ognuno narrando i propri sogni e contribuendo a comporre una sinfonia di immagini e interpretazioni. Il pubblico si ritrova coinvolto in questa rappresentazione, riconoscendo riflessi della propria esperienza nei racconti dei personaggi. Nel corso della rappresentazione, il palcoscenico si apre a video proiezioni e immagini tridimensionali in costante movimento, mentre gli spettatori vengono guidati attraverso l’esperienza emotiva da una suggestiva colonna sonora eseguita dal vivo. Il teatro, in questo contesto, agisce come uno specchio che riverbera una verità inesorabile su tutti gli spettatori. Dall’immagine dirompente emergono i temi del Doppio e del Perturbante. Attraverso la scissione, l’Io proietta sugli altri gli aspetti rimossi e indesiderati, consentendoci di rifiutare la nostra somiglianza con l’Altro quando questa risulta scomoda. La rimozione, in questo contesto, non si riferisce alla realtà materiale, bensì a un substrato psichico, antico e primitivo, destinato inevitabilmente a riemergere. I desideri e le tendenze più contraddittorie e inaccettabili trovano espressione attraverso i doppioni del sognatore, riflettendo aspetti parziali della nostra complessa personalità, il tutto drammaticamente portato in scena con notevole abilità: il rimosso che fa ritorno. Questa rappresentazione teatrale, nel suo intreccio di fantasia e realtà, ha portato alla luce un senso di familiare a lungo tenuto in un angolo della mente. La natura perturbante di tale rivelazione sta nel sconvolgere la percezione di sé al di fuori del proprio controllo. Inoltre, evidenzia la fatica nell’arco della vita nel mantenere coese le diverse parti della propria identità. Questo complesso scenario stimola ognuno di noi a sfuggire dalle restrizioni delle convenzioni borghesi, che imprigionano in una struttura sociale paradossale e, talvolta, ridicola. Le luci di Alfredo Piras, dotate di una bellezza e incisività notevoli, si integrano in modo straordinario con le immagini di Walter Sardonini. Le scenografie di Marco Rossi riflettono integralmente il concetto centrale dell’anima psichica, da sempre associato al potere evocativo dello sguardo e alla sua completezza negli occhi. Questo tema costituisce il fulcro dell’intera drammaturgia, con un imponente occhio a fungere da sfondo al racconto del protagonista. L’occhio, in continua trasformazione con i suoi movimenti di contenimento, dilatazione e spegnimento, rivela sul suo perimetro le immagini oniriche che si susseguono nel corso della narrazione. La rappresentazione, malgrado l’utilizzo di un linguaggio articolato che potrebbe inizialmente apparire riservato a una cerchia ristretta, si rivela sorprendentemente di facile decodificazione, configurandosi come un’ occasione imprescindibile per chiunque ambisca a intraprendere un percorso di autoanalisi. Il pubblico ha espresso apprezzamento attraverso una partecipazione calorosa e coinvolgente, manifestando il proprio plauso sia per l’interpretazione dell’attore principale che per l’ensemble musicale. PhotoCredit@Filippo Manzini.