Padova, Auditorium C. Pollini, Stagione Amici della Musica di Padova 2023/24
Pianoforte Alexander Romanovsky
Frédéric Chopin: Polonaise-fantasie op. 61; Grandes Valses Brillantes op. 34: n. 1, n. 2 Scherzo n. 2 op. 31, Polonaise op. 53; Sergej Rachmaninov: Preludes op. 23: n. 2, n. 3, n. 5; Felix Mendelssohn-Bartholdy: Scherzo da “Sogno di una notte di mezza estate” op. 61 (trascr. di S. Rachmaninov); Sergej Rachmaninov: Lilacs op. 21 n. 5 (da 12 Romanze per voce e pianoforte op. 21, versione dell’autore), Vocalise op. 34 n. 14 (da 14 Romanze per voce e pianoforte op. 34, arr. Alan Richardson), Sonata n. 2 op. 36.
Padova, 19 dicembre 2023
Non deve essere stato facile portare a termine l’organizzazione del concerto da parte degli Amici della Musica di Padova, attaccata dai social (e non solo) per aver invitato Alexander Romanovsky, denunciando la sua partecipazione ad un concerto di propaganda filo putiniana a sostegno dell’invasione all’Ucraina e chiedendo per questo la cancellazione della data di Padova. Ma esiste la “libertà di espressione” e il concerto, tra le tante difficoltà che lo hanno messo a rischio (cito ad esempio le manifestazioni in area adiacente all’Auditorium) si è tenuto “regolarmente”, ma la chiusura anticipata delle prevendite ha fatto sì che la sala fosse riempita solo parzialmente, cosa del tutto inconsueta data l’importanza musicale di un evento che solitamente è sold-out. Ma abbandoniamo le polemiche sulla persona di Alexander Romanovsky e parliamo dell’artista. La vincita del prestigioso premio Busoni nel 2001, a soli diciassette anni, lo ha fatto conoscere al grande pubblico e da allora la sua carriera è stata in continua ascesa. Il suo talento è universalmente riconosciuto e la sua prestigiosa attività internazionale lo conferma: una tecnica straordinaria e una padronanza della tastiera fanno di lui un pianista fuori dagli schemi, con uno stile capace di sorprendere e coinvolgere. Il programma del concerto verte esclusivamente su due autori: Chopin nella prima parte e Rachmaninov nella seconda, i due autori che più di altri fanno parte del suo repertorio musicale e che sta portando maggiormente nelle sale negli ultimi anni. Frédéric Chopin. Il pezzo d’esordio è la Polacca fantasia, un brano dal carattere introverso, dal quale l’interprete è riuscito ad estrarre, valorizzandola, ogni singola componente musicale, dimostrando la sua sensibilità e la sua attitudine per i colori e per la fantasia. Il primo dei due Valzer in programma è stato eseguito con grande padronanza, quasi scherzando con le note, azzardando anche qualche licenza sulla partitura. Tutta la sensibilità dell’interprete è emersa a pieno nel secondo valzer, in La minore, suonato con grande pathos. Un fuori programma inatteso: il valzer in Mi minore op. postuma, suonato con grande maestria e a una velocità improbabile. Lo Scherzo n. 2 è uno tra i più eseguiti nelle sale da concerto e il maestro è comunque riuscito a sorprendere, unendo a una tecnica impeccabile un suono pulito e sicuro, evidenziando i chiaroscuri e i tratti lirici del pezzo. Infine la Polacca op. 53, suonata con apparente disinvoltura, dominando incredibilmente qualsiasi difficoltà tecnica.
Sergej Rachmaninov. Si inizia con tre celeberrimi Preludi tratti dall’opera 23, suonati in modo impeccabile, con un grande rispetto della partitura, ma è nel terzo (Op. 23 nr. 5) dove si resta attoniti nel vedere (più che nell’ascoltare) come l’artista padroneggia la tastiera, e sembra impossibile la fuoriuscita di un suono così pulito nei passaggi di ottava suonati a velocità così elevata; tanto studio e un gran talento. Molto bella e fresca l’esecuzione dello Scherzo di Felix Mendelssohn-Bartholdy nella trascrizione per pianoforte di Rachmaninov; l’esecutore ne estrae tutta la sua brillantezza suonando con apparente leggerezza. Molto belle le due Romanze (Lilacs e Vocalise), suonate senza soluzione di continuità, ma il pezzo che segue potrebbe da solo risolvere un programma da concerto. La Sonata per pianoforte nr. 2. E’ una composizione di grande temperamento, lunga, impegnativa, che evolve e si ricicla continuamente, presentando grandi instabilità tonali. La scelta di eseguirla come pezzo conclusivo è davvero coraggiosa, ma Romanovsky affronta anche questo, forse con un po’ di stanchezza, ma riuscendo comunque ad esaltare le ‘ombre’ che si annidano nella partitura, portando a termine questo programma lungo e impegnativo, ma dal quale il pianista sembra uscirne indenne. Questo artista “giovane serio” si è davvero meritato il successo della serata. Lunghi, calorosi e accorati applausi lo richiamano in sala per ben cinque bis: lo studio di Chopin op. 10 nr. 12, la variazione nr. 18 dalla Rapsodia sul tema di Paganini di Rachmaninov, “la campanella” di Liszt, lo studio di Chopin op. 10 nr. 12 ed infine, come buon auspicio, “Clair de lune” di Debussy.