Sassari, Teatro Comunale, Stagione Lirica 2023
“NABUCCO”
Dramma lirico in quattro atti su libretto di Temistocle Solera
Musica di Giuseppe Verdi
Nabucco MARCO CARIA
Ismaele GIANSILVIO PINNA
Zaccaria RUBEN AMORETTI
Abigaille ANASTASIA BOLDYREVA
Fenena SHAY BLOCH
Il Gran Sacerdote di Belo MARCO SOLINAS
Abdallo MAURO SECCI
Anna VITTORIA LAI
Orchestra e Coro Ente de Carolis
Direttore Fabrizio Maria Carminati
Maestro del coro Antonio Costa
Regia Leo Muscato ripresa da Alessandra De Angelis
Scene Tiziano Santi
Costumi Silvia Aymonino
Disegno luci Alessandro Verazzi
Allestimento Ente de Carolis e Teatro Lirico di Cagliari
Sassari, 8 dicembre 2023
Si chiude la stagione lirica per quest’anno, con lo stesso titolo che chiuse quella di undici anni fa, la prima nel nuovo Teatro Comunale. E con lo stesso allestimento: si tratta infatti della messa in scena coprodotta allora dal de Carolis con l’Ente Lirico di Cagliari, per la regia di Leo Muscato, che fece una buona impressione nonostante la fondamentale staticità e una certa enfasi artificiosa nella gestualità. Si tratta comunque di un bello spettacolo, nel frattempo maturato proprio per l’abbandono di certe forzature e il ricorso a una maggiore naturalezza nelle relazioni sceniche. Non si tratta di cosa da poco proprio perché va a toccare la sostanza di un’opera sospesa ancora tra gli ultimi echi belcantistici e la nuova espressione romantica che conviveva già da tempo con gli stilemi del melodramma classico. Verdi con Nabucco mantiene sostanzialmente quasi tutte le convenzioni e le forme collaudate, ma aldilà dei pezzi chiusi, specialmente nell’uso drammatico del coro, è evidente come inizi a farsi strada un’esigenza espressiva nuova, maggiormente rivolta al realismo e alla sintesi dei mezzi per ottenerla. In questo senso è sicuramente funzionale l’essenziale impianto scenico di Tiziano Santi, basato su grandi scorrevoli con varie aperture, elegante e suggestivo nel suo minimalismo; i riflessi bronzei di vari elementi sono intelligentemente esaltati dalle luci di Alessandro Verazzi e alcuni effetti come i fuochi in scena sono suggestivi e abilmente realizzati. L’impostazione dei movimenti, ben guidati da Alessandra De Angelis che ha diretto la ripresa, rimane sostanzialmente statica ma tesa a un’espressione composta ed essenziale, più pulita rispetto alla prima edizione e in linea col carattere dell’opera; apprezzabili anche i bei costumi di Silvia Aymonino che richiamano un passato non strettamente storicizzato. Però il teatro lirico fondamentalmente deve essere nella musica e, da questo punto di vista, non tutto ha funzionato a dovere. Fabrizio Maria Carminati ha diretto con discreta precisione e una certa cura dei dettagli, come in alcuni accompagnamenti o nella bella concertazione dei violoncelli divisi nella profezia di Zaccaria (ottima la risposta della sezione) ma sin dalla sinfonia è spesso mancato il collegamento tra i vari momenti, senza l’arco dinamico e di fraseggio che solo può restituire consequenzialità e logica a un dramma che, in se, ne ha ben poca. La correttezza ovviamente è sempre importante, però dinamiche meno generiche e maggior temperamento ed espressione avrebbero giovato alla narrazione musicale che, in generale, è stata poco convincente. Non è stato in ciò aiutato da un cast disuguale per ruoli e valore in un’opera in cui la drammaturgia vocale è tutto. La performance vocale di Anastasia Boldyreva è di tutto rispetto per volume e spessore vocale, ma un mezzosoprano che ha in repertorio Azucena, Maddalena e Amneris se affronta la parte sopranile di Abigaille dimostra sicuramente una versatilità notevole, però l’effetto tenderà inevitabilmente ad appiattirsi su un’espressione perennemente tesa e vibrata, spesso forzata che, pur utile in certe frasi, non giova alla definizione completa del personaggio. In particolare è apparso incoerente l’equilibrio col ruolo del titolo: Marco Caria, che pur canta molto bene, non appare del tutto adatto a una parte che richiederebbe uno spessore diverso e un colore più drammatico; funzionano bene certe mezze voci e il fraseggio ma il confronto con Abigaille lo porta talvolta a forzature che snaturano la sua vocalità, mettendo in secondo piano le finezze espressive di cui è capace. Ruben Amoretti è invece aderente al ruolo e ha un bel timbro sontuoso e autorevole che ben identifica il personaggio di Zaccaria; purtroppo è anche evidente un certo logorio vocale che compare soprattutto nel registro acuto e nelle dinamiche estreme. Se aggiungiamo che Giansilvio Pinna, Ismaele, è in tutta evidenza uno studente con buone doti ma una tecnica ancora troppo rudimentale, di cui sarebbe stato meglio rinviare il debutto, è evidente che non basta la discreta Fenena di Shay Bloch per riequilibrare un palcoscenico mal assemblato. Va meglio comunque nei ruoli secondari dove ben figurano Marco Solinas, Mauro Secci e Vittoria Lai. Una menzione particolare la merita il coro che rappresenta in Nabucco una delle principali innovazioni nella scrittura verdiana: si tratta di una delle prime opere in cui ne viene sorpassato il tradizionale ruolo statico di colore, commento, personificazione della volontà collettiva; l’ensemble del de Carolis, preparato da Antonio Costa, ha in questo senso ben figurato soprattutto nei tradizionali brani cantabili, come il celebre Va pensiero, ma è stato meno preciso e compatto del solito soprattutto negli insiemi con l’orchestra dove è richiesta maggiore reattività ritmica. Applausi per tutti alla fine, come da tempo di prammatica, e una certa freddezza per il gruppo del comparto scenico, forse ritenuti, a torto, responsabili della poca dinamicità dello spettacolo.