Opéra-féerie in quattro atti su libretto d’Albert Vanloo, Eugène Leterrier e Arnold Mortier. Violette Polchi (Caprice), Sheva Tehoval (Fantasia), Matthieu Lécroart (V’lan, Un Bourgeois, Un Marchand, Un Acheteur), Pierre Derhet (Quipasseparla, Un Forgeron), Raphaël Brémard (Microscope, Un Acheteur, Un Marchand), Marie Lenormand (Popotte, Une Bourgeoise), Thibaut Desplantes (Cosmos, Le Commissaire. Cosinus, Un Marchand), Ludivine Gombert (Flamma, Adja, Une Bourgeoise, Une Forgeronne), Christophe Poncet de Solages (Cactus, Parabase). Choeur et Orchestre national Montpellier Occitanie, Pierre Dumoussaud (direttore). Registrazione: Montpellier, Salle Béracasa, 2-4 settembre 2021. 2 CD Fondazione Palazzetto Bru-Zane, BZ1048.
Gli anni settanta sono caratterizzati per quanto riguarda la produzione di Offenbach dalla scrittura di cinque opéra-féerie di grandi proporzioni che si snodano tra il 1872 (“Le Roi Carotte”) e il 1875 (“Le voyage dans la Lune”). Lavori che impegnarono tutte le forze di Offenbach in veste non solo di compositore ma anche di impresario del Théâtre de la Gaîte di cui era direttore. Si trattava di spettacoli sontuosi con allestimenti colossali che sfruttavano tutte le nuove possibilità che le novità tecniche del tempo rendevano possibili.
Lo scorrere del tempo ha portato a quasi dimenticare molti di questi lavori, troppo costosi da allestire per quello che a torto si è considerato a lungo un genere minore e per questo quasi obliati. Si tratta però di opere di altissima qualità musicale, tra i prodotti più maturi dell’arte di Offenbach e in cui sono già presenti i prodromi dell’estremo capolavoro de “Les contes d’Hoffmann” (1881).
La stagione 2020 aveva in programma una riproposta in grande stile di uno di questi titoli. I teatri di Montpellier, Marsiglia, Nizza e Limoges erano infatti coinvolti in una nuova produzione – critica e integrale – de “Le voyage dans la Lune” opera molto liberamente ispirata al romanzo di Jules Verne con il quale vi furono alcuni screzi alla prima probabilmente dovuti alle eccessive liberta prese dai librettisti. La sorte è stata però ancora beffarda nei confronti di Offenbach e la crisi sanitaria ha impedito la realizzazione del progetto. Costretti a far di necessità virtù si è optato per una registrazione in studio – accorciata nei dialoghi parlati – che almeno mettesse a disposizione degli appassionati l’opera nella sua integralità musicale. È questa registrazione – effettuata nel settembre 2021 presso la Salle Béracasa di Montpellier – a giungere ora in commercio per i tipi della Fondazione Palazzetto Bru Zane accompagnata come sempre dal copioso libretto introduttivo a cura di Alexandre Dratwicki.
La riuscita dell’opera si deve in gran parte alla direzione di Pierre Dumoussaud. Il trentenne direttore francese – affermatosi in patria come uno dei talenti più brillanti della sua generazione – si mostra perfettamente a suo agio con questa musica cogliendone alla perfezione tutte le caratteristiche. Il suono è sempre bello, ricco, morbido, i ritmi scatenati dei galop si alternato a effusioni liriche d’ispirata vena melodica e una patina di malinconia sembra stendersi su tutto come il presagio di un mondo al tramonto. Un’eleganza raffinatissima sembra rendere semplice una scrittura estremamente ricca e complessa dove Offenbach sfrutta tutte le sue doti di orchestratore giocando con ritmi, colori sonorità – i Seleniti hanno tratti orientalizzanti con tanto di un coro di cammellieri ispirato alla possibilità di portare in scena un dromedario vivo prestato dal Jardin d’Acclimatation di Parigi. Basti ascoltare l’ouverture – dove riconosciamo il tema che servirà per “Scintille diamante” – per apprezzare la qualità della direzione che raggiunge il suo culmine in quell’autentico gioiello che il balletto della neve. L’orchestra di Montpellier suona magnificamente così come impeccabile e la prova dell’impegnatissimo coro.
Il cast è composto da cantanti di area francofona e presenta un’età media decisamente bassa. Nomi forse che possono dir poco all’ascoltatore italiano ma che conoscono e sanno rendere alla perfezione questo repertorio oltre a confermare la vivacità dell’attuale scena francese. Violette Polchi è affascinante nel ruolo en-travesti del Principe Caprice. Voce chiara e pulita, accento elegante e linea di canto musicalissima, perfetta nei momenti più lirici ma capace di sciorinate con facilità i vorticosi sillabati del “rondò de l’obus”. La voce mostra a tratti un vibrato un po’ marcato ma questo non compromette la qualità generale della prestazione. L’amata Principessa Fantasia si esprime con la voce chiara e agilissima di Sheva Tehoval, soprano di coloratura belga preciso nelle agilità e molto musicale, perfettamente in linea con il ruolo. Le due voci si fondono poi perfettamente nell’abbandono lirico del “Duetto delle mele” in cui la principessa conosce per la prima volta il frutto non esistente sulla Luna. La parte della regina Popotte e cantata con gusto e ironia da Marie Lenormand che soffre solo della limitata estensione della parte e dispiace non siano state inserite – almeno in appendice – le arie aggiunte per la ripresa del 1877. La parte femminile del cast è completa da Ludivine Gombert nei parti di Fiamma, damigella della principessa. Tuti gli interpreti – ad esclusione delle due protagoniste – affiancano al proprio ruolo principale altri personaggi che compaiono per poche battute. Impagabile Matthieu Lécroart nei panni di Re V’lan. Canto brillante e dizione nitida e volutamente marcata a rendere alla perfezione il carattere un po’ macchiettistico del padre di Caprice. Thibaut Desplantes affronta con professionalità il suo pario grado lunare. Molto validi i due tenori. Raphaël Brémard canta con grazia e giusto accento l’astronomo Microscope mentre Pierre Derhet – l’altro belga del cast insieme alla Tehoval – affronta con slancio un pizzico di ironia la parte del principe selenita Quipasseparla nella gustosa scena del mercato. Completa il cast Christophe Poncet de Solages nel doppio ruolo di Cactus e Parabase. Incisione tecnicamente pulitissima e ascolto vivamente consigliato, le due ore e mezza di musica scorrono con una leggerezza impagabile e sanno trasmettere un senso di autentica gioia.