Firenze, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino: Daniele Gatti e Benedetto Lupo chiudono il ciclo”Beethoven – Honegger e l’Europa”

Firenze, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino – Ciclo Beethoven-Honegger e l’Europa
Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Daniele Gatti
Pianoforte Benedetto Lupo
Ludwig Van Beethoven: Concerto n. 1 in do maggiore op. 15 per pianoforte e orchestra; Arthur Honegger: Sinfonia n. 5 Di tre re H. 202; Claude Debussy: Nocturnes per coro femminile e orchestra. Nuages / Fêtes / Sirènes (con coro femminile)
Firenze, 7 dicembre 2023
A chiusura dell’interessante ciclo il concerto op. 15, testimonianza dell’interesse di Beethoven per questa forma, la Sinfonia n 5 di Honegger e i Nocturnes di Debussy. Benedetto Lupo, pianista tra i più interessanti della sua generazione e ricercato didatta, ha un’antica frequentazione con questa partitura dai riferimenti haydniani e mozartiani. A mettere insieme l’inventio beethoveniana e l’estro del pianista la bacchetta di Daniele Gatti valorizzava ogni dettaglio. I ‘virtuosismi tecnici’ (scale, arpeggi, armonie essenziali) come l’incipit del solo nella tonalità d’impianto di do maggiore (seconda frase: I-I6– II6– V7– I), esprimevano tratti rintracciabili anche nel principio dell’elaborazione tematica; dopo il disegno è presentato in augmentatione e in imitazione negli archi (sol, do, mi, sol), perfino per moto contrario nei violoncelli e bassi. Il II movimento (Largo in la bemolle maggiore) era occasione di dialogo fra ‘entità’ vibranti di suoni ed emozioni (solista, il gruppo dei fiati [clarinetti, fagotti e corni] e quintetto d’archi). Il Rondò finale (Allegro scherzando in do maggiore) è un movimento virtuosistico che desta stupore. Oltre al ritorno della tonalità d’impianto ad organico completo, il solista caratterizzava la presentazione del tema (refrain). Nell’interpretazione di Lupo fluidezza, dialogo, contrasto, eleganza, estro, ecc., ribaltavano la quiete precedente, palesando elementi da divertissement. Egli ha sfoderato il suo virtuosismo con maggiore libertà interpretativa, quasi per avvicinarsi alla creatività beethoveniana. I meritatissimi applausi del pubblico sono stati ricambiati con due fuori programma: Čajkovskij, «Dicembre» da «Le Stagioni» e Des Abends dai Fantasiestücke op. 12 di Schumann, dolci e sognanti momenti poetici.
La Sinfonia n. 5 di Honegger, nei movimenti: Grave; Allegretto. Adagio. Tempo primo; Allegro marcato, per la coincidenza di concludere con la nota re in ogni movimento è conosciuta come «Sinfonia di tre re». Già il ponderoso organico evidenzia l’importanza del colore. Siamo nel 1950 e il carattere percepito è talmente cupo da esaltare le ‘ombre’ che si annidano nella partitura. Colpiva l’inizio del Grave, tutti in ff, per l’effetto massiccio (grazie alla scrittura omoritmica) e per il linguaggio poliaccordale. Vari interventi dei fiati (fagotto/trombone, clarinetti, ecc.), coinvolgono il corno inglese e altri strumenti (tuba compresa), fino al ff in cui ricompare il melos iniziale. Affiorano pannelli sonori per fasce; ogni sezione porta avanti le sue figure lasciando il gioco imitativo prima ai legni, poi negli archi, con barlumi di luce offuscati da ombre sinistre grazie ai suoni gravi (3 fagotto, tuba, ecc.). Alle prime parti dell’orchestra il merito di esporre le varie linee con espressività, a Gatti l’arduo compito di equilibrare con estrema cura ogni intervento; spesso sul diminuendo di una linea chiedeva al nuovo ingresso maggiore espressività ottenendo un vivido effetto di reiterata germinazione. Nel secondo movimento, già dalle prime battute, emerge il contrappunto (primi violini e clarinetto) con richiami del melos, anche nella forma retrograda, ecc. finché non si giunge ad una scrittura per fasce nei fiati. Non sfugge un insieme di suoni insolito (armonie per quarte delle trombe) teso gradualmente verso scambi dinamici tra le sezioni orchestrali fino all’Adagio, ove espressività e risorse del contrappunto erano al servizio del melos. Nell’ Allegretto ritorna la scrittura più scarna: dall’iniziale intervento del clarinetto basso, tutti gli strumenti sono coinvolti in una rete di rimandi in cui dominus incontrastato è il contrappunto. Il diminuendo riporta all’Adagio in una concezione variata per poi, dopo una ponderosa rielaborazione, concludere. La netta articolazione staccata delle trombe segna l’inizio dell’ultimo movimento (Allegro marcato), un continuum tra il rabbioso e il graffiante in cui si inserisce il martellato sempre degli archi e lo sforzato degli ottoni, spostamenti di accenti, strumenti con sordina e quant’altro per la grande energia e mutevolezza della musica. Oltre all’estrema precisione della direzione è emerso un significativo virtuosismo orchestrale. Infine i Nocturnes di Debussy in tre movimenti, un ascolto insolito e poetico. Ispirati da Le Scènes au crépuscule di Régnier e sottoposti a diversi ripensamenti e revisioni (sempre alla ricerca di nuovi colori), per la difficile classificazione nell’ambito delle forme tradizionali, il compositore chiarisce che «non si tratta della forma abituale del Notturno, ma di tutto quello che questa parola contiene di impressioni e di luci particolari». In Nuage, l’organico timbricamente ricco aiuta la fantasia dell’ascoltatore, e la scrittura ne chiarisce ulteriormente il senso: «è l’aspetto immutabile del cielo con la lenta e malinconica processione delle nuvole, che termina in una grigia agonia dolcemente tinta di bianco» (Debussy). In Fêtes l’organico è più ampio in quanto si aggiungono un terzo flauto, 3 trombe, 3 tromboni, tuba, un’altra arpa, altre percussioni (timpano, piatti e rullante). Debussy chiarisce: «è il movimento, il ritmo danzante dell’atmosfera con bagliori di luce improvvisa, è anche l’episodio di un corteo (visione abbagliante e chimerica) che passa attraverso la festa e vi si confonde; ma il fondo rimane, ostinato, ed è sempre la festa con la sua mescolanza di musica, di polvere luminosa, che partecipa a un ritmo totale». La presenza di polimetrie (15/8; 9/8; 6/8) evidenzia il riferimento coreutico all’interno degli spazi deputati alla festa. Anche in questo caso le armonie, le diverse fasce sonore (ex: archi gravi in area di re bemolle con accordi paralleli di nona) esprimono suggestivi colori. Con Sirènes, oltre al ritmo del mare con le sue onde argentate dal chiarore della luna si sente «il canto misterioso delle sirene». A parte qualche ‘ritocco’ nell’organico orchestrale, il vero protagonista è stato il coro femminile perché il loro canto seducente coinvolgeva, a tratti, più direttamente alcuni strumenti. I Nocturnes hanno conquistato il pubblico grazie all’orchestra e al coro (preparato con intelligenza musicale da Lorenzo Fratini) che, soprattutto negli ultimi tempi, dimostrano maggiore versatilità verso repertori di grande complessità, senza dimenticare che Daniele Gatti in questo ciclo ha saputo creare un grande ed iconico ponte fatto di valori e di bellezza.