Firenze, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, Settembre-Dicembre 2023
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Lorenzo Fratini
Soprano Olha Smokolina
Mezzosoprano Danbi Lee
Tenore Lorenzo Martelli
Basso Lodovico Filippo Ravizza
Gioachino Rossini, Petite Messe Solennelle per soli, coro e orchestra
Firenze, 22 dicembre 2023
Se in genere le persone a 90 anni dimenticano buona parte del loro passato, quando si tratta di memoria storica accade il contrario: si celebra e si condivide ciò che per la collettività rappresenta un valore che dal presente si proietta nel futuro. L’evento di venerdì scorso, nella sua variegata articolazione, è stato costellato da un insieme di iniziative atte a celebrare il 90esimo anniversario della costituzione del Coro del Maggio Musicale Fiorentino. Alle 17 presso il Foyer della Galleria del Teatro – con relazioni di Lorenzo Fratini (attuale maestro del coro), Daniele Spini, Giovanni Vitali e interventi da remoto di Roberto Gabbiani e di José Luis Basso (precedenti direttori) – si è tenuta una tavola rotonda alla presenza di amici, operatori e persone molto vicine al Teatro, compresi ex coristi. È emersa una narrazione puntuale e riflessiva di una realtà (come ribadito da autorevoli opinioni), caratterizzata da duttilità e capacità nell’affrontare qualsiasi repertorio, al punto da poter essere considerato uno dei cori più importanti a livello internazionale. A seguire, poco prima del concerto, c’è stato un momento in cui si poteva percepire l’affetto del Maggio verso il pubblico. Un gruppo di professori d’orchestra (ottoni e percussioni), posizionati accanto all’albero di Natale, ha eseguito alcuni festosi brani natalizi davanti a molte persone coinvolgendole in un inaspettato happening musicale conclusosi con meritatissimi applausi. Poi il clou della serata in Sala Metha che ha regalato autentiche emozioni con l’esecuzione della Petite Messe Solennelle di Rossini, compositore che ha vissuto brevi soggiorni a Firenze di cui, ancora oggi, è possibile ‘incontrare’ lo spirito, vista la sua sepoltura nella Basilica di Santa Croce. Composta per soli, coro, due pianoforti e armonium, (1836) e definita dallo stesso compositore «ultimo dei miei Peccati di vecchiaia», ne rappresenta il testamento spirituale. In questa serata abbiamo ascoltato la seconda versione (1867) orchestrata dallo stesso Rossini (preoccupato da eventuali realizzazioni, dopo la sua morte, da parte di altri che potevano alterarne le caratteristiche) e già tanto desiderata da un suo biografo avendo dichiarato che non si poteva concludere in modo migliore se non con l’augurio dell’orchestrazione di quest’ultimo capolavoro proprio dalla penna del compositore (Azevedo, G. Rossini, sa vie et ses oeuvres, Paris,1864). La scelta di questa versione da un lato ha esaltato il luminoso evento (anche grazie alla prestazione impeccabile dell’orchestra), dall’altro ha offerto ai presenti l’occasione per riflettere sull’importanza della strumentazione che, per alcuni aspetti, rimanda all’affascinante Teoria dei colori di Goethe in cui è pur sempre il colore a generare la luce. Dal punto di vista testuale-liturgico il riferimento è costituito dalle cinque sezioni dell’Ordinarium missae (Kyrie-Gloria-Credo-Sanctus-Agnus Dei) con un’articolazione, più in particolare, nel Gloria e nel Credo che prevede alcuni numeri solistici come il Prélude réligieux pendant l’Offertoire del solo organo prima del Sanctus e O salutaris hostia prima dell’Agnus dei. Dal punto di vista musicale il linguaggio esprime varietà stilistico-formale percependo riflessioni multiple (invenzione melodica e ricchezza armonica, trasparenza nel contrappunto dei fugati, contrasti di colore, incisività ritmica, ecc.) tanto da rimanere estasiati dalla bellezza. Il Christe a cappella (tutto sottovoce legato) è incastonato nell’invocazione del suggestivo Kyrie, ove fin dall’inizio, subito dopo due accordi di un gruppo di fiati, la linea grave (contrabbassi, violoncelli e del secondo fagotto) appare così palpitante da sembrare la ‘voce’ più recondita della coscienza. Le entrate delle sezioni del coro, come nel Cum sancto spiritu (Allegro a cappella), risultavano chiare ed espressive nella direzione di Fratini (anche grazie alla riconoscibilità dell’intervallo di settima minore ascendente e all’incipit del testo), assurgendo a ulteriore conferma dell’accurata preparazione della compagine ove era possibile percepire ogni articolazione interna dell’ordito contrappuntistico offrendo comprensibilità del testo latino e convincente fraseggio anche grazie all’orchestra sempre dialogante o al servizio del melos. Nell’idea della variatio rossiniana si annoverano anche i vari interventi dei soli (giovani e apprezzabili voci dell’Accademia del Maggio) come nel Domine Deus del tenore, il Quoniam del basso o il Crucifixus del soprano o nelle diverse combinazioni ove veniva valorizzata la polifonia. Altro momento molto suggestivo è stato l’Agnus Dei in cui il vibrante intervento del contralto solista si è alternato al coro sottovoce nel reiterato Dona nobis pacem. Tutto sembrava svelato attraverso l’implorante e chiarissimo testo scandito dal coro, parole che, soprattutto in questo periodo, diventano appello di pace (et in terra pax hominibus) come esplicitato anche dal fuori programma, costituito da brani natalizi, in cui si volevano ribadire, ancora una volta, fervidi auguri di ‘rinascita’ per tutti.