Roma, Parco della Musica Ennio Morricone, RomaEuropa Festival 2023″
“MONT VENTOUX”
Idea e Direzione Mattia Russo e Antonio de Rosa/Kor’sia
Coreografia Mattia Russo e Antonio de Rosa in collaborazione con gli interpreti
Drammaturgia Agnès López-Río
Scenografia Ambra Vandenhoeck in collaborazione con Mattia Russo e Antonio de Rosa
Musica originale Alejandro Da Rocha
Canzone originale Raquel Tort Vázquez
Costumi Luca Guarini in collaborazione con Aitor Goikoetxea, Levi’s.
Produzione Gabriel Vlanco e Paola Villegas, Andrea Mendez (Spectare)
Coproduzione REF
Prima nazionale
Roma, 11 novembre 2023
Il Monte Ventoso di cui parla il titolo del balletto risale a una lettera scritta da Petrarca nel Trecento all’amico Dionigi di Borgo San Sepolcro. Difficile, ma necessaria, era per il poeta aretino l’ascesa spirituale (verso Dio), visto il pesante attaccamento alla terra e ai beni materiali. Caratteristiche queste che ritroviamo nei movimenti iniziali del collettivo Kor’sia guidato da Mattia Russo e Antonio de Rosa. Uomini e donne seminudi si avviluppano su se stessi ed esplorano il contatto con l’altro da sé evocando sensazioni di ferinità, mentre un velo dipinto si innalza dietro di loro raffigurando cime innevate e aspre montagne rocciose. Si innesca quasi una sensazione di minaccia. Il vetro che dall’inizio dello spettacolo separa i corpi dei performers dal pubblico viene risucchiato all’indietro. Risuona meccanico un allarme. I danzatori ricompaiono vestiti in denim eseguendo una danza da automi connotata da scatti e improvvisi impulsi, finché da dietro il vetro non ricompare un danzatore biondo che attraversa orizzontalmente lo spazio trasportando metaforicamente una scala. Sembra di percepire un conflitto tra la realtà caotica quotidiana rappresentata sul proscenio e le più nascoste aspirazioni umane, che paiono riflesse dietro uno specchio. A dire il vero la danza eseguita dagli interpreti di Kor’sia spicca per una padronanza motoria che tocca i vertici dell’espressività. I danzatori sembrano essere consapevoli di ogni fibra muscolare del proprio corpo, azionata secondo non comuni dinamiche e passaggi da un movimento all’altro all’insegna di una estrema leggerezza e reattività. L’aggressività esemplificata da un testa a testa tra due interpreti femminili si apre gradualmente a una coreografia più sensuale e avvolgente, mentre tra i rumori elettronici si fanno strada le note di un canto più melodioso. Dietro il vetro una nuova metafora: una donna si spoglia dei pezzi che compongono una pesante armatura. E tuttavia sul proscenio la dinamica del rebounce ci riporta a una condizione poco diversa da quella vista in precedenza. Oramai da entrambi i lati del vetro è chiaro il desiderio di ascesa, ma senza la giusta preparazione ogni tentativo di arrampicarsi superando i propri limiti viene miseramente sconfitto. Quale sia dunque questa preparazione è difficile dirlo. I coreografi si limitano a mettere in scena un peluche gigante che nel richiamare alla genuinità dei sentimenti dell’infanzia mostra in ogni caso un carattere grottesco. Si ritorna a danzare dietro il vetro e in questa dimensione asettica si raggiunge infine l’armoniosità di una danza dal volto umano che si incarna nella forma circolare disegnata dai port de bras e nella ricerca di un’elevazione finale espressa dal linguaggio coreografico basilare del relevé e dalle braccia in seconda posizione allongée. Giochi di luce rimandano al passare del tempo e delle stagioni, precedendo il buio finale. Nel rintracciare attraverso una esplosiva danza contemporanea il legame tra istanze di profonda attualità e rimandi letterari per niente banali lo spettacolo di Kor’sia illumina la scena del Romaeuropa Festival. Foto di Cosimo Trimboli