Roma, Sala Umberto Stagione 2023 2024
LA CANTATA DEI PASTORI
Per la nascita del verbo umanato
di Peppe Barra e Lamberto Lambertini
con Peppe Barra e Lalla Esposito
e con Luca De Lorenzo, Serena De Siena, Massimo Masiello, Antonio Romano, Rosalba Santoro
musiche Giorgio Mellone
scene Carlo De Marino
costumi Annalisa Giacci
luci Luigi Della Monica
aiuto regia Francesco Esposito
organizzazione Chiara Guercia
produzione Ag Spettacoli e Tradizione e Turismo, Teatro Sannazaro
Regia di Lamberto Lambertini
Roma, 22 Novembre 2023
“‘I chisti juorni vanno camminànno i riavoli”
“Il Vero Lume tra le Ombre” fu il titolo di una sacra rappresentazione pubblicata nel 1698 dal gesuita Andrea Perrucci, noto anche come Casimiro Ruggero Ugone. Scritta con intenzioni moralizzanti, l’opera mirava a contrastare i rituali con cui il popolo celebrava festività come il Carnevale e il Natale. A metà dell’Ottocento, il titolo fu cambiato in “La Cantata dei Pastori”. Verso la fine del Settecento, per arricchire il personaggio di Razzullo, privo di un compagno con cui creare le divertenti interazioni tipiche della Commedia dell’Arte, fu introdotto Sarchiapone. Quest’ultimo, contrario al timido Razzullo, non teme nulla, nemmeno i demoni infernali. Un assassino, ladro, gobbo, deforme, maligno, ma amato dai bambini. Nonostante il titolo, la Cantata originale non conteneva canzoni. Nel corso degli anni, il popolo ha arricchito lo script con vari linguaggi teatrali: farsa, avanspettacolo, commedia dell’arte e musical. La tradizione ha modificato gradualmente il testo della controriforma, rendendolo più popolare e strappandolo all’oblio del tempo. Lo spettacolo si svolgeva a mezzanotte del 24 dicembre, costringendo il pubblico, dopo la cena della Vigilia, a scegliere tra la Messa e il Teatro. Le bellissime scene di Carlo De Marino si dipanano all’interno di un suggestivo teatrino di cartapesta, un ambiente che si trasforma di volta in volta con una leggerezza giocosa, conferendo a ogni episodio un tono sorprendentemente fiabesco. L’intero spettacolo poggia su una regia vivace e coerente con i temi, ma soprattutto sull’abilità degli interpreti, con Peppe Barra che cura ogni dettaglio di questa affascinante “cantata”. Il suo contributo è evidente nelle intonazioni più farsesche, nelle allusioni ancorate al linguaggio popolare e nella sua mimesi sempre prevedibile eppure sempre nuova. Una piacevole sorpresa è rappresentata da Lalla Esposito, che dà vita a un Sarchiapone spiritato con una mimica esagitata e intonazioni inaspettate, un folletto a cui Razzullo-Barra fa fronte con sapida ironia. Il gruppo di attori, saggiamente amalgamato dalla regia di Lamberto Lambertini, interpreta con maestria una varietà di personaggi, contribuendo a creare la magia dello spettacolo. La presenza della musica dal vivo, seguendo ogni battuta e sottolineandone il significato, aggiunge un ulteriore strato di fascino. Musicalmente concepita inizialmente dalle esperte mani di Lino Cannavacciuolo e Roberto De Simone, l’ultima interpretazione concepita da Giorgio Mellone si ispira anche nello spartito di massima al tradizionale canone della commedia sacra. Il testo, deliberatamente, integra porzioni in dialetto napoletano antico, interamente tratte dal testo originale del Settecento. Allo stesso tempo, concede delle licenze sui personaggi di Razzullo e Sarchiapone, già presenti nella versione di Perrucci, adattandoli a un genere di comicità più in linea con le esigenze e i tempi della commedia napoletana del Novecento. Peppe Barra introduce infatti una serie di elementi comici che si distaccano dalla rappresentazione sacra più convenzionale, optando per gag umoristiche, dialoghi interattivi con l’orchestra e momenti di improvvisazione che richiamano il teatro di Scarpetta e dei De Filippo (molto divertente una citazione tra le tante di “Natale in casa Cupiello”). Il risultato è una rappresentazione che, grazie al ritmo serrato di alcuni intermezzi comici, diverte il pubblico, mentre il plot si sviluppa con un impianto scenico magistrale. Da non sottovalutare sono anche gli “siparietti” con i musicisti, collocati in una sorta di pseudobuca laterale, coinvolti e giocosamente richiamati uno alla volta a un atteggiamento più congruo per il testo di rilevanza che stavano eseguendo. Ogni battuta scuote il teatro, grazie alla partecipazione vibrante degli spettatori. E chi conosce a fondo la lingua napoletana, godrà appieno delle espressioni mimiche, delle intonazioni, e dei significati che esse racchiudono. La comprensione precisa di ogni singola parola non riveste in realtà un’importanza fondamentale; ciò che assume rilevanza è il piacere di assaporare l’atmosfera, i suoni e le melodie che conferiscono a questa lingua una dimensione universale. Lo spettacolo pone al centro quindi non solo la lingua e la musica, ma anche la storia di Napoli, un luogo unico al mondo dove è stato possibile preservare uno spettacolo dal genere indefinibile per secoli, un unicum teatrale radicato nella devozione. L’obiettivo è un’esperienza colta e popolare, comica e sacra, profonda e leggera, commovente e divertente per un pubblico di tutte le età. In questa rappresentazione all’italiana, gli attori si esibiscono su un palco dall’aspetto trasandato, assumendo molteplici ruoli in una girandola di travestimenti che non solo intrattiene il pubblico, ma pone anche a dura prova i due protagonisti. La loro abilità si manifesta non solo nell’interpretazione artistica, ma anche nell’affrontare i consueti inconvenienti tecnici. Sorprendentemente, superano tali ostacoli con una notevole versatilità e un’ improvvisazione sempre incisiva, dimostrando un’elevata maestria senza risparmio alcuno. In sala, la presenza di un pubblico numeroso e gli applausi fragorosi, anche a scena aperta, attestano il successo e l’apprezzamento dello spettacolo.