“La voix humaine” e “Agenzia Matrimoniale” dittico moderno per la Stagione Lirica di Sassari

Sassari, Teatro Comunale – Stagione lirica 2023
LA VOIX HUMAINE
Tragédie lirique en un acte. Testo di Jean Cocteau
Musica di Francis Poulenc
Elle PAOLETTA MARROCU
AGENZIA MATRIMONIALE”
Opera buffa in un atto. Libretto di Ida e Roberto Hazon
Musica di Roberto Hazon
Argia PAOLETTA MARROCU
Adolfo ALBERTO PETRICCA
La barbona ANNUNZIATA VESTRI
La segretaria SIRIA COLELLA
Con la partecipazione di Marco Spiga nel ruolo del critico d’arte
Orchestra dell’Ente de Carolis
Direttore Daniele Agiman
Regia Alberto Gazale
Scene Antonella Conte
Costumi Luisella Pintus
Disegno luci Tony Grandi
Nuovo allestimento Ente de Carolis
Sassari, 16 novembre 2023
Interessante e al di fuori del consueto repertorio, la terza produzione della stagione autunnale dell’Ente de Carolis ha presentato un dittico moderno, originale e coerente nell’abbinamento, sia per periodo di scrittura (tra fine anni ’50 e primi anni ’60) che per certi legami di filosofia compositiva che lega i due autori, pur con una generazione di differenza. Ciò chiaramente disegna due mondi a sé: Francis Poulenc vive l’ineguagliabile ambiente artistico parigino del primo dopoguerra, facendone parte pur sviluppando un’estetica più eclettica e sicuramente meno innovativa dei suoi primi modelli, Debussy e Stravinsky. È un dandy malinconico e dotato che prende le distanze dalle avanguardie: “non sono un musicista cubista, né futurista e nemmeno impressionista…” (da una lettera del 1919) e mette di tutto nella sua musica, con una straordinaria capacità di governare materiali estremamente eterogenei grazie a una vena inesauribile. Però compone La voix humaine nell’ultimo periodo della sua vita, contrassegnato dalla ripresa di una profonda fede religiosa e da un linguaggio più sobrio e semplificato, ideale soprattutto per le sue splendide opere sacre. Roberto Hazon invece nel 1962 è un giovane compositore assolutamente impermeabile alle avanguardie, di cui la Milano dell’epoca è uno dei fulcri europei, che rivendica orgogliosamente un linguaggio tonale passatista, ricco comunque di spunti piacevoli e solidamente ancorato a un ottimo mestiere, però lontano dall’inventiva non solo di Poulenc, ma anche del più vicino Nino Rota. Anche nella sua operina c’è un po’ di tutto, dalla canzone al neoclassicismo, e pure qualche citazione (più banale che ironica quella dalla Marcia funebre di Chopin) con un risultato nel complesso gradevole. Detto ciò non si può quindi non rimanere perplessi di fronte all’allestimento del neo direttore artistico del de Carolis Alberto Gazale, alla sua seconda regia della stagione, che utilizza un medium artistico tra le due opere, Pablo Picasso e il suo periodo cubista, superfluo e per giunta incongruente. Unire l’opera di un compositore anti cubista e di un altro anche più conservatore all’insegna di presunti legami col pittore che ha destrutturato la figura umana, iconoclasta per eccellenza, è semplicemente pretestuoso, sia nella logica artistica che storica: intercorre quasi mezzo secolo tra il cubismo e il periodo di scrittura delle due opere. Non meno improbabile il legame, sempre ipotizzato dal regista, tra il vivace passato sentimentale di Picasso (nel ’59 quasi ottantenne) e la protagonista de La voix humaine che già all’epoca della prima teatrale del ‘30 si sospettava fortemente fosse stata in realtà scritta da Cocteau per un suo giovane amante. Tutto ciò poi è alla base del didascalico intervento di un “critico d’arte”, impersonato da Marco Spiga, che, prima e nell’intervallo tra le due opere, sovrappone una narrazione per spiegarci Picasso e le motivazioni di tali scelte. Ma pur accettando tutto come fiction e facendo finta di nulla su illogicità e forzature, è comunque il risultato scenico a essere povero: una cornice molto semplice delimita lo spazio con alcuni elementi, di Antonella Conte, che sembrano suggerire un espressionismo colorato piuttosto che il cubismo, mentre degli arredi ispirati a quadri ben noti differenziano l’ambiente delle due opere, rappresentando nella prima uno studio pittorico e nella seconda un paio di spazi astratti adattabili. L’effetto appare solo superficialmente decorativo e, avendo a che fare con un grande artista, banale nella qualità e nelle proporzioni, guidato fondamentalmente da un citazionismo pletorico anche per la presenza, in Agenzia matrimoniale, di cinque figuranti/Demoiselles d’Avignon in calzamaglia impegnate in vari siparietti. I bei costumi di Luisella Pintus e le luci di Tony Grandi completano comunque professionalmente il comparto scenico. Buona interprete delle due protagoniste, Paoletta Marrocu è sembrata più a suo agio nei panni di Argia rispetto alla monocromia della prima parte, costruendo un personaggio credibile e vivace, centrato musicalmente, nonostante qualche aggiustamento vocale, e capace di sfumature interessanti soprattutto nell’evidenziazione delle frasi. Nell’unico ruolo maschile Alberto Petricca ha svolto dignitosamente il suo compito, un po’ penalizzato da una vocalità poco uniforme e debole nel registro medio-grave; simpatico il personaggio della barbona che canta in milanese, interpretato da Annunziata Vestri. Daniele Agiman, alla guida dell’orchestra dell’Ente, ha diretto con buona precisione e una certa ricerca dinamica due partiture brevi ma piuttosto complesse, soprattutto per le sfumature richieste da Poulenc e l’articolata scrittura di Hazon, con un risultato nel complesso soddisfacente soprattutto nella prima parte.Il pubblico, decisamente meno numeroso del solito, ha mostrato di gradire maggiormente la più vivace opera italiana, ed è da rilevare purtroppo la mancanza di curiosità e di apertura culturale di troppi abbonati che hanno “bigiato” la serata in mancanza del solito titolo orecchiato cento volte.