Il giovane prodigio Daniel Lozakovich e il suo Stradivari con l’Orchestra RAI diretta da Kazuki Yamada

Auditorium RAI “Arturo Toscanini”, di Torino. Stagione Sinfonica 2023-24
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Direttore Kazuki Yamada
Violino Daniel Lozakovich
Hector Berlioz: “Benvenuto Cellini”- Ouverture; Camille Saint-Saëns: Concerto n.3 in si minore per violino e orchestra op.61;  Edward Elgar: “Enigma Variations” op.36
Torino, 24 novembre 2023
La locandina non si presentava tra le più attraenti per cui, a uscir di casa per l’Auditorio RAI, nonostante la calda serata novembrina, siamo stati in pochi. Sul podio il giapponese Kazuki Yamada, già più volte ospite dell’Orchestra RAI, senza aver mai suscitato particolari entusiasmi, il programma poi con il poco conosciuto concerto per violino n.3 di Saint-Saëns e le Variazioni Enigma di Elgar non era tale da suscitare corse al botteghino. Sala quindi con numerosi “buchi” in platea e ampiamente disertata in balconata e galleria. Si inizia la roboante Ouverture dal Benvenuto Cellini di  Berliozo. Yamada dà assertivo allineati e coperti a tutta l’orchestra e incanala l’irriverente disordine di Berlioz verso sfoghi programmati sopra i 100 decibel. I tre timpanisti, con ben 7 caldaie a disposizione, gli addetti alla grancassa e ai piatti, tutti hanno dato sfogo, col battere baldanzoso di mazze e di coperchi, alle loro energie fisiche e mentali. Pareva la riedizione europea di quei cerimoniali d’uso nel Sol-levante in cui, sul sagrato di templi scintoisti, si dà ritmicamente di forza su incolpevoli e variegati tamtam.
Daniel Lozakovich, l’atteso ventenne violinista svedese, attuale beniamino di sale da concerto e di registrazione, è la folgorante scoperta della serata torinese. Trae fin da subito, dalle corde gravi del suo Stradivari, nelle battute di recitativo che danno inizio al concerto, splendidi e caldi suoni: note che emergono perentorie dal vibrare in pianissimo degli archi e dal sommesso borbottio dei timpani. Sono note di forte impatto che immediatamente coinvolgono il pubblico con il loro colore brunito e sensuale e certificano, oltre allo splendore dello strumento, la saldezza del polso e il coraggio dell’esecutore. Un primo movimento allegro ma non troppo che si dipana nel consueto rituale dei primi tempi di concerto, il violino che spadroneggia, possente sui bassi, e che, pur con un’orchestra molto trattenuta nel suono, tende ad affievolirsi in zona acuta. L’andantino quasi allegretto, secondo movimento, è costruito su una bellissima melodia, continuamente ripetuta e variata con cangianti dialoghi tra solista e legni. Si merita una citazione l’oboe di Francesco Pomarico che in questi dialoghi è interlocutore coprotagonista. Degno partner dello strepitoso, per morbidezza di suono e sensibilità, violino di Lozakovich. Il finale Molto moderato e maestoso, di ragguardevole ordinaria amministrazione, garantisce sia una chiusura brillante e gioiosa del pezzo che il pieno successo del valido solista. Gli applausi, duraturi e intensi per quanto consentiti dalla numerosità contenuta del pubblico, ottengono due fuori programma: un’indiavolata 3° sonata di Ysaȳe, e una sentimentalissima autumn leaves , la canzone francese Les feuilles mortes, in cui il languore giovanile dell’interprete ci sguazza … anche troppo. Se, con un tocco di teatralità, durante la sonata di Ysaȳe, si fossero spente le luci in sala e la sottile silouette di Lozakovich fosse stata investita da un fascio luminoso di un proiettore, gli si sarebbe potuta immaginare, alle spalle nel buio, una mano misteriosa che gli desse man forte a maneggiare l’archetto per le vertiginose agilità. Il pubblico non pensava fosse così, quando Paganini si esibiva?
Le Enigma Variations op.36 di Edward Elgar ovvero 15 variazioni su un tema enigmatico, perché dall’autore non svelato. L’Enigma poi si consolida con le dicerie sulle capital letters poste all’inizio di ogni episodio e riferite anche, ma non solo, ai nomi di conosciuti possessori. Piacevole musica di fine XIX secolo, carica di indubbio fascino se posta nelle cure di uno Stokovskij o di un Bernstein, che può comunque ancora appassionare nobildonne dal thè facile e gentlemen can cantine odorose di sherry. Kazuki Yamada le esegue, in qualche modo celebrando la sua posizione di leader dell’orchestra inglese di Birmingham, da professionista consumato. L’OSN RAI lo segue da par sua e grazie all’eccellenza dei suoi archi, in primis violoncelli e viole, ne esalta i tratti di nobile e compita cantabilità. La ricaduta emozionale sulla 9° variazione, la notissima Nimrod, mitico bis finale di alcuni concerti, non solo torinesi, del recentemente scomparso Yury Temirkhanov, è assicurata e così pure la felice conclusione della serata. I moderati e sbrigativi applausi finali suonano molto di circostanza.