Firenze, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino:”La Bohème”

Firenze, Teatro del Maggio Musicale FiorentinoStagione d’opera Settembre-Dicembre 2023
LA BOHÈME”
Scene liriche in quattro quadri su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, dal romanzo “Scènes de la vie de bohème” di Henri Murger.
Musica di Giacomo Puccini
Mimì MARIANGELA SICILIA
Rodolfo GALEANO SALAS
Musetta ELISA BALBO
Marcello MIN KIM
Schaunard WILLIAM HERNANDEZ
Colline FRANCESCO LEONE
Benôit/Alcindoro DAVIDE PIVA
Parpignol LEONARDO SGROI
Sergente dei doganieri EGIDIO MASSIMO NACCARATO
Un doganiere NICOLÒ AYROLDI
Venditore ambulante LUCA TAMANI
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Coro di voci bianche dell’Accademia del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Giacomo Sagripanti
Maestro del coro Lorenzo Fratini
Maestro del coro di voci bianche Sara Matteucci
Regia Bruno Ravella ripresa da Stefania Grazioli
Scene Tiziano Santi
Costumi Angela Giulio Toso
Luci D.M. Wood riprese da Emanuele Agliati
Allestimento del Maggio Musicale Fiorentino
Firenze, 19 novembre 2023
Va in scena regolarmente la terza recita de “La bohème” del Maggio Musicale Fiorentino, dopo l’accompagnamento col solo pianoforte alla prima del 14 novembre, a seguito di uno sciopero dell’orchestra. Con oculato riciclo di elementi, l’allestimento di Tiziano Santi culmina ancora una volta nella fantasmagorica ambientazione del secondo quadro, entro un impianto tradizionale, dove l’attenzione al dettaglio si manifesta perlopiù nelle circoscritte riproduzioni degli interni. L’effetto di un palco a tratti sgombro, prevalentemente riempito dal cadere della neve e dalle nebbiose luminescenze di D.M. Wood (riprese da Emanuele Agliati) è parzialmente bilanciato dalla trovata di fondere il vivace trambusto del quartier latin con la sciccosa cornice della sala del “Momus”, dando luogo a una scena dalla difficile, ma riuscita, gestione, in cui la vasta gamma dei particolareggiati costumi di Angela Giulio Toso ha tratteggiato un quadro vivente di pittura parigina. Questo espediente, unito all’esplicito riferimento di Mimì alle poesie di Rodolfo durante il primo quadro e all’astrazione dei due protagonisti in proscenio al suo termine, ha segnato il momento di maggiore originalità della regia di Bruno Ravella (ripresa da Stefania Grazioli), per il resto confinata a seguire la parabola ascendente e discendente della protagonista col progressivo sorgere e declinare di stelle (senza luna!) sul contro sipario. L’identificazione col soggetto è stata, inoltre, accentuata dalla direzione di Giacomo Sagripanti, che costruisce con l’esperta orchestra del Maggio un quadro unitario e coerente, piuttosto spedito sulle cellule motiviche più descrittive, ma sensibile alle romantiche melodie liriche e pronto a palesare le dolenti inflessioni legate al malessere di Mimì. L’accurata fusione con alcuni strumenti dell’organico (gli interventi rievocativi di arpa e primo violino ne sono alcuni esempi) ha reso ancor più spontaneo il déjà vu melodico dell’ultimo quadro, che comunque non ha superato la sofisticata restituzione delle soluzioni timbriche a simulazione della caduta dei fiocchi di neve alla barriera d’Enfer. Più controversa la resa delle parti vocali, accomunate da voci generalmente “piccole” rispetto ai tratti più corposi della scrittura pucciniana. Primo fra tutti, il Rodolfo di Galeano Salas, che non ha saputo bilanciare una decisa fiacchezza attoriale e di fraseggio con altrettanto controllo ed esuberanza vocale. Il canto si apre verso toni più caldi sulle frasi di centro, ma la mancanza del sostegno richiesto è divenuta sempre più evidente all’approssimarsi dell’area acuta, dove più volte il tenore ha cercato di raggiungere l’estensione della parte ricorrendo a una fonetica artificiosa, che ha prodotto Sib acuti di diffusa fissità e una omissibile salita al Do della “speranza”. Qualche accorgimento per “accomodare” gli acuti anche da parte di Mariangela Sicilia, un po’ alle strette pure sul registro grave, malgrado la parte di Mimì evolva sulle due ottave classiche del soprano lirico e senza particolari salti. C’è però da dire che il soprano proviene da un repertorio decisamente vario e che, a differenza di altre interpreti nel ruolo, sembra perlomeno consapevole di non poter restituire i flussi d’amore del primo quadro con la dovuta caratura vocale, ma di saper tenere più raccolti i suoni modulando la voce con inflessioni evanescenti e dalla dinamica variegata. Ne esce, tutto sommato, una Mimì credibile e di grande immedesimazione scenica, condotta con i propri mezzi fino ai piano e pianissimo dell’ultimo quadro, dove la proiezione del soprano ha raggiunto la sua maggiore convergenza. Un’altra prova di spiccata identità attoriale è stata quella di Elisa Balbo come Musetta, a cui non si può certo recriminare la grande disinvoltura nel tenere la scena e nell’affrontare la parte solistica su un’altalena, ma l’esecuzione manca di squillo ed è più volte stemperata da uno strumento vocale piuttosto fosco, esile e sfuggente sugli acuti, che non ha instaurato in sala l’usuale sensualità ipnotica del suo valzer. Al fianco di Rodolfo, Min Kim figura un Marcello amichevole e orgoglioso, studiato nel fraseggio e piuttosto omogeneo nella tessitura, al quale si augura di poter ridurre al minimo gli sporadici momenti di minore centratura emissiva e di dizione. L’affiatato gruppo di bohémien prevedeva, poi, Francesco Leone, Colline distinto ed equilibrato, malgrado un nasale acuto nella romanza della zimarra, e il periclitante Schaunard di William Hernandez, poco avvezzo alle parentesi da baritono lirico e più incentrato sulle incursioni nel mezzo carattere. Completavano la vicenda i contributi del basso Davide Piva, più a suo agio con i tronfi interventi di Benôit rispetto all’apporto come Alcindoro, il giocoso Parpignol di Leonardo Sgroi e i diligenti inserti di Egidio Massimo Naccarato (sergente dei doganieri), Nicolò Ayroldi (un doganiere) e Luca Tamani (venditore ambulante). Dopo essersi già profuso in applausi per il sontuoso intervento del Coro del Maggio Musicale, fermamente guidato da Lorenzo Fratini, e il partecipativo inserto del Coro di voci bianche dell’Accademia curato da Sara Matteucci, il pubblico della domenica non stenta a mostrare grande entusiasmo nel tornare all’opera, con generosi applausi verso tutte le maestranze coinvolte.