Verona, Teatro Filarmonico, Il Settembre dell’Accademia 2023
Dresdner Philarmonie
Direttore Krzysztof Urbański
Violoncello Julia Hagen
Wolfgang Amadeus Mozart: “Le nozze di Figaro”, ouverture; Robert Schumann: Concerto in la minore per violoncello e orchestra op. 129; Piotr Ilič Čajkovskij: Sinfonia n. 4 in fa minore op. 36
Verona, 5 ottobre 2023
Cala il sipario sul XXXII festival internazionale di musica, e lo fa con il botto: di scena la Dresdner Philarmonie, compagine storica fondata nel 1870 e diretta più volte da Brahms, Čajkovskij, Dvořák e Richard Strauss, che ha fatto del motto “Musica per tutti” il proprio credo artistico presentando concerti di altissimo livello e programmi di divulgazione musicale rivolta a tutte le età. Nella sua tournée europea si è presentata a Verona con un programma ambizioso seppur alla portata di una larga utenza e che ha incontrato un ampio apprezzamento di pubblico; naturalmente un appuntamento del genere non poteva mancare di un solista e così sul palcoscenico del Filarmonico si è potuta ascoltare la ventisettenne violoncellista austriaca Julia Hagen, impegnata nel non facile Concerto in la minore op. 159 di Schumann. Calore, passione e spontaneità, uniti al coraggio di osare e ad una spiccata capacità comunicativa hanno contraddistinto l’esecuzione del brano, dove l’elevata capacità tecnica è stata sapientemente declinata a favore di un denso lirismo e alla ricerca di una certa linea cantabile. In quello che è considerato, a ragione, uno dei primi esempi di concerto romantico per violoncello e che aprirà la strada a quelli di Saint-Saëns, Čajkovskij e Dvořák, lo strumento dialoga con l’orchestra senza mai esserne l’antagonista; e proprio in questa peculiarità si è distinta la Hagen nel cantare insieme all’orchestra. Qualità che il pubblico ha mostrato di gradire con lunghi applausi e giuste richieste di bis, esaudite con un duetto di Friedrich August Kummer eseguito con il primo violoncello dell’orchestra. Nella seconda parte la Quarta sinfonia di Čajkovskij, una composizione a programma in cui l’autore cita il destino come un mare che inghiotte e sommerge l’uomo con le sue ansie, le sue preoccupazioni ma anche le sue gioie e il desiderio di felicità; tale, a titolo di esempio, è il carattere popolaresco del quarto movimento che ricorda la bellezza della vita a dispetto di possibili ed inevitabili traversìe. Proprio in questa seconda parte abbiamo avuto, se possibile è stato il superare sé stessa, l’apoteosi esecutiva dell’orchestra sassone e del giovane direttore Krzysztof Urbański, musicista che fa della gestualità lo strumento per mezzo del quale giungere alla fonte creativa del compositore. Urbański è egli stesso uno strumento sinfonico per mezzo di un gesto che coinvolge polso, braccia e gambe, persino il pugno per esprimere ai musicisti (ma anche al pubblico) la sua volontà esecutiva in una sorta di direzione coreografica. Straordinaria la sintonia con l’orchestra, già visibile nell’attacco dell’ouverture da Le nozze di Figaro di Mozart che ha aperto la serata: un semplice, impercettibile gesto a cui l’orchestra ha risposto con un sincronismo di precisione atomica. Un formidabile binomio quello con la Dresdner Philarmonie, per una serata salutata da un pubblico entusiasta che avrebbe desiderato un bis: ma il direttore, guardando l’orologio ha fatto segno che era ora di andare a dormire. Foto Brenzoni